bosco Srebrenica

SERBIA: Un bosco a Belgrado per ricordare Srebrenica?

È possibile erigere a Belgrado un Memoriale alle vittime del genocidio di Srebrenica? Con il loro progetto di un bosco della memoria, gli architetti Antonio Grgić e Mia David hanno vinto il concorso indetto dalla Youth Initiative for Human Rights

di Armin Aljović, Al Jazeera Balkans (traduzione a cura di East Journal)

Il bosco di 8.372 alberi che dovrebbe essere piantata a Belgrado rappresenta gli uomini e ragazzi bosniaci uccisi dalle forze serbo-bosniache nel genocidio di Srebrenica, nella Bosnia orientale, nel 1995. Sarebbe il primo monumento alle vittime di quel crimine eretto nella vicina Serbia.

Quasi tre decenni dopo il crimine, la Serbia ufficialmente nega la qualifica giuridica di genocidio per il massacro di Srebrenica, nonostante diversi verdetti davanti al Tribunale penale internazionale dell’Aja [e alla Corte internazionale di giustizia, ndt], il che rende difficile la riconciliazione postbellica nei Balcani occidentali. Nonostante il revisionismo, ci sono anche voci che credono che Srebrenica abbia un grande potenziale per la riconciliazione dell’intera regione.

Un bosco per le vittime del genocidio

Il progetto del monumento alle vittime di Srebrenica a Belgrado, come concepito dai suoi creatori – gli architetti Antonio Grgić e Mia David – recita: “Un bosco viene piantato per le vittime del genocidio a Srebrenica. Un albero per ogni persona uccisa. Quelle piantine cresceranno, si svilupperanno e alla fine creeranno una foresta. Tale inizio dovrebbe crescere in una foresta di tutte le vittime e diventare così uno spazio per la guarigione della Serbia. Un modo per tornare a respirare. I nuovi polmoni della Serbia”. Si tratta del concorso “Praznina” per progetti per commemorare le vittime del genocidio di Srebrenica, indetto dalla Youth Initiative for Human Rights [gruppo di attivisti che l’11 luglio di ogni anno organizza un presidio per Srebrenica di fronte al parlamento serbo, ndt].

Antonio Grgić si è laureato in architettura presso la Facoltà di Architettura di Zagabria e attualmente sta studiando per il dottorato di ricerca presso l’Università Tecnica di Graz. Mia David è architetta, curatrice e scenografa, ha conseguito il master e il dottorato presso il Group for Stage Design dell’Accademia delle arti di Belgrado.

Un albero è un simbolo di vita, fin dalle prime culture umane”, ha detto l’architetto Grgić ad Al Jazeera. “È un simbolo di crescita, fede e speranza, è un simbolo del superamento della cattiva memoria e dell’odio […] Nella nostra regione, l’albero è un simbolo di vita nell’antica mitologia slava, ma anche in tutte e tre le religioni che hanno stata dominante negli ultimi secoli in queste regioni: cristianesimo, islam ed ebraismo. Così, come simbolo, varca i confini religiosi e nazionali, spesso stabiliti in passato con la violenza”.

Srebrenica come punto focale per la riconciliazione

Oltre al significato simbolico, gli autori hanno pensato ad un’ulteriore dimensione del monumento. Ovvero, nelle parole di Grgić, la foresta sarebbe “finanziata con migliaia di contributi volontari, creando così una nuova comunità che cancellerà i confini religiosi, nazionali e statali”. “Le piantine dovrebbero essere di diversi tipi di alberi, in modo che ogni individuo possa acquistare l’albero che desidera. Gli alberi cresceranno a ritmi diversi. Alla fine, otterremo una “comunità” di individui (alberi) che costruiscono relazioni”.

“La partecipazione volontaria di varie persone consente la formazione di una nuova comunità immaginaria che agirà nella direzione della riconciliazione in queste aree con Srebrenica come punto simbolico centrale“, afferma Grgić. “Srebrenica ha un grande potenziale per la trasformazione di tutta questa zona segnata dalle guerre. Sta a noi come individui decidere del nostro futuro comune e del nostro ruolo in esso”.

Srebrenica e il Kosovo sono argomenti tabù in Serbia

Per l’architetta Mia David, in Serbia, Srebrenica è “allo stesso tempo un argomento molto e per niente attuale“. La Serbia ha molti problemi, “in primis esistenziali e la gente è stanca delle storie sulla guerra”. “D’altra parte, Srebrenica è una nota dolente e direi, insieme al Kosovo, l’unico argomento veramente tabù“, dice David ad Al Jazeera, aggiungendo che l’arte ha la responsabilità di “cambiare il modo in cui le persone vedono le cose” e nel lungo termine, “ha anche un grande potere e responsabilità”.

“L’arte è un luogo di libertà, ma questo è esattamente ciò che uccide la sua potenza”, afferma David. “Puoi dare fuoco a una bandiera sul palco e non verrai arrestato perché è un atto artistico e come tale sei in un certo senso esente da responsabilità. L’arte non ha potere nel breve termine, per questo la politica non la riconosce come un grande pericolo e non la censura. Ma l’arte cambia il modo in cui le persone vedono le cose e, a lungo andare, ha un grande potere e responsabilità. Perché il compito dell’arte è proprio quello di mettere continuamente in discussione la realtà”.

David concorda con la tesi del grande architetto Bogdan Bogdanović che i monumenti sono un indicatore della barbarie umana. “Ma è un’utopia”, dice David. “Bogdan Bogdanović voleva dire che sarebbe meglio se non ci fosse bisogno di monumenti. Che invece di uccidersi a vicenda, le persone inizino a rispettarsi e ad amarsi… Certo che sono d’accordo”. “Sta a noi scegliere da che parte stare“.

Foto: DW / M. Sekulic

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