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UCRAINA: Territori minati e sminamento, una tragedia nella tragedia

Da KIEV – La crisi pandemica mondiale e l’aumento del numero di contagi da coronavirus in Ucraina sembrano aver accantonato una delle spine nel fianco che caratterizza questo paese alle porte d’Europa: il conflitto armato nei territori del Donbas. Gli ultimi sei mesi non hanno portato a grandi risvolti su questo fronte, nonostante le promesse intavolate dai vari leader del formato Normandia: le forze separatiste delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk continuano a combattere contro le forze armate ucraine nell’est del paese, senza dare alcun segno di cambiamenti radicali in vista. E le vittime che ne subiscono le conseguenze non sono solo valorosi soldati che rischiano la loro vita quotidianamente al fronte, ma soprattutto le loro famiglie e la popolazione civile (uomini, donne e bambini) che abitano in questi territori contesi, dove bombe e mine sono all’ordine del giorno, anche nelle zone ormai libere e lontano dalla linea di contatto.

La vita in un campo minato

A causa del conflitto armato in corso da sei anni, secondo le stime delle Nazioni Unite, i territori nell’est dell’Ucraina sono attualmente una delle aree più contaminate da mine e ordigni esplosivi dell’intero pianeta. La quantità di terreni minati in Ucraina si può semplice supporre, non ci sono cifre esatte; inoltre alcune aree sono off-limits e nemmeno gli operatori addetti allo sminamento vi hanno accesso. Tuttavia, i numeri stimati sono impressionanti: nel bacino del Donbas 1,6 milioni di ettari di terra sono attualmente minati, di cui 700mila ettari solo nei territori controllati dal governo di Kiev. La regione più colpita rimane quella di Donetsk (560mila ettari), mentre quella di Luhansk sembra più sicura (120mila ettari). Non è noto quanto tempo richiederà lo sminamento degli ultimi 6 anni di conflitto ma, sempre secondo alcuni esperti delle Nazioni Unite, un solo anno di guerra corrisponde a dieci anni di operazioni anti-mine: se la guerra nel Donbas dovesse finire domani, le zone dell’est del paese saranno ancora un territorio altamente pericoloso per il prossimo mezzo secolo.

Ripulire dalle mine i territori liberati dai separatisti e attualmente sotto il controllo del governo di Kiev non è compito facile, nonostante l’Ucraina abbia già una squadra di esperti che se ne occupa da diversi anni. Ma, grazie al sostegno finanziario dei governi di 10 paesi, nei territori liberati delle regioni di Donetsk e Luhansk sono stati raggiunti alcuni risultati: ad oggi sono stati sminati 36 siti con una superficie totale di oltre 250,7 ettari.

Dal 2014 al 2019, HALO Trust, un’organizzazione non governativa scozzese specializzata nello sminamento di territori (in particolare nota per le operazioni di sminamento in Afghanistan), ha registrato in Ucraina quasi 2.000 vittime di questi ordigni tra uomini, donne e bambini: i villaggi e le zone rurali sono i più colpiti e diventano veri e propri campi di battaglia, con vaste aree di terreno agricolo e forestale disseminate di esplosivi una volta che la linea del fronte avanza. HALO Trust si occupa di mappare e segnalare le aree pericolose avvalendosi di macchinari per ripulire i campi di battaglia e gli edifici o le infrastrutture danneggiati durante i combattimenti. Oltre a rendere i terreni più sicuri, i suoi esperti forniscono anche dei corsi di educazione al rischio, aiutando così la gente del posto, in particolare i bambini, a capire come stare al sicuro e a come comportarsi nelle zone affette dalle mine.

L’organizzazione opera all’interno del progetto di sminamento umanitario incentivato nel paese: “Controlliamo più volte ogni centimetro del terreno con un metal detector. E solo dopo possiamo essere sicuri di non esserci persi nemmeno una mina o un ordigno”, afferma Patrick, uno degli esperti di HALO Trust in missione nel Donbas; e aggiunge: “Questo tipo di sminamento consiste solitamente nell’individuazione della mina e nel suo disinnesco, fase quest’ultima relativamente semplice e veloce; il vero problema risiede nell’individuazione, sia in termini di tempo che di costi”. Tra gli oggetti esplosivi che gli sminatori trovano più spesso nel Donbass ci sono mine antiuomo e anticarro, munizioni a grappolo e ordigni inesplosi, alcuni risalenti addirittura all’epoca della Seconda guerra mondiale.

Non c’è pace né per i militari né per i civili: le mine anticarro, aventi una carica esplosiva molto più grande delle mine antiuomo, si rivelano pericolose anche per gli uomini in quanto talvolta funzionano esattamente come mine antiuomo e, quando una persona ne calpesta una, questa esplode; in gergo vengono chiamate “petali”. Come afferma il generale maggiore Bogdan Bondar in un’intervista a Defense Express, rispondendo alle domande sullo sgombero delle aree contaminate da mine del Donbas, “ci sono migliaia e migliaia di mine e ordigni inesplosi lungo la linea di contatto e alcuni modelli sono moderni, comprese le mine vietate dalla convenzione internazionale, in quanto la parte russa deliberatamente non ha firmato e non ha acconsentito alla loro distruzione e ora le utilizza nelle zone delle regioni di Donetsk e Luhansk sotto il controllo dell’Ucraina”.

Lo scorso autunno, alcune opere di sminamento sono state completate con successo nelle zone rurali intorno ai villaggi di Stanytsja Luhanska, Zolote e Petrovske: l’arsenale di munizioni ritrovate ammontava a un centinaio di esplosivi, successivamente distrutti da genieri militari e sminatori. Ma, nonostante accordi e trattative intavolati tra i governi di Kiev e di Mosca, il cessate il fuoco non viene rispettato e le mine continuano a minacciare la vita degli abitanti del posto.

Una tregua durata un giorno

Lo scorso 22 luglio si è tenuta una videoconferenza del Gruppo di contatto trilaterale per il Donbas – formato da Ucraina, Federazione russa e OSCE – che ha stabilito un cessate il fuoco globale per la giornata del 27 luglio, con tanto di divieto di operazioni offensive e di ricognizione, pena azioni disciplinari per qualsiasi violazione. Tuttavia, nonostante la tregua di 24 ore sia stata rispettata da entrambe le parti, i combattimenti sono ripresi immediatamente nei giorni seguenti. 

Inoltre, l’accordo riguardante il ritiro di armi pesanti e lo sminamento di venti nuovi siti – piano già precedentemente concordato al vertice di Parigi del formato Normandia del 9 dicembre 2019 – non è stato rispettato dalle forze separatiste controllate dal Cremlino. Lo ha affermato il rappresentante permanente dell’Ucraina presso l’ONU a Vienna, Jevheniy Tsymbaljuk: “La cosa più inquietante è che la parte russa si rifiuta di approvare le 13 aree già concordate per lo sminamento“; e ha sottolineato che “la Russia e i suoi rappresentanti delle regioni temporaneamente occupate continuano a bloccare qualsiasi progresso per l’attuazione degli accordi di Minsk”.

Alla videoconferenza del forum negoziale ha partecipato il primo presidente dell’Ucraina indipendente, Leonid Kravčuk, nominato ufficialmente a capo della delegazione ucraina – in sostituzione di Leonid Kučma – lo scorso 30 luglio, dall’attuale presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale si ritiene soddisfatto della scelta. Leonid Kravčuk, pur non sbilanciandosi troppo, dichiara di essere pronto a scendere a compromessi con la Russia sul Donbas: “Ci sono cose, però, su cui non si può scendere a compromessi, e queste sono sovranità, integrità territoriale, indipendenza, inviolabilità dei confini. Sono questioni di cui non si discute, in quanto sono principi definiti dal diritto internazionale”.

Un problema sottovalutato

A giugno, il parlamento ucraino ha approvato la legge 2618 al fine di semplificare le operazioni di sminamento e ridurre, di conseguenza, il numero di feriti e morti di civili nell’Ucraina orientale a causa di mine e ordigni inesplosi. La legge coordinerà al meglio il lavoro sul campo di organizzazioni locali e internazionali, reso complesso in molte aree dal fuoco aperto dei militanti e dal conflitto ancora in corso.

Esperti sia militari che civili che si occupano della questione dello sminamento nel Donbas, affermano che potrebbero volerci decenni per tornare alla normalità e permettere ai cittadini l’accesso sicuro alla terra e alle risorse naturali di questo bacino. Le difficoltà principali sono le dimensioni e la pericolosità delle mine: non si sa ancora esattamente dove e quante munizioni siano nascoste a est. Inoltre, non tutti si rendono conto della gravità di questa situazione. “Questo problema è sottovalutato: se un oggetto esplosivo viene lasciato vicino a Pokrovsk o Slovjansk, è pericoloso. Ogni vita è preziosa. Centinaia, migliaia di ettari devono essere attraversati per trovare anche un singolo oggetto esplosivo o una mina”, ha riferito Vadym Černyš, attuale ministro per il Reintegro dei territori temporaneamente occupati dell’Ucraina.

Questo articolo è frutto di una collaborazione con OBCT

Immagine: facebook.com/ato.news

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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