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UCRAINA: Chernobyl brucia. Incendi e radiazioni in quarantena

Da KIEV – L’Ucraina si trova nel bel mezzo di ben tre focolai incontrollabili: non bastava il conflitto armato tra forze locali e separatiste nei territori orientali del paese, che dal 2014 ha provocato quasi 14mila morti; ad esso si aggiungono anche le vittime dell’epidemia di COVID-19, virus che vede contagiati e morti aumentare ora dopo ora. Ma il focolaio vero e proprio, che in questi ultimi giorni sta allarmando gran parte della popolazione ucraina, e della capitale in particolare, è quello degli incendi nelle foreste della “Zona di esclusione” di Chernobyl.

Situata a meno di 100 chilometri da Kiev, Chernobyl è il capoluogo ucraino della regione omonima, dove il 26 aprile 1986 è scoppiato il famoso reattore n.4 che ha provocato una delle catastrofi nucleari più devastanti di sempre. Chernobyl e l’odierna città fantasma di Pripjat’ fanno parte oggi di quella che è chiamata “Zona di esclusione”, un’area di circa trenta chilometri ad accesso limitato (nonostante il turismo di massa che la invade ogni anno) che circonda la centrale nucleare. La Zona è circondata da numerosi boschi e foreste, che a più di trent’anni dalla catastrofe, sono rinati: la natura si è impossessata nuovamente del territorio e flora e fauna hanno ripopolato questi luoghi allo stato brado.

Oggi, sono proprio queste foreste a bruciare e i focolai sono sparsi e numerosi. Chernobyl brucia. Un’altra catastrofe incombe.

Chernobyl sta bruciando

Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Reuters, gli incendi sono iniziati il 3 aprile a ovest della Zona, diffondendosi poi nelle foreste interne, dove i livelli di radiazione sono tra i più elevati. Oggi, dalla parte ucraina bruciano soprattutto le foreste di Korohodskyj, Kotovskyj e Denysovetskyj, ma gli incendi si stanno propagando verso sud a causa del vento, mentre a nord hanno già raggiunto i boschi bielorussi. In Ucraina, le fiamme stanno divorando anche la foresta situata alle spalle della centrale, conosciuta come Foresta Rossa, un bosco di pini che in seguito alle radiazioni causate dall’incidente nucleare diventò, appunto, rosso e in cui il livello di radioattività supera le norme di sicurezza. Altri focolai sono stati segnalati recentemente anche nei pressi della foresta che ha nascosto (e nasconde parzialmente ancora oggi) il “Picchio Russo”, ovvero un sistema radar conosciuto anche come Duga-3.

Secondo le ultime notizie, riportate da Yaroslav Yemelianenko dell’associazione Chernobyl Tour, gli incendi hanno già raggiunto la stazione ferroviaria di Janiv vicino a Pripyat. La situazione è critica. Le autorità locali riportano che tutto è sotto controllo, ma in realtà gli incendi stanno rapidamente conquistando nuovi territori. Attualmente il fuoco si trova a due chilometri dall’impianto di stoccaggio dei rifiuti radioattivi.

Yemelianenko sfoga la sua rabbia contro il governo sulla sua pagina Facebook, chiedendosi se il Gabinetto dei Ministri ha deciso di tacere e nascondere la gravità della situazione proprio come nel 1986, notando che non sono ammessi volontari e giornalisti sul posto. Un dubbio che è venuto a molti sin dall’inizio, visto che il governo ucraino continua a non fornire dati ufficiali sugli incendi: negli ultimi dieci giorni, alcune fonti hanno parlato di 35 ettari in fiamme, ma il Centro di monitoraggio antincendio dell’Europa orientale (REEF) ritiene che dal 3 aprile stiano bruciando quasi 19.200 ettari, di cui 6.000 ha nella riserva naturale di Drevljanskyj e 11.500 nella Zona di esclusione.

Il presidente Volodymyr Zelensky ha commentato pubblicamente la situazione solamente a undici giorni dai primi gravi incendi. Sto monitorando attentamente la situazione nella zona di Chernobyl. So che i pompieri fanno del loro meglio. Li ringrazio per il loro coraggio. Domani mi metterò in contatto con il capo del servizio di emergenza statale ucraino Mykola Čečotkin per quanto riguarda gli incendi. Le conclusioni non tarderanno. La comunità deve conoscere la verità ed essere al sicuro”, ha postato sulla sua pagina Facebook lo scorso 13 aprile in tarda serata.

Piove sempre sul bagnato…

Non è la prima volta che l’area nelle vicinanze di Chernobyl brucia. Gli incendi sono molto comuni nella Zona di esclusione e, solitamente, sono di natura dolosa. Lo scorso 6 aprile, la polizia della regione di Kiev ha riferito di aver arrestato un 27enne residente nel villaggio di Rahivka, a sud di Chernobyl, sospettato di incendio doloso nei pressi della Zona. Il giovane si è giustificato dicendo che ha dato fuoco a della spazzatura e a un po’ di erba in tre luoghi diversi per puro divertimento; dopodiché, il vento si è alzato e il ragazzo si è reso conto di non riuscire a spegnere il fuoco; la situazione gli è sfuggita di mano. Un secondo piromane è stato arrestato lo scorso 13 aprile.

Ma, oltre al dolo, non va dimenticata l’usanza di bruciare i campi per eliminare erbe ed arbusti secchi e produrre fertilizzante dalla loro cenere. Una pratica diffusa, su cui le autorità solitamente chiudono un occhio. A tutto ciò, si aggiunge la crisi climatica: gli incendi attuali sono insolitamente vasti e seguono un inverno caldo e secco, privo di neve e piogge. Questa diminuzione notevole delle precipitazioni registratasi negli ultimi anni, ha dato vita perciò a una foresta sempre più secca, quindi facilmente incendiabile.

Finora, per spegnere gli incendi, sono stati coinvolti quasi 400 vigili del fuoco, provenienti anche dalle regioni vicine. La regione di Kiev ha inoltre messo a disposizione l’utilizzo di un centinaio di autopompe e diversi elicotteri che hanno rilasciato tonnellate d’acqua. Alcuni incendi minori sono stati parzialmente domati e i pompieri hanno creato dei corridoi tagliafuoco per evitarne la propagazione. Ma non basta…

Radiazioni e fumo: tutto sotto controllo?

Il fumo contaminato ha già raggiunto Kiev lo scorso fine settimana, anche se a tratti sembra mescolarsi all’inquinamento della capitale. La popolazione, sebbene in quarantena come previsto dalle misure restrittive per l’emergenza coronavirus, ha avvertito subito un cambiamento nell’aria: l’odore di fumo e l’aria pesante hanno subito allarmato gli abitanti delle periferie a nord, e non solo visto che il fumo si è protratto oltre con il vento.

Sebbene la preoccupazione maggiore fosse quella di spegnere incendi e capirne la natura, un campanello d’allarme specifico si è acceso nella mente degli ucraini: quanto è radioattivo il fumo che stiamo respirando? Le autorità hanno fin da subito dichiarato che i livelli di radiazione nell’aria nella capitale sono nella norma, perlomeno nella capitale, e gestibili nella zona. Ma alcuni esperti non sono dello stesso avviso: le fiamme stanno facendo bruciare ettari di alberi i cui tronchi contengono radiazioni, che si disperdono così sempre di più nell’aria. Nubi grigio-nere con un probabile carico di cesio-137, stronzio e altri elementi radioattivi hanno già avvolto i villaggi che circondano la Zona di esclusione e sono arrivate fino a Kiev.

Il rischio rappresentato dagli incendi è che le persone possano inalare particelle radioattive tramite il fumo trasportato dal vento, come ha constatato l’esperta per inquinamento dell’aria, Olena Miskuncon, rappresentante del gruppo ambientalista Ecodiya. “Il vento può sollevare particelle calde e cenere nell’aria, soffiandola verso aree popolate”; ma aggiunge: “Possiamo dirci fortunati di essere in quarantena ora; le persone stanno a casa, camminano meno e indossano le mascherine.” Fortunati o meno, il fuoco non dà tregua.

 

Immagine: Ukrainian Police Press Office/AP

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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