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STORIA: Karl Paržik, l’architetto della Sarajevo asburgica

Quando l’esercito austroungarico entrò a Sarajevo, nel 1878, si trovò di fronte una cittadina ottomana: il bazar, la moschea del bey con la sua fondazione pubblica (biblioteca, bagni, madrasa), qualche edificio pubblico – e i quartieri residenziali con le mahalle che risalivano sulle colline. Per un uomo dell’ottocento, l’impressione doveva essere qualcosa di simile al far west. Il progetto di modernizzazione asburgica prevedeva di fare di tale “oscura provincia” una città degna di essere capoluogo imperial-regio. Elettricità, tram – ma soprattutto nuovi edifici che dessero alla città un volto centro-europeo.

A tal scopo si formò in città una nuova comunità amministrativa e commerciale, spesso originaria delle altre terre slave della corona asburgica ma che usava il tedesco come lingua franca, e che nel 1910 arrivò a contare fino a un terzo dell’intera popolazione di Sarajevo. La nuova provincia offriva infatti inaspettate possibilità di carriera, simili a quelle che nei paesi d’Europa occidentale garantivano le colonie d’oltremare.

Tra questi, arrivò a Sarajevo a 26 anni anche il giovane architetto ceco Karel Pařík – vero homo asburgicus, resta noto come Karl Paržik: nome tedesco, cognome bosniaco. Nella sua lunga carriera, Paržik progettò oltre 150 edifici in Bosnia Erzegovina, di cui 70 solo a Sarajevo, lasciando un segno permanente sull’urbanizzazione della città. Precursore dei tempi, Pařík si batté per la preservazione del centro storico ottomano, la Baščaršija, proponendo la costruzione del centro amministrativo asburgico in nuovi quartieri fuori dalla città vecchia.

Uno dei suoi primi progetti fu quello dell’Hotel Evropa, inaugurato il 12 dicembre 1882. Per 110 anni fu l’hotel più spazioso di Sarajevo, fino alla distruzione il 1° agosto 1992, e ospitò il gotha dell’impero asburgico così come della Jugoslavia monarchica e socialista. Dopo 15 anni di abbandono, l’Hotel Europe è stato ristrutturato e riaperto nel 2008.

Un altro edificio di gusto neorinascimentale progettato da Paržik fu il Museo Nazionale della Bosnia Erzegovina, fondato nel 1885 e aperto al pubblico il 1° marzo 1888 – anche se i lavori continueranno fino al 1913. Composto da quattro padiglioni uniti da una terrazza, con un giardino botanico al centro, si trovava all’ora all’estrema periferia della città, oltre il quartiere residenziale di Marijin Dvor. Oggi vi si custodisce la Haggadah.

Sempre di Paržik, e del suo collega Josip Vancaš, è l’edificio dello Union Hotel, in seguito Landesbank (Zemaljska banka). Costruito nel 1893 e inaugurato nel 1895, con una facciata in stile primo rinascimento, nel 1946 la lobby d’ingresso venne rimpiazzata dalla Fiamma Eterna antifascista (Vječna vatra). Da allora il palazzo sulla Titova serve per uffici pubblici.

La nuova comunità asburgica abbisognava anche di nuovi luoghi di culto. Paržik progettò l’edificio della Chiesa evangelica, sul lungo Miljacka, del 1899, in stile neogotico. Oggi ospita l’Accademia di Belle Arti.

Ma gli edifici forse più belli di Paržik sono quelli in stile neomoresco. Uno stile, inventato a fine ottocento come nuovo stile nazionale dei musulmani bosniaci, che venne applicato in egual modo ad edifici religiosi e civili. Il primo edificio in un ricco stile decorativo neomoresco di Paržik fu la Scuola di diritto islamico (sharia), del 1887. Nel periodo socialista ospitò il Museo della città di Sarajevo, per tornare nel dopoguerra a servire da sede per la Facoltà di Teologia Islamica dell’Università di Sarajevo.

Lo stesso stile servì per il tempio di un’altra nuova comunità religiosa: gli ebrei aschenaziti, che dopo il 1878 avevano raggiunto la numerosa locale comunità sefardita dalle altre città dell’Impero. La Sinagoga Aschenazita, del 1901-1902, è caratterizzata da quattro torrette com ampi tamburi e cupole angolate, e da fitte decorazioni neomoresche che preannunciano lo stile liberty. Ancora oggi serve da tempio per la comunità ebraica di Sarajevo.

Infine, benché non ne sia stato l’autore principale, Paržik lavorò anche all’edificio principale del neomoresco sarajevese: la Vijećnica, allora Stadthalle. Ma Pařík non volle accettare la richiesta del governatore Benjamin Kallay di costruire un edificio di ampie dimensioni, che avrebbe sovrastato la vecchia baščaršija. Il suo progetto venne quindi respinto, e la costruzione fu affidata ad Alexander Wittek, che si ispirò alla moschea di Kemal II al Cairo, e completata nel 1896 da Čiril Iveković, pur seguendo i piani originali di Paržik. Quello che fu a lungo noto come la Biblioteca Nazionale e Universitaria della Bosnia ed Erzegovina, dopo l’incendio e la distruzione del 1992 venne ricostruito sulla base dei disegni originali di Paržik, conservati negli archivi di Zagabria, e riaperto al pubblico nel maggio 2014.

Paržik firmò ancora molti altri edifici monumentali di Sarajevo: il Palazzo di giustizia (oggi Rettorato dell’Università); la Chiesa cattolica di San Giuseppe; la Banca Nazionale; il Teatro nazionale; il quartiere residenziale di Marijin Dvor; e molti altri. Morì nella sua città d’adozione il 16 giugno 1942, a conflitto in corso, ed è sepolto al cimitero del Koševo. La sua lapide recita: “Qui riposa il costruttore di Sarajevo. Ceco di nascita, sarajevese per scelta – La Bosnia Erzegovina riconoscente“.

Foto: Wikicommons

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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