La Croazia non parteciperà alla missione UE di assistenza militare all’Ucraina, dopo il veto di Presidente e parlamento. Lo stesso Presidente che invece nei mesi scorsi si è speso molto, senza esiti, per assicurare una presenza croata nella missione militare UE in Bosnia Erzegovina.
La Croazia non parteciperà alla missione UE di assistenza militare all’Ucraina
Lo scorso dicembre il parlamento croato ha respinto di misura la proposta di partecipazione alla missione UE a sostegno dell’esercito ucraino, dopo ore di accesi dibattiti. Hanno votato a favore 97 deputati, e 10 contro; per tre voti, non si è quindi raggiunta la maggioranza dei due terzi dei 150 parlamentari.
In risposta all’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione europea ha deciso in ottobre di istituire una missione di assistenza militare a sostegno dell’Ucraina (EUMAM Ucraina) e ha nominato un generale polacco per guidare la formazione dei soldati ucraini, che si svolgerà principalmente in Polonia.
La proposta del governo di Andrej Plenkovic prevedeva l’addestramento in Croazia di 100 soldati ucraini nei prossimi due anni. Ma il Presidente della Repubblica Zoran Milanovic, comandante supremo delle forze armate croate, vi si era opposto, sostenendo che la Croazia non dovrebbe essere coinvolta nella guerra e che la proposta violerebbe la costituzione croata, poiché l’Ucraina non è un alleato NATO o membro UE.
A seguito del veto presidenziale, il governo Plenkovic ha inviato la proposta al parlamento, sperando di ottenere la maggioranza dei due terzi necessaria per prendere decisioni in materia militare. “La partecipazione a questa missione militare è una decisione coerente, di principio e razionale, nell’interesse nazionale della Croazia”, ha affermato il primo ministro Plenkovic prima del voto, respingendo le critiche sulla violazione delle procedure. Ma l’opposizione ha deciso di non volersi infilare nelle diatribe tra Presidente e governo, anche considerando che la costituzione non prevede voti parlamentari su questioni normalmente approvate dal presidente in accordo con il governo.
Le posizioni imbarazzanti di Milanovic
Le esternazioni del presidente Milanovic si fanno sempre più imbarazzanti per la Croazia. Lunedì 30 gennaio il capo di stato ha criticato le nazioni occidentali per aver fornito armi e carri armati all’Ucraina, sostenendo che tali consegne di armi non faranno che prolungare la guerra.
Eletto nel 2019 come contraltare ai governi conservatori dell’HDZ, il socialdemocratico Milanovic ha da allora preso una svolta verso il nazionalismo populista, costruendosi una reputazione da filo-russo. Milanovic ha affermato che “dal 2014 al 2022, stiamo osservando come qualcuno provochi la Russia con l’intenzione di iniziare questa guerra”. I suoi ultimi sfoghi anti-occidentali hanno irritato il governo croato, che sostiene pienamente l’Ucraina.
La EUFOR Althea in Bosnia
Lo stesso presidente Milanovic, nei mesi scorsi si era speso molto, senza esiti, per assicurare una presenza croata nella missione militare UE in Bosnia Erzegovina e una riforma elettorale a favore dei partiti croati in Bosnia Erzegovina. A tal fine, a maggio 2022 Milanovic era arrivato a minacciare di mettere il veto all’adesione alla NATO di Svezia e Finlandia, al summit di Madrid. La minaccia era rimasta senza seguito, poiché tale decisione è presa a livello degli ambasciatori. “Fino a quando la questione della legge elettorale in Bosnia Erzegovina non sarà risolta, per dare ai croati i loro diritti fondamentali, il Sabor non deve ratificare l’adesione di nessuno alla NATO. E’ un interesse nazionale vitale dello stato croato”, aveva affermato Milanovic a fine aprile.
La missione militare UE in Bosnia Erzegovina, detta EUFOR Althea, dal 2004 ha sostituito la NATO come strumento militare di peacekeeping con mandato esecutivo del Consiglio di Sicurezza ONU – la più alta fonte di legittimità internazionale. Della missione fanno parte 21 paesi, europei e no; tra i maggiori contributori di truppe vi sono Austria, Ungheria e Italia, ma anche la Turchia, e persino il Cile. Il Regno Unito ha abbandonato la missione dopo la Brexit. Non ne fa parte invece la Croazia, il cui esercito era parte belligerante del conflitto del 1992-1995 in Bosnia Erzegovina.
A settembre, Milanovic aveva affermato: “Lotteremo sempre per la protezione dei croati in Bosnia Erzegovina. Insisteremo affinché la Croazia invii i suoi soldati come parte dell’operazione Althea in Bosnia Erzegovina, sotto gli auspici della NATO o dell’Unione Europea. Decideremo noi su questo, non Sarajevo, non Belgrado. È arrivato un nuovo momento per la politica croata”.
Ma la partecipazione della Croazia, che ha aderito all’UE nel 2013, è opposta da vari attori politici bosniaci, tra cui Zeljko Komsic, socialdemocratico croato membro della Presidenza tripartita bosniaca, che il governo e presidente croato rifiutano persino di incontrare. Secondo Komsic, una partecipazione di Zagabria ad EUFOR Althea sarebbe “semplicemente inaccettabile“: “paesi che hanno partecipato alle operazioni militari durante la guerra in Bosnia Erzegovina non possono fare parte di EUFOR“.
La Croazia ancora oggi non riconosce le sentenze del tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) che incriminano alti generali croati per crimini di guerra e contro l’umanità, come denunciato all’ONU dallo stesso procuratore del tribunale dell’Aja.
La sera delle elezioni in Bosnia Erzegovina, il 2 ottobre, l’Alto rappresentante internazionale Christian Schmidt ha imposto una contestata riforma del sistema elettorale, considerata a favore del partito croato HDZ BiH, che oggi esprime anche la presidente del consiglio dei ministri. Il mandato della missione EUFOR Althea è stato confermato dal Consiglio di Sicurezza ONU a inizio novembre.
Foto: EuroWeekly news