Semën Chanin

Variazione e introspezione. “Sessione di ipnosi” di Semën Chanin

 

 

 

Sessione di ipnosi

di Semën Chanin

traduzine di Elisa Baglioni

Italic Pequod, 2021

Euro 12,00

 

 

 

Lo scorso febbraio è stata pubblicata dalla casa editrice Italic Pequod la raccolta Sessione di ipnosi del poeta Semën Chanin. Il volume, tradotto da Elisa Baglioni, è il secondo a essere pubblicato in italiano. Nel 2018 è infatti uscita per Miraggi Edizioni la raccolta Omissis e, inoltre, è possibile leggere in traduzione italiana altre poesie di Chanin all’interno del volume Deviando sollecito dalla rotta, pubblicato da Stilo Editrice nel 2017.

Chanin poeta tra due mondi

Semën Chanin nasce a Riga nel 1970, la sua poesia è in parte il prodotto della sua condizione di lettone russofono. Questo coesistere di realtà linguistiche e di culture di riferimento diverse porta, come spiega Massimo Maurizio nella sua introduzione a Omissis, a “una giustapposizione di registri” e alla possibilità di decodificare “una commistione di microcosmi” a tratti difficilmente distinguibili. Elemento che evidenzia questa duplicità del poeta è la scelta di adottare lo pseudonimo Semën Chanin per la pubblicazione delle sue poesie, mentre Aleksandr Zapol’ è quello impiegato in veste di traduttore.

Un soggetto poetico cangiante

All’interno dei versi di Chanin è presente un io cangiante, una costellazione di identità diverse che si alternano anche nel contesto di un singolo componimento. L’io poetico passa dall’identificarsi con la voce maschile del poeta a essere rappresentante di una voce femminileho vinto me stessa / hai detto tu / con uno sforzo disumano“.

Il soggetto di Chanin si identifica con una pluralità di voci. Compare infatti un noi che si esplicita sia nell’intimità del rapporto di coppia, accanto al quale si erge anche un altro noi che aspira ad avere un sapore profondamente universale. Questa volontà di ergersi a portavoce di una pluralità è anche resa esplcitamente dal poeta fino a giungere a un livello estremo in cui afferma “mi rivolgo anche a nome del nome“.

Accanto a questa variazione del soggetto, nella poesia del poeta lettone è sempre presente una controparte non  identificabile unicamente nel lettore, ma anche nelle figure umane che osserva e a cui si rivolge. Proprio nell’osservare l’immagine dell’altro si possono cogliere due aspetti. Il primo è l’elemento quotidiano della sua poesia, il secondo è invece il riflettersi dell’altro sull’analisi introspettiva dell’io.

Introspezione e metafore nautiche

L’introspezione in Chanin si rivela in una ricerca profodamente intrecciata con la dimensione temporale. Questo percorso viene scandito attraverso metafore che appartengono alla dimensione del mare. L’io lirico viene rappresentato nelle vesti di un marinaio esperto che sfida le “onde d’urto“, mentre nel profondo si combatte una guerra sottomarina.

Nei versi del poeta lettone si può leggere sia una ricerca del passato, mentre oggi i “tempi sono cambiati“, a cui si affianca il tentativo di penetrare con lo sguardo un destino a cui sembra impossibile sottrarsi mentre “noi siamo ancora qui“. Sia questo rivolgersi al passato che l’accennare a un futuro hanno degli esiti, ancora una volta, estremi.

Difatti, in Chanin vengono evocate due dimensioni contrastanti: quella di un ritorno a un passato primordiale dove l’uomo è ridotto a delle sembianze insettoidi che hanno un sapore kafkiano e quella della morte, rappresentata da “una tomba che ti cadrà a pennello“. L’incomprensione del futuro si estende a una confusione generalizzata dell’esistenza, il primissimo materiale d’indagine di Chanin.

La pesante atmosfera che si respira viene però mitigata dalla leggerezza che emerge dalla poesia di Chanin, un contrappeso volto a non far sprofondare il lettore in un’ipnosi insensibile o vuota. Proprio questo aspetto, mostra con chiarezza l’equilibrio su cui si erge l’opera del poeta, nel tentativo di far dialogare mondi che per loro natura appaiono separati, disconnessi. Facendosi strada tra i labirinti dell’esistenza, scrive di un tempo che ha perso il suo ritmo naturale:

ricordo come fosse ora il mare
e un’oscurità tale da non distinguere i lillà
come sempre la sabbia avrà scricchiolato
ma non ci giurerei, poichè il silenzio era grande
e gli orologi
d’un tratto hanno cominciato a rallentare

 

Fonte immagine: Pixabay

Chi è Martina Mecco

Dottoranda presso La Sapienza di Roma e l'Univerzita Karlova di Praga. Specializzata in lingua a letteratura ceca, i suoi interessi sfociano anche in altri ambiti letterari e culturali oltrecortina. Oltre alla sua collaborazione con East Journal è anche fondatrice e direttrice della rivista studentesca "Andergraund Rivista" e collabora col progetto "Estranei".

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