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SERBIA: Il premier Dačić accostato alla criminalità organizzata

Mentre nei giorni scorsi s’è fatto un gran parlare dello scherzo stile candid camera ai danni del primo ministro serbo Ivica Dačić, con la complicità di un’intervistatrice priva degli indumenti intimi, notizia prontamente ripresa dai media serbi e rapidamente rimbalzata anche su quelli stranieri, Italia inclusa, ben altri problemi si profilano all’orizzonte.

Infatti, come riporta B92, secondo il giornale “Informer” il premier avrebbe avuto nel 2008 (all’epoca era Ministro degli Interni e vice primo ministro, in coalizione con i DS ovvero il Partito Democratico) degli incontri con un certo Rodoljub Radulović, detto Miša Banana, un esponente di un clan della criminalità organizzata al cui vertice vi sarebbe Darko Šarić. Non si sono fatte attendere le reazioni dei membri della coalizione di governo, come ad esempio il Ministro delle Finanze e dell’Economia, Mlađan Dinkić. Quest’ultimo ha affermato che “simili dicerie non sono buone e quelle cose si devono risolvere.” L’opposizione chiede le dimissioni del Premier (i DSS, il partito del conservatore Vojislav Koštunica) e nuove elezioni politiche (i DS, guidati da Dragan Đilas, sindaco di Belgrado).

Le reazioni del premier

Il primo ministro Dačić, secondo RTS (la “RAI” serba), si sarebbe lamentato del fatto che gli organi di polizia non avrebbero svolto correttamente il loro lavoro, perché “il compito della polizia e dei servizi di sicurezza è di difendere i funzionari di stato da incontri con personalità dubbiose.” Inoltre, secondo Dačić, “tutta la città conosceva quel Miša Banana come un uomo d’affari. Molti businessman, giornalisti, e pure politici si sono incontrati con lui. Cosa significa questo ora, che tutti loro sono dei mafiosi?”

Sabato 2 febbraio 2013, nella sede del Partito Socialista Serbo, la Presidenza s’è riunita ed ha convocato una conferenza stampa straordinaria. Dačić avrebbe affermato che “non vi sono ragioni per le elezioni anticipate perché il governo è stabile e unito nella realizzazione dei propri obiettivi.” Inoltre “tutto ciò che è successo negli ultimi tempi è stato un tentativo di discreditare il governo. Questi attacchi sono stati un tentativo di distruggere la sua credibilità, ma non ci sono riusciti.” Il premier afferma:“sono convinto che questo governo sia il miglior governo nella storia politica contemporanea” ed è pronto a sostenere tutte le proprie responsabilità.

Quanto di buono è stato fatto

Secondo Dačić, gli attacchi alla sua persona avvengo proprio mentre prosegue l’impegno del governo per stabilire la data “per l’inizio dei negoziati con l’Unione Europea,” mentre continuano gli sforzi per “una soluzione di compromesso sulla questione del Kosovo” e continua la “lotta contro la corruzione ed i criminali.” Uno dei grandi meriti dell’attuale governo, secondo il premier è la rinnovata credibilità del paese nel mondo:

Questo ve lo garantisco. Abbiamo fatto tornare il rispetto della Serbia nel mondo, e così abbiamo più opportunità per difenderla i maggiori opportunità di investimento. Nella sfera economica abbiamo evitato un’ulteriore corsa e caduta dell’economia, abbiamo bloccato la crescita della disoccupazione, il dinaro è stabile, il deficit di bilancio s’è dimezzato…”

Dopo aver difeso l’operato del suo governo, Dačić ha parlato in merito alle accuse di essersi incontrato con Miša Banana. Mostrando ai giornalisti il Libro bianco del crimine organizzato in Serbia, redatto nel dicembre 2008 dalla Polizia criminale, ha dimostrato che il nome di Rodoljub Radulović non compare tra i 29 nomi degli appartenenti al clan di Šarić. Quest’ultimo, secondo Dačić, sarebbe stato processato proprio durante il periodo del suo mandato, aggiungendo infine che “tutti i colpevoli andranno in prigione, e forse anche coloro che desiderano tramite questa campagna  terminare la lotta contro i criminali e la corruzione.” In altri termini, sebbene Dačić ammetta di essersi incontrato più volte con Miša Banana, non sapeva chi realmente fosse.

Strano tempismo

Casualmente, proprio quando il governo cerca “un compromesso onorevole” sul Kosovo, e il premier afferma che “in Kosovo è necessaria una vittoria” perché di “sconfitte gloriose” non c’è più bisogno (richiamandosi al mito serbo della battaglia nella Piana dei Merli, persa dai cristiani e dunque dai serbi, nel 1389) sopraggiungono queste pesanti accuse al primo ministro. Lo scorso 21 gennaio Dačić ha ribadito l’intenzione di portare avanti, in parallelo, la difesa degli interessi nazionali ovvero la questione del Kosovo e l’avvicinamento della Serbia all’UE. Ha parlato di situazioni concrete, ha rassicurato i serbi del Kosovo, che, ad esempio, non dovranno pagare i dazi a Priština bensì pagheranno l’Iva e le accise, il cui ricavato andrà a costituire un fondo speciale per lo sviluppo del nord della provincia (ovvero l’area abitata in prevalenza da serbi). Il paradosso è che mentre Ivica Dačić parla di questioni pratiche, come ad esempio l’Iva e le accise, parla di Europa come interesse della Serbia, viene attaccato a suon di (presunte) giornaliste prive di mutande e di filmati della polizia (risalenti al 2008) che proverebbero dei presunti contatti con un uomo legato ad un narcotrafficante. Addirittura viene considerato, da una parte dell’opinione pubblica kosovaro-albanese, un novello Milošević.

Per ironia della sorte, quando Slobodan Milošević, quello vero (peraltro predecessore di Dačić al vertice dell’SPS), nel giugno del 1989, nella Piana dei merli, durante le celebrazioni del seicentesimo anniversario della omonima battaglia, nel minacciare (non troppo velatamente) eventuali ritorsioni armate, se mai fosse stato necessario, contro gli irredentisti albanesi della provincia, veniva osannato da folle oceaniche di serbi provenienti da tutto il mondo. Insomma, le “facili promesse,” in politica, le scelte politiche demagogiche, sebbene vengano successivamente pagate a caro prezzo, nell’immediato riescono ad accarezzare e risvegliare l’entusiasmo delle masse. Del resto, anche in Italia, in questa patetica campagna elettorale zeppa di “facili promesse”, gli esempi demagogici non mancano.

Chi è Christian Costamagna

Christian Costamagna, classe 1979, ha insegnato presso l'Università del Piemonte orientale nell'anno accademico 2014-2015 (corso di Storia contemporanea e dell’Europa Orientale) dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze Storiche. Nella tesi di dottorato si è occupato dell’ascesa al potere di Slobodan Milosevic nella seconda metà degli anni ’80. Ha svolto ricerche d’archivio a Belgrado e Lubiana. I suoi articoli sono apparsi su East Journal, Geopolitical Review. Geopolitica – Rivista dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, Mente Politica, European Western Balkans, e sul “LSE blog about South Eastern Europe”. Costamagna è consulting analyst per Wikistrat.

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