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BIELORUSSIA: Nuove e inquietanti ombre sulla condotta di Lukashenko

Mentre le manifestazioni a sostegno della democrazia vanno avanti in tutto il paese e all’estero, la Bielorussia di Lukashenko si trova al centro di un’inchiesta che sembra gettare ulteriori dubbi sull’operato del presidente, in carica da ventisette anni.

A svelare nuovi aspetti della presidenza Lukashenko è Igor Makar, ex ufficiale delle forze speciali bielorusse, che ha lasciato il paese nel 2006. Nel mese di dicembre, Makar ha consegnato alla polizia ucraina e a EUobserver delle registrazioni dell’11 aprile 2012 in cui si sentirebbe Vadim Zaitsev, capo del KGB bielorusso dal 2008 al 2012, parlare dell’uccisione di alcuni oppositori residenti in Germania. Ma non solo: Zaitsev, insieme ad altri pezzi grossi delle forze dell’ordine bielorusse dell’epoca, avrebbe parlato anche della morte del giornalista Pavel Sheremet, noto oppositore di Lukashenko. Mentre i tre residenti in Germania sono ancora in vita, Sheremet è stato effettivamente ucciso in un’autobomba a Kiev nel 2016.

Le registrazioni (qui la trascrizione in lingua inglese) sono state inviate a Catalin Grigoras, direttore del National Center for Media Forensics presso l’Università del Colorado, per stabilirne la veridicità, ma la qualità non permette di dire con certezza se quella che si sente sia effettivamente la voce di Zaitsev. Secondo testimoni, però, si tratterebbe senza dubbio dell’ex capo del KGB, che proprio nel 2012 è stato rimosso dalla sua funzione. 

Attentato del 2011: i due condannati a morte sarebbero innocenti

Ma non è la sola rivelazione che ha fatto Igor Makar. In un’intervista a Euroradio, l’ex membro dell’anti-terrorismo bielorusso ha dichiarato che l’attentato del 2011 nella metro di Minsk non sarebbe stato commesso dai due presunti colpevoli, condannati a morte soltanto pochi mesi dopo

Era l’11 aprile 2011 quando un’esplosione devastò lo snodo principale della metro della capitale, uccidendo quindici persone e ferendone qualche centinaio. L’indomani, i presunti terroristi erano già stati trovati e, nonostante i numerosi appelli della comunità internazionale, furono condannati alla pena capitale. Secondo l’analisi pubblicata su charter97.org all’indomani delle dichiarazioni, questa versione conferma le ipotesi già fatte al momento degli attentati: ci sarebbe Lukashenko dietro all’esplosione che costò la vita a bielorussi e russi, e che sconvolse il paese.

Strategia politica e strategia del terrore

Nel primo caso la strategia politica è cristallina: due dei fondamenti della definizione minima di democrazia sono la garanzia di alternanza politica, e quindi l’esistenza di un’opposizione in grado di lavorare senza limitazioni, e il rispetto della libertà di espressione. Commissionando l’assassinio di oppositori e giornalisti elimina di fatto due dei pilastri su cui si basa il concetto stesso di democrazia. Molti dei sostenitori di Lukashenko usano il risultato delle elezioni come caposaldo della sua legittimità: peccato che nessuna elezione possa ritenersi realmente valida se mancano le basi minime della democrazia. Lukashenko ha messo in atto misure – più o meno violente – volte a eliminare oppositori e giornalisti, con morti e sparizioni sospette già a fine anni Novanta, quindi all’inizio della sua carriera politica. 

Nel secondo caso, più che di strategia politica si dovrebbe parlare di strategia del terrore: secondo le analisi politiche, infatti, l’unico a giovarsi dell’attentato nella metro del 2011 sarebbe stato proprio Lukashenko. Il paese arrivava da un periodo di proteste e repressioni molto violente, scaturite in seguito alla quarta vittoria delle elezioni presidenziali, avvenuta il 19 dicembre 2010 (con l’80% dei voti). Lo scontento era altissimo e il rublo bielorusso era crollato, l’economia stava risentendo pesantemente della situazione politica. È stato probabilmente il punto più basso del “governo Lukashenko”. Gli esperti non faticano a trovare analogie con le esplosioni che nel 1999 dilaniarono la Russia e che rappresentarono, in qualche modo, l’inizio dell’ascesa di  Vladimir Putin al potere.

Dopo le dichiarazioni di Makar, che è stato messo sotto protezione, si attendono nuovi sviluppi riguardo alle due vicende, ma in particolare riguardo all’omicidio di Sheremet, per cui una persona è attualmente in carcere e su cui la polizia ucraina dovrà investigare seguendo nuove piste. Più in generale, sarà interessante vedere come si pronuncerà la comunità internazionale riguardo a queste nuove rivelazioni sulla condotta di Aleksandr Lukashenko.

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Immagine: KyivPost

Chi è Anna Bardazzi

Nata nel 1982 a Prato, si è laureata in Scienze Politiche con una tesi sulla Bielorussia di Lukashenko. Dopo aver vissuto diversi anni all'estero è rientrata recentemente in Italia, dove si occupa di contenuti digitali e traduzioni. Il suo primo romanzo, La felicità non va interrotta, è uscito a marzo 2021, edito da Salani. Collabora con East Journal dal 2020.

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