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UCRAINA: L’ambiente non è una priorità

Da KIEV – In Ucraina si tende a lasciare in un angolo la questione relativa all’ambiente, la quale richiederebbe, invece, altrettanta considerazione sia da parte della classe politica che della società. Diversi pericoli ecologici, pronti a trasformarsi in vere e proprie catastrofi, minacciano l’intero paese, dal bacino del Donbas alle steppe del fiume Dnipro, e fino alle foreste della catena montuosa dei Carpazi.

L’inquinamento di terra, acqua e aria

Da mesi Kiev è immersa nella foschia, spesso è un banco di nebbia unico. Rare sono le giornate limpide, ancor più rara la neve, che quest’anno sembra essersi presa un anno sabbatico. Ma quella cappa che ricopre la città non è nebbia o una grossa nuvola passeggera. È smog. L’aria è quasi irrespirabile, tanto che alcuni esperti negli ultimi mesi hanno paragonato la capitale ucraina a Pechino, una delle città più inquinate al mondo. Eppure i cittadini non sembrano curarsi troppo dell’allarme inquinamento, né accorgersi dei danni che esso può causare, soprattutto alla salute. L’ecologia e l’ambiente non sono questioni urgenti, di vita o di morte, per una popolazione il cui primo pensiero è porre fine al conflitto armato nei territori a est del paese. I cambiamenti climatici sono reali, come lo sono i problemi che provocano ma, nonostante diversi appelli, la vita prosegue.

All’inquinamento dell’aria, elevato a Kiev ma anche in altre città industriali del paese, si aggiunge quello del suolo e delle acque. Una contaminazione che raggiunge il suo picco nei territori orientali, dove da sei anni il conflitto provoca migliaia di morti e danni ecologici sottovalutati. La guerra ha ormai, senza eccezioni, danneggiato tutti i componenti ambientali: l’aria, il suolo e l’acqua sono inquinati, le grandi aree sono deteriorate e la vegetazione viene distrutta, anche nelle riserve naturali.

Il bacino del Donbas è in pericolo

Dal 2014 al 2017 l’OSCE ha registrato oltre 500 casi di violazioni ed emergenze, alcune delle quali particolarmente rilevanti e pericolose per le persone e l’ambiente. Durante i combattimenti numerose infrastrutture sono state ripetutamente danneggiate, il che ha portato all’arresto dei sistemi di drenaggio dell’acqua delle miniere e, in alcuni casi, al completo allagamento delle stesse.

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Nella regione del Donbas, un altro grande danno alla natura è dato dagli incendi. Si verificano principalmente a causa dell’uso di munizioni incendiarie, utilizzate da entrambe le parti in conflitto per innescare incendi tattici che impediscono al nemico di avanzare; sono difficili da spegnere in quanto mancano adeguate attrezzature antincendio. “Solo nei primi quattro mesi di guerra, il 20% del territorio occupato è stato bruciato”, afferma Kateryna Norenko, analista dell’organizzazione per la tutela dell’ambiente Ekolohija-Pravo-Ljudyna. Gli incendi continuano a distruggere interi ettari di steppe naturali e di antiche pinete difficili da ripristinare; il fuoco si porta via interi territori della riserva naturale locale, comprese piante considerate in pericolo d’estinzione.

Tutte le sostanze pericolose presenti nel suolo e nel sottosuolo hanno finito per spargersi e diffondersi a causa di esplosioni di razzi e mine. L’uso del famoso lanciarazzi d’artiglieria Grad (noto anche come BM-21) libera nell’aria almeno mezzo chilo di zolfo ad ogni esplosione. Oltre allo zolfo, i razzi contengono altri composti chimici e metalli pesanti come piombo, cadmio, nichel, zinco, titanio, stronzio, cobalto e persino ittrio. Tutte sostanze pericolosissime che possono causare malattie, talvolta fatali, all’uomo. Come sottolinea l’attivista Norenko, “fino a quando il bombardamento non avrà fine, la contaminazione non cesserà”.

La deforestazione illegale

Spostandosi all’estremo opposto del paese, lungo le regioni che abbracciano la catena montuosa dei Carpazi, riscontriamo un ulteriore problema per l’ambiente: la deforestazione illegale. Negli ultimi anni l’area delle foreste carpatiche è diminuita in modo significativo, andando addirittura a disboscare senza pietà le foreste della Bucovina ucraina, appartenenti al patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Per prevenire la deforestazione illegale nei Carpazi, nel 2015, il parlamento ucraino ha imposto una moratoria sulle esportazioni di legname non trattato nell’Unione europea. Tuttavia, ciò non ha impedito ai bracconieri di continuare la loro attività illecita. Secondo uno studio di Earthsight, un’organizzazione non-governativa britannica che da qualche anno indaga sulla corruzione nel settore del legname in Ucraina, il paese di Volodymyr Zelensky è ancora oggi (insieme alla Romania) il maggiore fornitore di legname “illegale” nell’UE. Sempre analizzando i dati raccolti, si nota che nel 2017 le importazioni europee di legname dall’Ucraina hanno superato il miliardo di dollari, e almeno il 40% è avvenuto “sottobanco”.

Rifiuti e raccolta differenziata

Il problema dei rifiuti in Ucraina è diventato particolarmente noto al grande pubblico tre anni fa, in seguito allo scandalo provocato dall’incendio nella discarica di Griboviči vicino a Leopoli. L’incidente, oltre a provocare la morte di quattro persone e a sommergere la città di spazzatura, ha avuto risvolti politici: il sindaco di Leopoli, Andriy Sadovyj, ha accusato il governo centrale, guidato allora dal presidente Petro Porošenko e dal premier Volodymyr Groysman, di organizzare un blocco dei rifiuti al fine di fargli pressioni politiche.

L’origine dei problemi che coinvolgono l’intero paese è di natura complessa, ma indubbiamente include il basso livello di consapevolezza e sensibilizzazione ambientale – sia dei cittadini che dei funzionari -, la mancanza di strutture per la raccolta differenziata, l’inefficienza del controllo ambientale da parte dello stato e le basse (o inesistenti) sanzioni per le violazioni della legislazione sull’ambiente vigente. Ed è proprio l’assenza di una legge valida ed efficace a farsi sentire. Gli ambientalisti hanno, infatti, notato che i progressi nel campo della riforma della gestione dei rifiuti sono stati minimi negli ultimi cinque anni.

Quale futuro?

Secondo le previsioni più pessimistiche degli specialisti, entro venti anni la steppa raggiungerà Kiev, tra cinquanta le acque del Dnipro saranno dimezzate e in un secolo l’Ucraina sarà priva di foreste. Previsioni che potrebbero rivelarsi alquanto azzeccate se contestualizzate nell’attuale crisi climatica del pianeta.

Nel suo programma per la corsa alle presidenziali, Volodymyr Zelensky ha incluso un accenno alle questioni ecologiche, promettendo di agire e di prendere provvedimenti concreti per risolverle o, quantomeno, migliorarle seguendo l’esempio europeo. La situazione, però, non sembra aver fatto grandi passi in avanti finora e il tema dell’ambiente rimane tuttora da sbrogliare.

Immagine: ecoportal

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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