LETTONIA: I cento anni del Brāļu kapi, il cimitero monumentale di Riga

Era il 28 ottobre 1915. Dal palazzo della Rīgas Latviešu biedrība, nell’attuale Merķeļa iela, si era messo in marcia un lunghissimo corteo in lutto. Tre bare venivano trasportate lungo il tragitto che passava da Aleksandra iela (oggi (Brīvības iela) per poi attraversare Miera iela, fino a raggiungere il grande parco dove il comune di Riga aveva deciso di creare, accanto al grande cimitero della città il Meža kapi, un altro cimitero che era destinato ad ospitare i soldati, vittime della I guerra mondiale, che proprio in Lettonia aveva uno dei suoi fronti più sanguinosi.

Jēkabs Voldemārs Timma, Andrejs Stūris e Jānis Gavenas erano i nomi dei primi tre fucilieri lettoni, di stanza al primo battaglione nazionale lettone di Daugavgrīva, che caddero sui campi paludosi di Tīreļpurvs, uno dei luoghi dove gli scontri fra l’esercito tedesco e le forze dell’impero russo, di cui facevano parte anche i lettoni, furono più aspri nell’autunno del 1915.

Il corteo era immenso. Migliaia di cittadini di Riga, insieme a tanti altri lettoni, profughi che si trovavano in città provenienti soprattutto dal Kurzeme già in mano ai tedeschi, seguivano le tre bare, su cui una volta giunte al Brāļu kapi, furono poste tre corone di fiori bianchi. Il discorso di commiato fu tenuto dal comandante del battaglione, il capitano Rūdolfs Bangerskis, che dopo essere fuggito in esilio durante il periodo sovietico, trovò anch’egli sepoltura qui, nel 1995 nella Lettonia di nuovo indipendente.

Non c’è forse un altro luogo a Riga e nel resto della Lettonia più simbolico del Brāļu kapi (letteralmente il cimitero dei fratelli) per raccontare la storia della lotta per l’indipendenza e la libertà del popolo lettone.
Già nel 1914 il comune di Riga iniziò a pensare ad aprire un cimitero per i soldati caduti al fronte, ma la vera data di nascita del Brāļu kapi simbolicamente è quella del 28 ottobre del 2015, quando furono appunto seppelliti Timma, Stūris e Gavenas.

Dopo i primi tre caduti, furono molti altri, a migliaia, i soldati lettoni vittime della I guerra mondiale. Se paragonata al numero di abitanti, quasi nessun altro paese europeo ha sofferto tante vittime e tanti esuli durante la I guerra mondiale come la Lettonia. Solo dal 1915 al 1917 nei pressi di Riga furono circa cinquemila i fucilieri lettoni caduti sui campi di battaglia intorno alla città, anche se solo un migliaio di questi trovò sepoltura in questo cimitero.

Ben presto fu necessario ampliare il Brāļu kapi. Nel 1919 durante i primi convulsi mesi dopo la dichiarazione d’indipendenza, vennero sepolti nel cimitero dei fratelli anche alcuni bolscevichi e seguaci del governo comunista di Stučka, che contro il governo di Kārlis Ulmanis nato subito dopo dichiarazione di indipendenza, cercava di riportare la Lettonia nell’alveo della Russia sovietica.

Quando alla fine del 1919 la Lettonia conquistò definitivamente la propria libertà sia dalle forze tedesche che da quelle sostenute dai russi sovietici, con la liberazione dall’assedio di Riga, si cominciò a pensare a far diventare il Brāļu kapi un cimitero monumentale, che onorasse davvero i caduti lettoni per la libertà del paese.
Per questo fu lanciato nel 1922 un concorso pubblico per una costruzione architettonica che si sviluppasse nel panorama del cimitero. Al concorso fu invitato a partecipare anche l’architetto Kārlis Zāle, che si trovava a Riga per partecipare già al concorso per la costruzione del Monumento alla libertà nel centro della capitale. Zāle vinse entrambi i concorsi.

Il 18 novembre 1924, festa d’indipendenza, alla presenza del presidente Jānis Čakste e di tutte le maggiori autorità del paese, veniva posata la prima pietra del complesso monumentale ideato da Kārlis Zāle.
I lavori andarono avanti dal 1924 al 1936, fermandosi solo in inverno nei periodi più freddi. Fu deciso che i materiali in pietra utilizzati per le strutture architettoniche e le statue dovessero provenire esclusivamente dal suolo lettone. Zāle voleva utilizzare solo granito grigio, ma fu chiaro presto che non sarebbe stato sufficiente tutto il granito a disposizione per ogni muro e ogni statua. Per questo si decise di utilizzare anche il travertino di Allaži.

L’11 novembre del 1936, anniversario della liberazione dall’assedio di Riga del 1919, l’arcivescovo Teodors Grīnbergs consacrava con la sua benedizione il Brāļu kapi. Ma solo quattro anni dopo la Lettonia perdeva di nuovo la sua indipendenza. Prima l’invasione dell’Urss, poi quello della Germania nazista, poi di nuovo l’occupazione dell’Armata Rossa e l’inizio della lunga dittatura sovietica nei paesi baltici.
Il Brāļu kapi visse decenni di abbandono e di decadenza, per poi tornare ad acquistare il suo ruolo di simbolo della lotta per la libertà e l’indipendenza della Lettonia dopo la liberazione dal gioco sovietico nel 1991.

Chi è Paolo Pantaleo

Giornalista e traduttore, Firenze-Riga. Jau rīt es aiziešu vārdos kā mežā iet mežabrāļi

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