MACEDONIA: Uno spiraglio per la disputa sul nome

Si apre forse uno spiraglio nella disputa sul nome “Macedonia”, che vede opporsi da 19 anni la repubblica jugoslava omonima e la Grecia. Il contrasto blocca il processo di avvicinamento della Macedonia alla Nato e all’Ue. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Matthew Nimetz, ha parlato oggi di una base sulla quale i due stati potrebbero intavolare un confronto, giungendo alla soluzione della disputa.

Conclusa una visita a Skopje nei giorni scorsi, Nimetz è andato in Grecia, dove ha incontrato il premier George Papandreou per informarlo sulle sue consultazioni a Skopje, e sulle prospettive di una soluzione della disputa. «Si è trattato di un dialogo buono, aperto e franco» ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri ellenico, Gregory Delavekouras, esprimendo l’auspicio che «il positivo messaggio della Grecia stia iniziando ad essere compreso e che cambiamenti positivi possano effettivamente approdare al tavolo negoziale».
Il portavoce ha quindi fatto riferimento alle recenti iniziative greche, tra cui quelle dell’incontro tra Papandreou e il premier macedone Nikola Gruevski, iniziative che «hanno avviato un processo dinamico».

Fin dalla sua indipendenza nel 1991, la Repubblica di Macedonia è impegnata in una disputa con la Grecia, a causa del nome ufficiale del paese, i simboli nazionali e la costituzione. Al momento della proclamazione dell’indipendenza del nuovo Stato, infatti, il governo greco sollevò tre obiezioni che ne impedivano di fatto il riconoscimento: la prima, tutt’ora irrisolta e problema principale della disputa tra i due paesi, sull’utilizzo del nome “Macedonia”, poiché il termine indica anche l’odierna regione greca Macedonia ed è ritenuto dalla Grecia parte esclusiva della propria storia e della propria eredità culturale.

Le altre due obiezioni, meno spinose, erano relative rispettivamente alla bandiera originalmente adottata dalla Repubblica macedone, in quanto la Grecia rimproverava alla nuova Repubblica di essersi appropriata di un simbolo dell’antico stato di Macedonia (la Stella di Vergina, simbolo della Dinastia di Filippo il Macedone); e ad alcune clausole incluse nella costituzione della nuova Repubblica, interpretate come annuncio di possibili pretese territoriali future.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite, come compromesso tra i due stati in disputa, ha deciso di riconoscere la Macedonia con il nome di FYROM (the former Yugoslav Republic Of Macedonia) nella primavera del 1993, e, dopo l’ammissione del nuovo stato nelle Nazioni Unite con tale nome, altre organizzazioni internazionali hanno adottato la medesima convenzione, comprese l’Unione europea, la NATO e il Comitato Olimpico Internazionale.

In seguito, le dispute sulla bandiera e sulla costituzione sono state risolte, ma la questione sul nome rimane tuttora irrisolta. Centodiciotto Stati – tra cui l’Italia, gli Stati Uniti d’America, la Russia, la Cina e la Bulgaria – riconoscono la nazione come “Repubblica di Macedonia”, o semplicemente “Macedonia”, mentre altri paesi la riconoscono con il nome pensato dall’Onu, “the former Yugoslav Republic of Macedonia“.

Dopo aver proposto alcuni nomi per risolvere il conflitto – ad esempio “Repubblica di Skopje” e “Repubblica del Vardar”, entrambi rifiutati dalla Repubblica di Macedonia – la Grecia è passata da un’assoluta opposizione al nome “Macedonia”. Di contro, la Repubblica di Macedonia è disposta ad ammettere un doppio nome a scelta dello stato che lo usa, il che implica però il nome senza qualificativi nelle organizzazioni internazionali, le quali adottano di norma la denominazione preferita dallo stato stesso.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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