Kosovo

KOSOVO: Quindici anni da Stato indipendente, tra festeggiamenti e speranze

Il 17 febbraio 2008, il parlamento di Pristina dichiarava solennemente il Kosovo uno stato sovrano e indipendente. Quindici anni dopo, il paese si trova ad affrontare una fase delicata del negoziato con la Serbia.

Il 2008

Il 17 febbraio 2008, la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo fu proclamata dal parlamento di Pristina, a seguito del discorso ufficiale dell’allora primo ministro Hashim Thaçi e del voto favorevole di 109 parlamentari su 120 (non votarono a favore solo i parlamentari di etnia serba). Alla dichiarazione, fece seguito l’adozione della bandiera, raffigurante la mappa del paese e sei stelle a rappresentare i gruppi nazionali che vivono in Kosovo, con i colori giallo e blu. Dopo la seduta parlamentare, ci furono intensi festeggiamenti in tutto il paese da parte della popolazione locale, consapevole di vivere un momento cruciale nella storia del Kosovo.

La dichiarazione arrivava dopo nove anni di supervisione internazionale, imposta al termine della guerra del 1998-99 tra la Serbia di Slobodan Milošević e l’Esercito di Liberazione del Kosovo (UÇK), sostenuto in modo decisivo dalla NATO. Un conflitto scoppiato al culmine di un decennio di oppressione orchestrata dal governo di Belgrado contro i cittadini di etnia albanese, la grande maggioranza dell’allora provincia serba. Se all’inizio la presenza internazionale era stata salutata positivamente, però, con il passare degli anni era cresciuto il risentimento della popolazione verso una condizione di limbo indecifrabile. Una insoddisfazione che, fallita ogni mediazione tra gli Stati Uniti, garanti di Pristina, e la Russia, schierata a difesa degli interessi della Serbia, portò alla dichiarazione unilaterale d’indipendenza.

Lo stesso giorno e in quelli successivi, mentre i kosovari festeggiavano, a Belgrado i serbi scendevano in piazza per protestare contro l’indipendenza del Kosovo, ancora considerato parte della Serbia. Tra le azioni violente di cui si macchiarono alcuni manifestanti, resta celebre l’assalto all’ambasciata americana, ma danni furono registrati anche da altre sedi diplomatiche. Il 18 febbraio, mentre il parlamento serbo dichiarava nulla la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo, iniziarono però a giungere i riconoscimenti ufficiali da parte di diversi stati nel mondo: già il 18 febbraio, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia riconoscevano il Kosovo indipendente, seguiti dalla Germania il 20 e dall’Italia il 21. Poche settimane dopo, la Serbia decise di sottoporre la questione, tramite l’Assemblea generale dell’ONU, al giudizio alla Corte Internazionale di Giustizia. L’iniziativa si dimostrò però un boomerang per Belgrado, dato che il 22 luglio 2010 la stessa Corte sancì che la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo non violava la legge internazionale.

Quindici anni dopo

Dal 2008 ad oggi, il Kosovo ha compiuto passi avanti significativi in termini di costruzione delle istituzioni democratiche e di produzione legislativa, a partire dall’adozione della Costituzione pochi mesi dopo la dichiarazione d’indipendenza, modellata sui sistemi democratici occidentali e inclusiva di importanti garanzie in termini di diritti umani e delle minoranze. Dopo un decennio politicamente dominato dal Partito Democratico del Kosovo (PDK) di Thaçi (primo ministro prima, e presidente della Repubblica poi), la politica kosovara ha vissuto un cambiamento radicale nel 2020, con il rinvio a giudizio dello stesso Thaçi per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, che lo ha costretto alle dimissioni da presidente e al successivo arresto, e nel 2021, con la netta vittoria elettorale del partito nazionalista di sinistra Vetëvendosje e del suo leader Albin Kurti, divenuto primo ministro dopo anni di opposizione. L’ascesa di Kurti si è inoltre accompagnata all’elezione a presidente della Repubblica di Vjosa Osmani, seconda donna a ricoprire tale incarico e figura molto stimata anche all’estero. Il nuovo governo, investito da un supporto popolare superiore al 50%, ha fatto delle politiche per il lavoro e della lotta alla corruzione e alla criminalità le sue priorità, ma ha dovuto ben presto scontrarsi con le sfide internazionali.

Sul fronte internazionale, dopo gli iniziali riconoscimenti, negli anni il numero dei paesi che hanno riconosciuto il Kosovo come stato indipendente è cresciuto con una certa lentezza, con ultimo Israele nel 2020. Ad oggi, il Kosovo risulta riconosciuto da più di 100 paesi membri delle Nazioni Unite, ma resta forte l’opposizione della Russia e della Cina. Passi avanti sono stati compiuti nell’avvicinamento all’Unione europea, obiettivo dichiarato della leadership kosovara: nel 2014, il Kosovo ha firmato con l’UE l’accordo di stabilizzazione e associazione, mentre nel 2022, il governo di Pristina ha presentato domanda ufficiale di adesione all’Unione. Tema cruciale per i kosovari rimane inoltre quello della liberalizzazione dei visti. Il Kosovo, difatti, è rimasto l’unico paese in Europa, insieme a Russia e Bielorussia, che necessita di un regime di visti per entrare nell’area Schengen. Il 2022 ha visto progressi importanti anche su questo tema, e in base all’ultima decisione del Consiglio UE, la liberalizzazione dovrebbe divenire realtà alla fine del 2023 o al massimo ad inizio 2024.

Aldilà di una chiara vocazione filo-occidentale e delle ottime relazioni instaurate a livello regionale, il nodo principale per Pristina rimane quello dei rapporti con la Serbia, che a quindici anni di distanza continua a considerare il Kosovo come una sua provincia. Dopo anni di negoziati mediati dall’Unione europea, e dopo diversi momenti di tensione e potenziali crisi, rese più frequenti negli ultimi mesi dal difficile rapporto esistente tra Kurti e il presidente serbo Aleksandar Vučić, tante sono le aspettative per il 2023. Da mesi difatti, sul tavolo dei due governi c’è una proposta di accordo, basata su un piano franco-tedesco e sostenuta da UE e Stati Uniti. Non si tratterebbe di un accordo definitivo, ma di un passaggio importante di riconoscimento reciproco e di normalizzazione dei rapporti. Ad oggi, sia Kurti che Vučić hanno fatto capire di essere pronti a firmare l’accordo, ma sul tavolo restano ancora molte incertezze ed incomprensioni. Tra queste, la maggiore è l’istituzione di un’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo, richiesta da Belgrado, sostenuta dalla comunità internazionale, ma osteggiata da Kurti e da buona parte dei kosovari.

Le speranze

Le celebrazioni di questo quindicennale, che vedranno eventi solenni e festeggiamenti in tutte le principali città del paese,  arrivano dunque in un momento molto delicato per il Kosovo. Se da una parte c’è speranza per il raggiungimento di un accordo che potrebbe aprire la strada di Pristina verso nuovi riconoscimenti e verso l’adesione a diversi organismi internazionali, dall’altro i kosovari temono che l’influenza della Serbia sul Kosovo possa crescere e minare la statualita’ del paese.

I kosovari sperano di vedere presto risolta la questione con la Serbia, in modo da potersi concentrare sui temi più urgenti per la popolazione, che, similmente agli altri paesi della regione (Serbia compresa), riguardano soprattutto il rilancio dell’economia, la creazione di lavoro, politiche per fermare l’emigrazione, soprattutto dei più giovani, e la lotta alla corruzione.

Foto: Pixabay

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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