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CALCIO: La Polonia all’Europeo con il Qatar nel mirino

Tra poco più di un mese i riflettori dello Stadio Olimpico di Roma illumineranno l’inizio dei Campionati europei con la partita tra Turchia e Italia. Delle 24 squadre partecipanti, saranno ben 9 le Nazionali che rappresenteranno paesi dell’Europa orientale. Una di queste è la Polonia, che negli ultimi anni ha sempre promesso molto e raccolto meno di quel che avrebbe dovuto.

Per scoprire qualcosa di più sui biało-czerwoni abbiamo rivolto qualche domanda a uno dei massimi esperti italiani di calcio polacco, Alberto Bertolotto. Nei bellissimi A ritmo di polska e Il mundial di Karol ci ha raccontato la storia delle nazionali del ’74 e dell’82 che arrivarono terze ai Mondiali. Appassionato studioso di storia e costumi della Polonia da molti anni, collabora continuamente con i media sportivi locali. Trova anche il tempo di seguire il Pordenone, la squadra della sua città natale.

La Polonia arriva a questi Europei grazie al primo posto nel semplice girone di qualificazione. Le prestazioni però, come confermato poi dalla débâcle di Nations League, non sono state così entusiasmanti. Come credi possa giocare la Nazionale agli Europei e che risultati può verosimilmente raggiungere, visto anche un girone abbordabile con solo la Spagna da temere?

L’obiettivo principale è il secondo posto nel girone. La partita fondamentale sarà la prima, contro i cugini slovacchi. Il cammino di qualificazione è stato sì ottimo dal punto di vista dei risultati, ma non ha mai convinto sotto il profilo del gioco. Questa è stata anche la critica che spesso hanno mosso i media locali. La partita contro l’Austria è stata emblematica, anche se in quel caso la Polonia si salvò col gol di Piątek.

In Nations League poi, a parte forse il pareggio con l’Italia a Danzica, è andata talmente male che Zbigniew Boniek (ex calciatore di Juventus e Roma e attuale presidente della federazione calcistica polacca) ha deciso di cambiare subito l’allenatore. L’arrivo di un ct straniero come Paulo Sousa (altro ex juventino, oltre che ex allenatore della Fiorentina) era voluto da larga parte di stampa e critica: ormai i calciatori più forti giocano lontano dalla Polonia, mentre i tecnici locali non allenano mai all’estero e si trovano così a confronto con giocatori di ambito internazionale.

L’arrivo di Paulo Sousa è riuscito a dare la scossa necessaria alla squadra?

Sousa è partito facendo subito molti esperimenti, così sono arrivati risultati altalenanti anche nelle partite di qualificazione ai Mondiali giocate a marzo. Gli esperimenti del ct, come l’utilizzo della difesa a tre che da sempre è mal digerita dal calcio polacco, non sembrano avere molto tempo per consolidarsi: il tempo a disposizione prima dell’Europeo è praticamente nullo, e anche dopo la manifestazione di amichevoli ce ne saranno poche. Così il secondo posto nel girone dell’Europeo è l’obiettivo principale e più realistico da raggiungere. Probabilmente la federazione è più concentrata sul Mondiale in Qatar.

Dopo la generazione d’oro degli anni 70-80, nello scorso decennio la Polonia sembrava potesse di nuovo raggiungere picchi importanti, raggiungendo anche il 5° posto nel ranking FIFA. Cosa credi non abbia funzionato, soprattutto ai Mondiali del 2018?

Va ricordato che ai precedenti Europei quella nazionale andò molto bene, uscendo ai rigori contro il Portogallo poi campione. La prima cosa che non ha funzionato è la scelta di Adam Nawałka (ct della Polonia ai Mondiali, dimissionario dopo la manifestazione) di provare soluzioni tattiche diverse come la difesa a 3. La situazione poi è peggiorata con l’infortunio di Glik, colonna portante della difesa e presenza fondamentale in spogliatoio. Anche la cabala si è messa di traverso: la Polonia non ha mai vinto la prima partita di un Mondiale.

Sembra che ogni volta che un commissario tecnico provi a inventarsi qualcosa di diverso fallisca miseramente.

Sousa ha avuto come detto poco tempo, mentre Nawałka ha avuto l’ardore di scardinare gli equilibri della squadra poco prima dell’inizio di un Mondiale. C’è anche da considerare che il modulo “storico” del calcio polacco assomiglia molto a un 4411 speculativo e attendista. Anche nel campionato locale non si vedono mai nuove proposte tattiche: non ci sono squadre che giocano a 3 in difesa, a parte esempi sparuti come il Raków Częstochowa, o con un rombo di centrocampo. Così trovare un equilibrio tra la cultura calcistica della nazione e nuovi modi di far giocare la squadra non è facile.

L’Ekstraklasa è un campionato povero economicamente e tecnicamente, viste anche le prestazioni in Europa degli ultimi anni. Cosa pensi manchi per riportare delle squadre a competere nelle coppe? 

I problemi del movimento polacco si esprimono nella mancanza, da anni, di una squadra che riesca ad arrivare alla fase a gironi di Champions o di Europa League. L’unica con un certo potere economico è il Legia Varsavia, che però fallisce sempre nei preliminari. Le società si sono ormai specializzate nella formazione di giovani talenti da poi vendere all’estero grazie a ottimi intermediari. La prima ad applicare questo modello è stata il Lech Poznan, dove soprattutto la Sampdoria ha pescato tanto (giocatori come Kownacki, Bereszyński e Linetty son tutti di quel vivaio), seguita dal Pogon di Stettino, il Lubin e il Legia.

Manca poi il calciatore (straniero o locale) di un certo spessore che può trainare il gruppo. Chi ha un po’ più d’esperienza è di solito un polacco che ritorna a casa dopo anni fuori, come Bartosz Salamon al Lech (forse rientrato in patria troppo presto) e Jakub Błaszczykowski al Wisla, accorso al capezzale della squadra in una situazione economica disastrosa a dir poco.

Il leader tecnico della Polonia è sicuramente Robert Lewandovski, un attaccante che passa una volta a generazione. Quali sono secondo te le altre personalità fondamentali per questa squadra? Dal punto di vista dei più giovani, quali giocatori ti hanno più impressionato e pensi abbiano un futuro importante?

L’asse portante della Polonia è fatto dal portiere (più Szczęsny che Fabiański secondo Paulo Sousa), da Glik in difesa, a centrocampo da Krychowiak, per finire con Lewandovski in attacco. Il progetto e le idee si sviluppano da questi veterani, gli altri (anche talentuosi) tendono a essere un po’ di contorno.

Per quanto riguarda i giovani, alcuni stanno trovando buona continuità. Moder è stato acquistato dal Brighton, un centrocampista moderno abile in entrambe le fasi. Szymański ha perso un po’ il filo dopo esser passato alla Dinamo Mosca, Jozwiak è un’ala molto veloce e dinamica, Kozłowski ha solo 17 anni, Piątkowski ha appena firmato per il Salisburgo. Non sembrano però esserci le prospettive di un crack alla Lewandovski.

Negli ultimi anni la Polonia ha sfornato un buon numero di prime punte “vecchio stampo”. Che rapporto c’è in patria con Milik e Piątek, che dovevano esser crack ma non lo sono mai stati?

Piątek in realtà qualcosa aveva dimostrato, ha fatto trenta gol stagionali il primo anno tra Milan e Nazionale. Poi con Giampaolo non s’è trovato e la pandemia ha bloccato un po’ il suo percorso all’Hertha; Milik ha pagato la situazione sul rinnovo a Napoli, tanto che è stato criticato anche in patria per non aver trovato una soluzione migliore. In questi casi c’è da capire spesso anche cosa succede dentro la testa di un giocatore: per esempio Piątek ha sofferto molto l’arrivo di Ibrahimovic a Milano.

Questi son ragazzi di 25, 26 anni del tutto scusabili per non avere la maturità di gestire situazioni complicate. È colpa anche delle società: una volta lo scouting prevedeva che il ragazzo venisse incontrato, conosciuto e valutato anche come persona, ora si ammassanno video e si acquista senza remore. Un processo che non aiuta i giocatori.

Foto: wikipedia

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