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UCRAINA: Sempre più donne vittime di violenza domestica, ma nessuno ne parla

Recentemente, il governo ucraino ha lanciato una linea telefonica diretta per denunciare abusi e violenze domestiche. L’iniziativa di cui ha parlato anche la first lady Olena Zelenska al forum “On the Way to Zero GBV in Ukraine” – tenutosi a Kiev il 20 e 21 febbraio – opererà 24 ore al giorno tutti i giorni della settimana. La creazione di questa hotline dedicata alle emergenze è prevista da un decreto del 27 dicembre 2019 firmato dal gabinetto dei ministri.

L’attuale Capo del gabinetto dei ministri, Dmytro Dubilet, ha infatti dichiarato che ogni qualvolta la sua vice e coordinatrice del progetto, Julia Huseva, lo informa sulle storie delle vittime, “gli si gela il sangue”. Nel decreto si stabiliscono anche gli altri corpi statali che collaborano al progetto: il Ministero degli Affari Interni, la Polizia, il Ministero della Salute, della Giustizia e dell’Istruzione. La first lady ucraina ha poi sottolineato la necessità di creare meccanismi di supporto contro la violenza domestica che siano chiari e semplici. Olena Zelenska ha puntualizzato che la situazione in Ucraina, sfortunatamente, non è al centro del dialogo pubblico e non vi è protezione per le vittime. Le vittime soffrono, sono impaurite o imbarazzate tanto da non riuscire a denunciare abusi e violenze.

I numeri contano

In Ucraina la violenza domestica colpisce approssimativamente 2 milioni di donne e meno di un terzo tra loro ha il coraggio di denunciare. Ciò significa che almeno una donna su cinque subisce violenze e quasi 3 milioni di bambini sono testimoni e vittime della tirannia dei genitori. Questi i dati presentati dai rappresentanti delle Nazioni Unite durante il forum. Una donna su cinque tra i 15 e i 49 anni in Ucraina è stata vittima di violenza fisica o sessuale durante la sua vita, ma le denunce coprono solo il 30% di queste.

In un saggio sulla violenza domestica negli stati post-sovietici, Aleksandra Hrycak spiega come l’Ucraina sia sorprendentemente diversa dagli altri paesi e come, nonostante la pesante eredità sovietica, lo stato sia riuscito a gestire la violenza domestica con successo. Seppure il numero di movimenti femministi sia frazionato e questi siano spesso scollegati da network transnazionali, il paese è impegnato a stabilire un sistema comprensivo per combattere la violenza. Nello scorso anno in Ucraina sono stati registrati quasi 142.000 casi di violenza domestica. Di questi, sono stati emessi circa 16.000 ordini restrittivi e 72.834 persone sono state inserite in elenchi preventivi, ha dichiarato il viceministro degli Interni Kateryna Pavličenko durante il forum di cui sopra.

L’11 gennaio 2019 sono state introdotte delle modifiche al Codice penale e a febbraio dello stesso anno la violenza domestica è stata resa un crimine a tutti gli effetti. Ciò si traduce nella possibilità di poter sanzionare i colpevoli e infliggere pene vere e proprie, che prima si limitavano a sanzioni amministrative. Nonostante il quadro legislativo volto a proteggere le vittime di violenza sia funzionale, il più delle volte a mancare sono i mezzi per fornire aiuto materiale alle vittime di violenza. Basti pensare che nella regione di Kiev c’è una sola casa di accoglienza per donne vittime di violenza, progettata per recepire appena dieci persone.

Quanto influisce l’eredità sovietica?

Nel parlare di violenza di genere in Ucraina vanno tenuti in conto alcuni fattori culturali che, come un virus, contagiano la maggior parte delle regioni dello spazio post-sovietico. Il nostro giornale ha più volte affrontato il tema della violenza e della condizione della donna mettendo in luce come il pesante retaggio sovietico abbia contribuito alla stigmatizzazione sociale riguardo tali temi. Di frequente il modello di aggressività maschile viene giustificato e tramandato di generazione in generazione (È tristemente noto il proverbio russo: ‘se ti ama ti picchia’). Un esempio rilevante sta nelle parole pronunciate dal patriarca Kirill di Mosca e di tutte le Russie durante un’intervista lo scorso Natale ortodosso. Il patriarca ha dichiarato che il concetto di violenza domestica è preso in prestito dall’estero. Secondo Sua Santità, è necessario proteggere la famiglia e condannare qualsiasi intrusione dall’esterno che possa causare conseguenze negative. Il compito della Chiesa è quello di rafforzare l’amore e, ha aggiunto, non esiste amore senza sacrificio. Nel corso dell’intervista il patriarca ha asserito che la violenza domestica non esiste, perché in una famiglia le persone sono abituate a donarsi l’uno all’altro e vivono per gli interessi reciproci, per cui ogni violenza è impossibile.

Un passato troppo recente

Se i numeri sono alti, quando si osservano i dati riguardanti la regione del Donbass, colpita dalla guerra ibrida con la Russia le cifre aumentano vertiginosamente. La crisi umanitaria risultata dal conflitto ha portato a 1.7 milioni di persone sfollate, due terzi delle quali donne. Le donne sfollate vivono quotidianamente umiliazioni, intimidazioni, ricatti e minacce fisiche e verbali. Ma, ancora peggio, spesso sono considerate gli obiettivi chiave della violenza sessuale e nel conflitto si esacerbano violenze sessuali e stupri da parte dei gruppi armati.

Un’analisi del 2017 condotta dal Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne ha confermato che nelle regioni colpite dal conflitto c’è una maggiore vulnerabilità a diversi tipi di violenza: psicologica, economica, sessuale. Il numero di violenze tra le donne sfollate è tre volte maggiore di quello di violenze che avvengono nel resto del paese. Nelle storie delle sopravvissute è possibile individuare un pattern: i perpetratori di violenza sono in gruppo e sempre sconosciuti. Stando alle dichiarazioni delle vittime di violenza, i posti di controllo alla linea di confine sono le località dove il rischio di violenza aumenta e non di rado la circostanza di trovarsi in una zona di combattimento rappresenta un’attenuante per diminuire le pene dei militari. I conflitti hanno, inoltre, rafforzato i ruoli di genere più conservatori, favorendo il ritorno a retrivi modelli patriarcali.

Risulta difficile non cadere in banalità e luoghi comuni quando si parla di violenza di genere dicendo che “resta ancora tanto da fare” o che “la violenza è un’emergenza”. È necessario, però, ribadire l’importanza di un quadro normativo volto a proteggere le donne e a prevenire le violenze. Di pari passo deve avvenire la mobilitazione delle persone e lo stimolo di un dibattito pubblico a cui partecipino e le autorità e la società civile. I passi avanti che mancano e che devono compiersi al fine di sradicare un problema sistematico come questo includono i meccanismi di supporto chiari e semplici invocati dalla first lady, quali finanziamenti statali per case di accoglienza, il supporto di esperti e campagne di sensibilizzazione e formazione per tutti.

Foto: shutterstock

Chi è Lilly Marciante

Nata nella costa sud-occidentale siciliana. Dopo gli studi linguistici mi sono concentrata sull' area post-Sovietica. Attualmente frequento il secondo anno di magistrale MIREES presso l'Università di Bologna. Collaboro con East Journal da inizio 2020 occupandomi di Europa Orientale.

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