CULTURA: Il cinema romeno degli anni ’90. Radiografia di (molte) crisi

Il cinema romeno è passato in pochi anni dall’oscurità più totale a fenomeno miracoloso del panorama europeo. Se all’inizio degli anni duemila nessuno ne aveva sentito parlare, ora alcuni registi, come Cristi Puiu, Cristian Mungiu, Radu Muntean e altri ancora, sono tra i più attesi ai festival internazionali. La generazione del Noul Val, la New Wave (per quanto non tutti si riconoscano in tale inquadramento), non è però nata dal nulla. Apprezzati per il modo realistico di rappresentare la realtà, una visione ironica sul periodo comunista o sulla transizione post-rivoluzionaria, i film degli anni duemila hanno degli antecedenti che vale la pena ricordare e riguardare. EastJournal ne racconta in due articoli: di seguito la prima parte.

Dal regime alla libertà

Ad affermarsi nel panorama cinematografico degli anni Novanta non fu una “generazione spontanea”, ma furono perlopiù registi già conosciuti e amati dal pubblico; Lucian Pintilie, che con Reconstituirea (‘La ricostruzione’/‘Il sopralluogo’, 1969) riuscì, in un epoca di disgelo, a fare breccia nella censura e a proporre un invito alla presa di coscienza degli spettatori contro le mistificazioni del regime e Mircea Daneliuc, il “ribelle con una causa” degli anni ’80, che grazie alla capacità di passare dalla realtà all’allegoria ha fornito, non senza gli immancabili problemi con la censura, un’immagine realistica della società romena, in un momento in cui tutto il resto era propaganda. Esordisce invece in questi anni con il primo lungometraggio Nae Caranfil, forse il più apprezzato dal grande pubblico per le sue commedie dal tono leggero, che non mancano però di risvolti drammatici.

Non c’è da stupirsi che dopo anni di proibizioni e scelte forzate, riacquisita la libertà, questi artisti creino delle opere che possono facilmente essere lette come atto di ribellione nei confronti del passato: sia a livello cinematografico sia nei confronti di una società “letargica” e disfunzionale, pre o post-rivoluzionaria che fosse. Era arrivata l’ora di dipingere la miseria umana in tutte le sue sfumature, con una profondità prima inimmaginabile: un atto di accusa e un’operazione etica al tempo stesso.

Umorismo nero e tragicommedia quotidiana

Le scelte artistiche di questa generazione non sono omogenee o ascrivibili a una tendenza generale. C’è tuttavia una fonte comune a cui ognuno attinge a modo suo: un umorismo nero che sembra connaturato alla psiche romena e che sulla scia dei drammaturghi Ion Luca Caragiale ed Eugen Ionesco trova fissa dimora anche nel cinema. Se i registi della New Wave lo declinano verso una distaccata ironia, i loro predecessori preferirono l’assurdo e una distintiva vena cinica. Opposte al minimalismo che verrà, le loro opere mettono in atto teatralità e gesti esagerati, metafore, allegorie, intrecci di più fili narrativi, con scene a volte surreali, altre grottesche, altre ancora realistiche fino all’assurdo.

La prima opera post-rivoluzionaria di Pintilie, dopo quasi un ventennio di assenza dal mondo delle arti, Balanța (‘La bilancia’, 1992), definita dai critici occidentali “un’apocalisse secondo i Balcani”, è una tragicommedia densa e surreale, oscillante tra materialità e metafisico. La protagonista, Nela, viaggia con le ceneri del padre, ex colonnello comunista, attraverso una realtà insensata; arrivata in un ospedale di provincia incontra Mitica, unico alleato in un mondo che dell’assurdo sembra aver fatto la regola. Diverso nel tono, È pericoloso sporgersi (1993, il titolo italiano riprende l’avvertimento presente sui finestrini dei treni a circolazione europea) di Caranfil è un altro affresco del mondo totalitario poco prima del declino: una commedia, canzonatoria e nostalgica, sui sogni di evasione da una realtà provinciale soffocante, che ha per protagonisti, incastrati in un triangolo amoroso, una studentessa, un attore e un giovane soldato. Senatorul melcilor (‘Il senatore delle lumache’, 1995) di Mircea Daneliuc affronta, tra realtà e allegoria, con sarcasmo tipicamente romeno il lascito rivoluzionario: il palese gattopardismo della classe politica, i problemi etnici e le perversioni di una società in cui sono esplosi gli squilibri, confusa e senza traiettoria. Alle porte del nuovo millennio, invece, esce Terminus Paradis (‘Capolinea Paradiso’, 1998) di Pintilie: la storia di un amore folle sullo sfondo di una Romania in fin di vita, con tutte le sue escrescenze. Un’ipostasi della “farsa tragica” ionesciana, giocata su un doppio piano di riferimenti biblici.

Verso i successi di Cannes

Forse quanto venuto prima del miracolo è troppo poco per fare una “tradizione cinematografica”, da cui sarebbe poi scaturita la New Wave. Rappresenta però un antecedente, un’aria comune di ricerca della verità o, se si vuole, un credo condiviso nella forza dell’arte cinematografica di rappresentare la (una) realtà e di indagarla fino in fondo. Figlia e corrispettivo artistico di una difficile transizione, è una fase che dimostra che i miracoli, come i premi, non nascono dal nulla.

Foto: mk2films.com

Chi è Andreea David

Nata in Romania nel 1995, attualmente studia Filologia moderna presso l'Università degli studi di Padova. Un po' romena un po' italiana, cerca il suo posto nel mondo scrivendo su East Journal di cultura e amenità.

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