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POLONIA: I vietnamiti, una comunità fra due mondi

Passeggiando per le strade di Varsavia non è raro incrociare ristoranti vietnamiti, una delle scelte più popolari per una cena fuori in Polonia. I villaggi di Łazy e Wólka Kosowska potrebbero stupire ancora di più il visitatore casuale: nel primo si trova un grande tempio buddista, punto di ritrovo della comunità vietnamita locale, mentre il secondo è un centro nevralgico della distribuzione nel paese, gestito da comunità asiatiche, soprattutto cinesi e vietnamiti.

In Polonia i vietnamiti, la più grande comunità migrante extraeuropea nel paese, sono generalmente ben visti dai locali e percepiti come ben integrati. La loro reputazione di onesti lavoratori è frutto anche del successo dei loro ristoranti e della popolarità della loro cucina, un prestigio consacrato definitivamente dalla vittoria della polacco-vietnamita Ola Nguyen nell’edizione locale di Masterchef.

Le origini

I primi vietnamiti a trasferirsi in Polonia furono principalmente studenti universitari negli anni ’50, giunti nel paese nell’ambito di scambi e borse di studio fra paesi comunisti. La popolarità della Polonia come scelta per i propri studi aumentò molto dopo una visita nel paese del poeta e dirigente culturale comunista To Huu, che in una poesia divenuta molto famosa in Vietnam lodò la bellezza, la storia e la cultura della Polonia.

Varsavia coltiva, anche a livello intergovernativo, relazioni forti con Hanoi. Durante la guerra del Vietnam, è proprio la rappresentanza diplomatica polacca, insieme a quella italiana, sostenuta da elementi della Santa Sede, a tentare una mediazione fra Nord Vietnam, Sud Vietnam e gli USA, nota come Operazione Marigold. Negli anni ’90 la Polonia partecipa nella sua prima missione di pace ONU in Cambogia, contribuendo a concludere un conflitto nel quale il Vietnam era invischiato da anni.

È proprio negli anni ’90 che l’immigrazione vietnamita in Polonia cambia radicalmente. Molti ex-studenti decidono di restare in Polonia, legalmente o illegalmente, e aprono delle proprie attività, spesso molto piccole. Appoggiandosi sui residenti di lunga data, migliaia di vietnamiti arrivano a Varsavia negli anni seguenti alla caduta del comunismo. Il luogo simbolo è lo Stadion Dziesięciolecia, al tempo il principale stadio della città. Dal 1989 lo stadio era diventato la sede di un enorme mercato all’aperto, noto come Jarmark Europa. Qui molti vietnamiti venivano a vendere e lavorare, trasformando il mercato nel principale punto di attrazione della comunità in città. Oltre al settore alimentare, si specializzarono anche come parrucchieri e sarti. Anche la centralissima Piazza della Costituzione diventa una Little Saigon, con numerosi banchi di cibo vietnamita estremamente popolari fra i residenti di Varsavia negli anni ’90.

La comunità oggi: una realtà variegata

Il numero dei vietnamiti in Polonia è difficile da conoscere con esattezza, ma la maggior parte delle stime si aggira fra i 50.000 e gli 80.000, con la più grande concentrazione a Varsavia e dintorni. I nuovi arrivi, sebbene i numeri non siano travolgenti, sono costanti, e creano una situazione variegata e multiforme: se i veterani si distinguono tra chi parla fluente polacco e chi ancora stenta, anche i giovani si differenziano tra coloro che sono cresciuti nel paese e i nuovi arrivati, spesso in Polonia da pochi anni, a volte più a loro agio in inglese che in polacco o perfino in vietnamita.

All’interno della comunità esistono anche differenze ideologiche e religiose. Il successo di Solidarność negli anni ’80 fu d’ispirazione per molti vietnamiti insoddisfatti del regime comunista, che, appena avutane l’occasione, si stabilirono poi in Polonia. Fra di loro, una parte minoritaria ma rilevante sono cattolici (circa il 6% della popolazione vietnamita), che subiscono forti pressioni da parte del governo comunista in Vietnam ma che in Polonia hanno trovato un paese di correligionari e legami con la chiesa locale.

Il legame più forte è con padre Edward Osiecki, un ex-missionario in Papua Nuova Guinea che dagli anni ’90 si occupa principalmente della comunità vietnamita di Varsavia. Sotto la sua direzione è stato aperto il centro per migranti “Fu Shenfu” nel quartiere popolare di Praga, sulla riva est della Vistola. Il centro è diventato un luogo di ritrovo e da lì si coordina anche la vita religiosa dei cattolici vietnamiti a Varsavia.

Anche fra i buddisti esistono differenze. I due templi della città sono gestiti da persone vicine al partito comunista vietnamita, una situazione che crea un certo disagio per alcuni e specialmente per il piccolo ma agguerrito gruppo di oppositori politici che vive in Polonia.

La più nota dissidente è probabilmente Ton Van Anh, che per anni ha collaborato con il centro Fu Shenfu. Arrivata in Polonia da adolescente, ha provato a lanciare un giornale indipendente in Vietnam, causando l’ira del partito comunista che l’ha privata della cittadinanza. Da allora Ton Van Anh lavora per la Società per la libertà di parola, una ONG polacca che si occupa principalmente di esuli cubani, tibetani, vietnamiti e ceceni. La Società organizzava anche corsi di lingua polacca per vietnamiti nella propria sede, ed è diventata un luogo d’incontro da cui è poi partita anche la prima candidatura di polacco-vietnamiti a cariche pubbliche in Polonia.

Ton Van Anh, infatti, insieme a svariati altri membri della comunità vietnamita a Varsavia, si è candidata nel 2014 alle elezioni comunali. Anche qui la divisione politica all’interno della comunità vietnamita si è fatta sentire: gli oppositori del partito comunista si sono candidati in liste civiche, mentre figure meno combattive con il governo di Hanoi si sono presentate con il Partito della Sinistra Democratica (SLD), accusato da Ngo Van Tuong, uno dei candidati civici, di avere rapporti troppo cordiali con le autorità comuniste di Hanoi.

Il futuro

La comunità vietnamita ad oggi è una realtà consolidata in Polonia, con prospettive economiche importanti in un contesto di crescita del commercio fra Asia ed Europa centrale e una reputazione molto positiva nella società polacca. Forte della sua popolarità e del suo alto livello di integrazione, potrebbe agire da ponte fra culture in una Polonia che, seppur a volte non se ne renda conto, è sempre più multietnica.

Foto: Ola Nguyen, vincitrice di Masterchef Polska. Fonte: kobieta.pl

Chi è Massimo Gordini

Studente all'Università di Bologna, ho vissuto a Cracovia, Mosca, San Pietroburgo e Stati Uniti per vari scambi. Curioso di tutto ciò che riguarda l'Europa centrale e orientale, per East Journal mi occupo soprattutto di Polonia.

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