UNIONE EUROPEA: Il dominio tedesco e l’opposizione inglese. Dio salvi la Gran Bretagna

Questo articolo, che esprime le opinioni dell’autore e non della testata, si pone in ideale polemica con il precedente di Matteo Zola nell’ottica di offrire il più ampio ventaglio di punti di vista possibile, come sempre East Journal tenta di fare.

di Kaspar Hauser

L’accordo per la recessione europea

Dio salvi la regina e benedica il suo primo ministro. Per chi ancora non è suddito di Elisabetta, vale la pena affrettarsi. L’Unione Europea corre veloce verso la germanizzazione e per quelli che tedeschi non sono, ci vuole una bella pacca sulla spalla come quella che Cameron ha dato a un sempre vanesio Sarkozy. E tanta fortuna. Quello che esce da Bruxelles non è un Trattato per la nuova Europa, più unita, più politica, più forte. E’ solo un patto fiscale che stringe il controllo sulle manovre di bilancio nazionali. Questo comporterà austerity contemporanee in tutti i paesi, ponendo le premesse per una depressione su scala continentale. Inoltre vengono nuovamente accantonati gli Eurobond – invisi alla Germania – a favore del potenziamento del Meccanismo di stabilità europeo (Esm) il quale, però, non sarà collegato alla Bce facendo della banca centrale europea un re senza terra – come Germania desiderava.

 La nascita dell’Europa Tedesca

L’accordo del 9 dicembre, il fiscal compact, manca inoltre di qualsiasi misura per la crescita. Una follia. Ora i mercati esultano ma fra due mesi saremo daccapo.Perché mai bisognerebbe mandare in recessione l’intero continente? Perché c’è un paese che in recessione non ci andrebbe: la Germania, partner commerciale di Russia (da cui importa energia) e Cina (in cui esporta tecnologia). Il resto d’Europa non ha scelta, l’economia continentale è l’economia tedesca. Il debito estero dei paesi maggiormente in crisi è in buona parte detenuto dalla Germania che, soavemente, ricatta e distrugge potenziali economie concorrenti nel vecchio continente. La Francia è troppo interconnessa agli interessi tedeschi per fare qualcosa. Ammesso che qualcosa lo voglia fare, il che pare dubbio.

Quello di Bruxelles è davvero un’accordo per la nuova Europa, un’Europa tedesca.

La memoria lunga degli inglesi

E’ normale che in questo contesto la Gran Bretagna abbia detto “no” avvertendo gli altri: “quando tutto sarà finito, ci saremo noi a guidare il dopo”. E la regina Elisabetta, che tra i suoi premier ha avuto Winston Churchill, sa bene cosa vuol dire una Germania potente. E lo ha spiegato al giovane e poco brillante David Cameron.

L’orto di casa tedesco: la Croazia

Ora l’Europa tedesca dirà a noi, che stiamo da questa parte del fronte, che la Gran Bretagna è isolata e che l’Unione riprenderà la sua corsa. Verso dove? Certo non verso una maggiore democraticità. L’ingresso della Croazia non deve illudere: Zagabria sta in provincia di Berlino, la Germania è la madrina dell’indipendenza croata, è orto di casa tedesco quello. La Serbia no, infatti è stata messa di nuovo alla porta.

La Gran Bretagna, sulla sua isola, con il suo mercato legato al Commonwealth, con la sua sterlina pronta a essere svalutata quanto necessario sa resistere e colpire con scaltrezza.

Due schieramenti, due destini

Anche supponendo che alla fine l’Europa Tedesca vinca la partita, quali saranno i destini del vecchio continente? Per chi auspicava un’Unione Europa democratica e solidale, unita politicamente in senso federale, sarà un brutto risveglio:  Germania e Francia, unite da tempo in molteplici campi, rafforzeranno la loro “unione” dominando il vecchio continente garantendogli l’indipendenza strategica, questo sì, ma limitando la sovranità degli stati “membri”. Per farlo avranno bisogno della partnership con la Russia che – a ben vedere –  è in avanzata fase di costruzione.

Dunque gli schieramenti sono chiari: di qua la Germania, la Francia, gli alleati e i vassalli europei, e la Russia. Di là Gran Bretagna, con Canada e India, e Stati Uniti (Washington ha già vietato l’acquisto di titoli di stato europei). Se vincono i primi, l’Europa sarà indipendente e un po’ russofila, poco equa e meno democratica, con un’Unione Europea quale strumento di governo franco-tedesco. Se vincono i secondi l’Unione Europea va a pezzi. E poi chissà. Chi rompe paga, si dice, e i cocci sono i suoi.

Chi è redazione

East Journal nasce il 15 marzo 2010, dal 2011 è testata registrata. La redazione è composta da giovani ricercatori e giornalisti, coadiuvati da reporter d'esperienza, storici e accademici. Gli articoli a firma di "redazione" sono pubblicati e curati dalla redazione, scritti a più mani o da collaboratori esterni (in tal caso il nome dell'autore è indicato nel corpo del testo), oppure da autori che hanno scelto l'anonimato.

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4 commenti

  1. Generalistico e superficiale dire che la Croazia è entrata solo perchè è “l’orto” della germania. Ci sono anche anni di sacrifici e di compromessi. Secondo lei, la Serbia, doveva essere ammessa senza problemi nel contesto europeo? Ma ci siamo dimentcati cosa ha fatto la Serbia e cosa non vuole fare per garantire quesi parametri di sicurezza e trasparenza richiesti? E il presidente serbo è il primo attore della farsa in salsa balcanica in cui loro sono sempre e solo le vittime.
    Chi scrive sta osservando la situazione dall’interno. Vivo in Croazia e sono anche informato sull’intricata situazione serba (Kosovo e territori serbi in Bosnia).
    Quindi anche loro devono aspettare…..e poi, non dimentichiamo che la Serbia ha anche tanti amici potenti tra gli stati più influenti d’Europa. E lei certamente lo sa!!!!
    Il mio intervento si pone come parte di quel ventaglio di punti di vista……

  2. claudio vito buttazzo

    Io non vedo molte differenze se vincono gli uni o gli altri. Sempre di imperialisti si tratta. Ormai siamo entrati nella fase calda della competizione intercapitalistica. I vari blocchi si assettano. Restano alcune variabili da sistemare. Dopodicchè si andrà al braccio di ferro, alla guerra e alla catastrofe. Come è sempre stato. A me, che sono comunista, interessa il dopo.

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