SLOVENIA: Domenica le elezioni, tra europeismo e tentazioni illiberali

Manifesti elettorali per le politiche 2022 in Slovenia

Dopo quattro anni i cittadini sloveni tornano alle urne per il rinnovo del Parlamento. Un momento cruciale per determinare quale percorso la piccola repubblica mitteleuropea ha intenzione di prendere. Si rafforzerà la svolta impressa dal governo di Janez Janša (SDS) verso le posizioni illiberali del gruppo Višegrád, oppure si chiuderà la parentesi dell’ultimo biennio per tornare lungo i binari di una politica tradizionalmente europeista e più in linea con i valori delle democrazie occidentali? Per saperlo bisognerà attendere domenica 24 aprile, ma ci sono già diversi elementi che ci consentono di visualizzare un quadro utile a farci un’idea sul prossimo futuro della Slovenia.

L’ultima legislatura, in breve

Per cominciare, è opportuno fare una breve sintesi di questa legislatura, iniziata nel 2018 con la formazione di un governo di centrosinistra presieduto da Marjan Šarec (LMŠ), l’ex sindaco di Kamnik con un passato da attore comico – un curriculum vitae che inevitabilmente richiama alla memoria la nascita del Movimento 5 Stelle in Italia o l’elezione di Volodymyr Zelens’kyj in Ucraina. Ma alle elezioni del 2018 a far temere di più, per la deriva nazional-populista con cui era stata impostata la campagna elettorale, fu proprio il consenso ottenuto dal leader del Partito Democratico Sloveno (SDS) Janez Janša.

Infatti, con quasi il 25% dei voti, l’SDS aveva ottenuto la maggioranza relativa con un programma caratterizzato da una forte impronta xenofoba ed euroscettica. Questo risultato, però, non aveva consentito a Janša di formare una maggioranza di governo, al contrario di Šarec, che, nonostante fosse arrivato secondo con circa il 13 per cento dei voti, riuscì a costituire un governo di minoranza con i Socialdemocratici (SD) grazie al supporto esterno del partito di sinistra Levica e dei due parlamentari della minoranza etnica italiana e ungherese.

Infastidito dalle difficoltà di gestire un governo nato zoppo fin dall’inizio e galvanizzato dai sondaggi – particolarmente favorevoli nei confronti del nuovo premier – Šarec rassegna, alla fine del 2019, le dimissioni. Convinto di poter tornare rapidamente alle urne e incassare quindi il consenso teorico promesso dai sondaggi, l’astro nascente della politica slovena compie il più classico degli errori in una repubblica parlamentare.

Infatti, se i sondaggi premiavano Šarec, allo stesso tempo prospettavano la morte politica di alcuni dei suoi alleati di governo, che quindi avrebbero mal digerito le elezioni anticipate. E mentre le consultazioni per la formazione di un possibile nuovo governo si dilungavano per settimane, con il tempismo di un thriller hollywoodiano appare sulla scena, dall’Estremo Oriente, il Covid-19. L’emergenza sanitaria incombente sommata al timore concreto di una mancata rielezione fanno così decollare l’attuale governo Janša. Un governo che rapidamente aveva destato preoccupazioni in Europa per i suoi continui attacchi alla libertà di stampa, per il forte legame – non solo politico, ma anche economico – con il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il suo partito Fidesz, e per l’inedita linea di rottura con Bruxelles.

Cosa dicono i sondaggi

Nonostante un’opposizione particolarmente agguerrita sia in Parlamento che in piazza, Janša è riuscito a guidare il Paese fino al termine della legislatura. Ma la sua riconferma è tutt’altro che scontata. Infatti, sebbene i sondaggi sembrano confermare il suo partito in testa, con valori simili a quelli del 2018, gli ultimi mesi registrano un testa a testa con un nuovo protagonista della scena politica slovena: Robert Golob. Ingegnere, ex docente universitario e imprenditore di successo nel settore delle energie rinnovabili, con il suo nuovo partito di ispirazione ecologista e liberal-progressista Movimento Libertà (Gibanje Svoboda) – dato al 24 per cento dalle più recenti rilevazioni – sembra infatti destinato a dare non poco filo da torcere alle ambizioni dei nazional-conservatori al governo.

Un asse tra la nuova formazione di Golob e la Coalizione Arco Costituzionale (KUL) – composta dai principali partiti di centrosinistra (SD, Levica, LMŠ e SAB) – parrebbe essere l’esito più naturale delle consultazioni successive alle prossime elezioni, nel caso in cui il trend venisse confermato dagli elettori.

Il Goriziano sempre più dominante a Lubiana

Il volto nuovo della politica slovena, in realtà, non è affatto sconosciuto nella realtà dell’Isontino transfrontaliero. Robert Golob non solo è nato il 23 gennaio del 1967 a San Pietro di Gorizia (Šempeter pri Gorici), condividendo i natali con l’attuale presidente sloveno Borut Pahor, ma ha presieduto il GECT GO (EZTS GO) – il Gruppo europeo di cooperazione territoriale fondato nel 2011 dai comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba – dal 2013 fino al 2018.

Un suo possibile successo elettorale costituirebbe una grande opportunità di rilancio per tutta l’area transfrontaliera, anche in vista del 2025, quando Nova Gorica e Gorizia saranno Capitale europea della Cultura. Un’altra buona ragione per seguire con particolare attenzione le prossime elezioni nazionali in Slovenia.

Foto: Daniele Tibaldi

Chi è Daniele Tibaldi

Nato e cresciuto a Gorizia – ai confini meridionali della Mitteleuropa – ha studiato Giurisprudenza a Trieste. Vive tra l'Italia e la Slovenia, ma segue con grande attenzione tutto ciò che accade nel mondo, soprattutto in Europa Centrale.

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