Pavel Vilikovský, maestro postmoderno dell’ironia slovacca

È trascorso un anno dalla morte di Pavel Vilikovský (27 giugno 1941 – 10 febbraio 2020), uno dei più importanti autori slovacchi del secondo Novecento. Al lettore italiano questo nome non dice probabilmente e, si potrebbe dire, inspiegabilmente nulla. In realtà, lo scrittore è stato consacrato in Italia con la traduzione di due opere: Il cavallo per le scale (Forum, 2010) e È sempre verde… (Anfora, 2013). Il fatto che in traduzione siano presenti soltanto queste due opere, curate da Alessandra Mura, è sintomo della scarsa attenzione tutta italiana per le letterature minori, di cui quella slovacca fa parte.

L’opera di Vilikovský ha avuto tutt’altra ricezione, invece, in altri contesti, come nel caso francese, dove l’autore viene anche omaggiato come “pioniere della letteratura slovacca” e grande maestro dell’ironia. Paradossalmente, il contesto in cui le opere di Vilikovský sono state maggiormente tradotte è quello ceco, dove la vicinanza linguistica delle due lingue permetterebbe tranquillamente una fruizione in lingua originale anche da parte dei lettori cechi.

Pavel Vilikovský e la Cecoslovacchia

Vilikovský nasce a Palúdzka, nell’attuale Slovachia centro-settentrionale, studia prima a Bratislava e successivamente anche alla AMU, la celebre accademia praghese. La sua produzione consta di numerosi testi, la maggior parte dei quali pubblicati dopo la Rivoluzione di Velluto (1989). Difatti, oltre ai primi lavori pubblicati su rivista, l’unica opera a essere pubblicata prima della Primavera di Praga è la raccolta di racconti Citová výchova v marci (“Educazione sentimentale a marzo”, 1965).

La sorte toccata a Vilikovský è la stessa di altri autori dell’allora Cecoslovacchia più conosciuti, con la sola differenza che il sistema samizdat ceco non funzionava in egual modo in area slovacca. Tra le opere di Vilikovský si può ricordare anche Slovenský Casanova (“Il Casanova slovacco”, 1991), scritto a quattro mani con Lajos Grendel (altro importante scrittore slovacco di lingua ungherese, pubblicato in Italia nel 2004 sempre da Anfora con Le campane di Einstein).

L’attività letteraria di Vilikovský non si limita solo alla produzione, ma sfocia anche in quella della traduzione, in compagnia del fratello Jan, a sua volta anche teorico della pratica traduttiva. Pavel Vilikovský è così stato autore di numerose traduzioni dall’inglese, in particolare di scrittori come Faulkner, Conrad o Vonnegut, che hanno inevitabilmente influenzato la scrittura stessa dello scrittore slovacco.

Il gioco postmoderno di Večne je zelený…

L’opera Večne je zelený… (È sempre verde…), pubblicata per la prima volta nel 1989, può essere inserita all’interno del fenomeno della letteratura postmoderna, per quanto la questione sia complessa. La trama si sviluppa in diverse realtà europee che il protagonista, ex spia dell’impero austro-ungarico, attraversa, partendo da Vienna e passando per Bucarest, fino ad approdare in Slovacchia, dove viene erroneamente considerato un turista ceco.

Nonostante la sua struttura, il romanzo non può essere considerato un esempio della letteratura di viaggio. Infatti, l’attenzione che viene data anche all’aspetto psicologico dei personaggi è molto forte. Un altro elemento interessante è il tipo di rapporto che il narratore costruisce con il lettore. Nonostante la forma sia quella del monologo, si tratta in realtà di un continuo dialogo con il lettore composto da domande a cui non si trova sempre risposta. Una pratica che risulta estremizzata in Il cavallo per le scale (1989):

se una madre perde la memoria, la propria coscienza e la propria identità, possiamo concepire la morte come un dono offerto a chi ci ha dato la vita?

Non sono però, le risposte a questi interrogativi a rappresentare il nucleo del testo, quanto invece un’attenzione acuta e fortemente carica di ironia nei riguardi della questione linguistica, in stretta relazione al ruolo della lingua slovacca. All’interno del testo si trovano infatti citazioni in ceco, ungherese e perfino latino. Tutta questa compenetrazione di realtà linguistiche si identifica con una riflessione sulla lingua slovacca stessa, questione particolarmente importante per l’identità nazionale degli slovacchi stessi.

La dimensione del gioco, inoltre, si ripropone anche su altri piani del romanzo, dall’idea esistenziale della vita intesa come gioco in cui bisogna sapersi costruire le proprie regole, al gioco intertestuale che Vilikovský costruisce impiegando una fitta rete di citazioni prese dalla tradizione letteraria slovacca. Tutte queste caratteristiche, alcune delle quali vengono inevitabilmente perse in traduzione, contribuiscono al rendere l’opera di Vilikovský pienamente postmoderna e, al tempo stesso, necessaria di una rivalutazione dell’autore da parte dell’editoria italiana.

Immagine: Dnes24.sk

Chi è Martina Mecco

Dottoranda presso La Sapienza di Roma e l'Univerzita Karlova di Praga. Specializzata in lingua a letteratura ceca, i suoi interessi sfociano anche in altri ambiti letterari e culturali oltrecortina. Oltre alla sua collaborazione con East Journal è anche fondatrice e direttrice della rivista studentesca "Andergraund Rivista" e collabora col progetto "Estranei".

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