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BALCANI: Serbia e Kosovo accettano il piano europeo, ma la firma non arriva

Al meeting di Bruxelles del 27 febbraio i leader di Serbia e Kosovo hanno espresso il proprio sostegno in linea di principio alla proposta dell’Unione europea sulla normalizzazione delle relazioni tra i due paesi. Molti nodi  restano però sul tavolo. 

Il meeting

Nel pomeriggio di lunedì 27 febbraio si è tenuto a Bruxelles un incontro al più alto livello nell’ambito del dialogo tra Belgrado e Pristina, a cui hanno preso parte il presidente serbo Aleksandar Vučić e il primo ministro del Kosovo Albin Kurti. A mediare i colloqui Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per la Politica estera e di sicurezza, e Miroslav Lajčak, rappresentante speciale dell’Ue per il dialogo Belgrado-Pristina, coi quali i due leader hanno avuto colloqui bilaterali prima dell’incontro ufficiale. Sul tavolo la proposta dell’UE per la normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia, da sempre assai difficoltose e acuitesi nelle ultime settimane.

Alla fine dell’incontro, il presidente serbo e il primo ministro kosovaro hanno espresso il proprio sostegno in linea di principio alla proposta dell’Unione europea e sostenuta dagli Stati Uniti, lanciata inizialmente da Parigi e Berlino (il cosiddetto piano franco-tedesco) sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo. Lo ha annunciato Borrell in una conferenza stampa al termine dei colloqui tra le parti. Se Kurti si è limitato a condividere la notizia del raggiungimento di un accordo sulla proposta europea, il presidente serbo ha dichiarato che la (più spinosa) questione della creazione della Associazione delle municipalità serbe in Kosovo resta in sospeso almeno fino al 18 marzo, data in cui sarebbe previsto un nuovo incontro alla presenza di Borrell, secondo Vučić da svolgersi in Macedonia del Nord.

Resta dunque irrisolto, per il momento, il punto che regola la costituzione di questa associazione dei comuni a maggioranza serba del Kosovo (che comprenderebbe dieci municipalità) a cui Pristina ha da sempre posto resistenze e precise condizioni. Kurti ha infatti più volte ribadito la propria contrarietà in merito alla creazione di questo organismo di autogoverno, previsto dagli accordi di Bruxelles del 2013 e mai realizzato da Pristina, che teme la formazione di una “Republika Srpska” in Kosovo simile a quella bosniaca.

Ed è proprio questo il nodo centrale che, al momento, non sembra esser stato risolto nel meeting. Non a caso il presidente Vučić aveva già diffuso le sue perplessità in merito, definendo a suo tempo l’incontro di Bruxelles “un incontro difficile” e twittando sui suoi canali social che non ci sarebbe stata “alcuna capitolazione e nessun ritorno agli anni Novanta”. Più esplicita era stata invece la premier Ana Brnabić, la quale aveva affermato che le “linee rosse” di Belgrado “sono chiare”, ribadendo al contempo che la Serbia “non è pronta a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, né ad accettare l’ingresso del Kosovo nelle Nazioni Unite”. Qualche giorno fa il Ministro della difesa serbo Miloš Vučević aveva dichiarato che il presidente Vučić sarà “quasi certamente” esposto a enormi pressioni per accettare la proposta europea a Bruxelles. Una consapevolezza confermata poi dall’incontro di Bruxelles. 

La proposta europea

Dopo la conclusione del summit, i contenuti dell’accordo sono stati finalmente resi noti. Il piano si snoda su undici articoli, e sostanzialmente ribadisce la bozza non ufficiale che circolava da tempo: relazioni di buon vicinato tra le due parti, sulla base di uguali diritti; riconoscimento reciproco di documenti e simboli nazionali; rispetto dei principi della Carta ONU riguardanti l’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati, la loro indipendenza, autonomia e integrità territoriale; risoluzione delle controversie in modo pacifico; evitare azioni di contrasto da parte della Serbia del processo di adesione del Kosovo ad organismi internazionali; progetti congiunti in materia di sviluppo economico, connettività, transizione verde e altri settori chiave; scambio di missioni permanenti; creazione di un comitato guidato dall’UE per monitorare la messa in atto dell’accordo; rispetto di tutti gli accordi precedenti. Più controverso appare l’articolo sette, che regola appunto l’autogoverno dei serbi in Kosovo e chiede la formalizzazione dello status della Chiesa ortodossa serba in Kosovo. Il testo rimanda inoltre ad una implementation roadmap annessa all’accordo, che al momento non è stata resa pubblica.   

L’accordo dunque non prevede un riconoscimento formale dell’indipendenza del Kosovo da parte di Belgrado, ma i primi articoli sembrano prefigurare un riconoscimento de facto, che nelle speranze di Pristina puo’ aprire la strada a riconoscimenti di altri paesi e ad un processo facilitato nell’adesione alle organizzazioni internazionali

Le prospettive

Il raggiungimento di un accordo che normalizzi le relazioni tra il Kosovo e la Serbia contribuirebbe alla stabilizzazione della regione dei Balcani occidentali e aprirebbe la lunga strada di avvicinamento di entrambi i paesi all’UE. Il piano europep è tuttavia considerato un passaggio intermedio, non conclusivo, in vista di un’intesa finale che chiuda tutte le questioni rimaste sul tavolo. 

Appuntamento dunque tra poche settimane, forse in Macedonia del Nord, dove, si spera, potrà arrivare la firma dell’accordo, base importante per costruire quella fiducia necessaria a superare l’eredità del passato.    

Photo: exit.al  

Chi è Paolo Garatti

Storico e filologo, classe 1983, vive in provincia di Brescia. Grande appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto per qualche periodo tra Sarajevo e Belgrado dove ha scritto le sue tesi di laurea. Viaggiatore solitario e amante dei treni, esplora l'Est principalmente su rotaia

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