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POLONIA: La strana storia dei polacchi di Haiti

Se si pensa alla diaspora polacca, difficilmente Haiti sarebbe in cima alla lista delle destinazioni. L’ex colonia francese, il paese più povero dell’emisfero occidentale, non è mai stato un porto attraente come gli Stati uniti o la Germania. Eppure, in alcuni piccolissimi villaggi nell’entroterra haitiano, esiste una comunità le cui origini portano proprio sulla Vistola. 

I legionari polacchi 

In seguito alla scomparsa della Polonia dalle mappe alla fine del ‘700, molti polacchi videro nella Francia rivoluzionaria l’unico alleato nella lotta contro Russia, Prussia e Austria. Soldati e ufficiali polacchi formarono delle “legioni polacche” al servizio della Francia e dei suoi satelliti, venendo dispiegati nei teatri più svariati. 

Haiti, nei primi anni di governo di Napoleone, era ancora una colonia francese, sebbene molto travagliata. All’epoca nota come Saint Domingue, Haiti era stata teatro di enormi rivolte degli schiavi, momentaneamente placatesi dopo l’abolizione della schiavitù nel 1794. La tensione fra Parigi e Saint Domingue, tuttavia, era molto alta: il generale Toussaint Louverture, eroe della battaglia abolizionista, aveva ormai il controllo quasi totale della colonia e intendeva conquistare anche la parte spagnola dell’isola. Quando Napoleone sedò una rivolta a Guadalupa nel 1802 e vi restaurò la schiavitù, Louverture decise che Saint Domingue non avrebbe subito lo stesso tragico destino e iniziò la guerra aperta contro i francesi e gli ex proprietari di schiavi ancora residenti. 

Qui entrano in gioco i polacchi. Almeno 5000 polacchi arrivarono sull’isola come parte delle truppe francesi inviate a sedare la rivolta. In larga parte, i legionari seguirono lo stesso destino dei loro commilitoni: uccisi in battaglia o dalla febbre gialla dilagante. Tuttavia, sembra che alcuni di loro, vedendo nella lotta degli ex schiavi un parallelo con quella della Polonia occupata, passarono dalla parte degli haitiani e combatterono per loro. 

Quando i rivoltosi vinsero e proclamarono l’indipendenza, espressero la propria gratitudine per i polacchi. I polacchi vennero risparmiati durante lo sterminio dei bianchi del 1804 e ricevettero particolari diritti nella costituzione del 1805. Mentre l’articolo 12 impediva a qualsiasi bianco di avere proprietà nel territorio di Haiti, l’articolo 13 creava un’eccezione per tedeschi e polacchi naturalizzati haitiani. Il primo imperatore di Haiti, Jean-Jaques Dessalines, diede loro il titolo onorario di “negri bianchi d’Europa”. 

Un’eredità poco conosciuta 

La maggior parte dei legionari superstiti decise di andarsene, ma quelli che rimasero ottennero un po’ di terra e sposarono donne del posto, creando una stirpe di mulatti concentrata in alcuni villaggi, in particolare a Cazale, Fond-des-Blancs e altri. Noti come poloné, i discendenti dei polacchi si integrarono molto rapidamente nella società haitiana, mantenendo della Polonia solo alcuni cognomi semplificati (ad esempio, Zal al posto di Zalewski, da cui il nome di Cazale), pochi modi di dire e tradizioni.  

Abbracciando la cultura locale, i poloné hanno anche portato un contributo specificamente polacco. La religione vudù haitiana ruota attorno a un complesso insieme di spiriti, spesso nati dalla fusione di santi cattolici e divinità di religioni africane. La Madonna nera di Częstochowa divenne la base per Erzulie Dantor, uno degli spiriti più importanti della famiglia delle Erzulie, particolarmente legate alla femminilità e protettrici delle donne, delle Madivin (approssimativamente traducibile come “lesbiche”) e degli “uomini femminili”, noti come Masisi. 

Storia recente 

La comunità poloné, già povera, ha sofferto molto durante la dittatura di François Duvalier, noto come “Papa Doc”. In carica dal 1957 al 1971, Papa Doc era un esponente del nazionalismo nero, ferocemente ostile alla popolazione mulatta e ai comunisti. Al fine di creare un culto della personalità fondato sul terrore, Duvalier fece ampio ricorso a elementi della religione vudù, giungendo a farsi identificare come il “Baron Samedi” (un potente e spaventoso spirito) e creando violentissimi squadroni della morte noti come Tonton Macoute (dal nome della versione haitiana dell’uomo nero). 

Il villaggio poloné di Cazale fu oggetto di uno dei massacri più feroci a opera dei Tonton Macoute. Nel 1969 gli abitanti di Cazale si erano rifiutati di pagare delle tasse sulla vendita dei prodotti agricoli, inimicandosi il regime. Quando ad aprile dei militanti comunisti mulatti si nascosero nel villaggio, sperando di mimetizzarsi tra i poloné, i Tonton Macoute rasero al suolo il villaggio, uccidendo 25 persone e facendone sparire 80. 

Sostanzialmente ignorati per molto tempo, i poloné vennero riscoperti in Polonia alla fine degli anni ‘70. Il famoso regista teatrale Jerzy Grotowski, intenzionato a studiare la cultura haitiana per le proprie sperimentazioni artistiche, riuscì nel 1980 a far venire in Polonia il sacerdote vudù Amon Frémon, abitante di Cazale dalle origini polacche. Le notizie sul suo soggiorno sono frammentarie e incerte: si dice, tuttavia, che Frémon rimase profondamente colpito dall’imposizione della legge marziale nel 1981 e dalla lotta di Solidarność contro la dittatura comunista. Un recente documentario, L’arte di sparire, riporta che Frémon pensava che il generale Jaruzelski, responsabile dell’imposizione della legge marziale, fosse vittima della possessione spiritica del Baron Samedi e tentò di liberarlo con specifici rituali vudù. Durante un suo viaggio ad Haiti nel 1983, Giovanni Paolo II parlò con dei poloné ed elogiò la loro eredità culturale, definendoli membri della nazione polacca. 

Caduto il comunismo, oggi c’è un certo interesse in Polonia per questa piccola comunità. Il governo e varie associazioni della società civile hanno cercato di restaurare i legami fra i poloné e la Polonia, con progetti culturali come Polacy na Haiti o altri più focalizzati sull’aiuto umanitario come la Fundacja Polska-Haiti. Il futuro di questa piccola comunità, fiorita in uno dei paesi più poveri al mondo, è oggi tornato alla ribalta anche dove tutto è cominciato – sulle rive della Vistola. 

Foto: artnews.com

Chi è Massimo Gordini

Studente all'Università di Bologna, ho vissuto a Cracovia, Mosca, San Pietroburgo e Stati Uniti per vari scambi. Curioso di tutto ciò che riguarda l'Europa centrale e orientale, per East Journal mi occupo soprattutto di Polonia.

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