GRECIA: Con la crisi le famiglie han perso 170 miliardi. Mentre quelle tedesche guadagnano

Secondo uno studio condotto dal Gruppo Julius Baer, dall’inizio della crisi le famiglie greche hanno perso circa 170 miliardi di euro (-23%), mentre quelle tedesche hanno accresciuto il loro patrimonio del 18%. Dati che fotografano un’Europa sempre più divisa tra ricchi e poveri, anche grazie alle politiche di austerità.

da ROMA – L’argomento purtroppo è sempre lo stesso: la crisi. E il paese maggiormente colpito anche: la Grecia. Un nuovo studio condotto dal Gruppo Julius Baer, una banca privata elvetica, e riportato dal sito web GreekReporter, mostra, infatti, come le famiglie greche abbiano perso, in questi anni di vacche magre, ben 170 miliardi di euro netti.

La ricerca è stata compiuta su tutta la popolazione europea, prima compilando le liste delle attività finanziarie e delle proprietà di tutte le famiglie europee, quindi sottraendone  i debiti e arrivando così ad una stima finale delle loro ricchezze; l’analisi mostra come le disuguaglianze, all’interno dell’UE, siano aumentate, invece di diminuire, come avrebbe dovuto accadere se il mantra di questi sette anni di congiuntura economica – “la crisi colpisce tutti indistintamente” – avesse avuto solide basi, oltre a quelle della semplice propaganda: infatti, paradossalmente, la ricchezza privata dei cittadini europei è aumentata del 17% rispetto all’anno precedente, ma solo perché i tedeschi sono diventati più “ricchi” di due miliardi di euro (+18%), mentre il patrimonio complessivo di tutte le imprese elvetiche è cresciuto di un miliardo. Viceversa, oltre alla Grecia – che ha visto erodere il suo patrimonio privato del 23% – anche la Spagna ha vissuto un sostanzioso impoverimento, segnando un – 28% rispetto ai livelli pre-crisi. Un po’ meglio – o meno peggio – è andata al nostro paese: in Italia, infatti, la ricchezza dei risparmiatori è scesa complessivamente del 7%, passando da 8.900 a 8.300 miliardi di euro (-622 miliardi). Anche il Regno Unito ha visto diminuire la propria ricchezza del 2,1%, mentre in Francia questa è sostanzialmente rimasta invariata, segnando anzi un leggero aumento (+ 0,2%). Le disuguaglianze non sono soltanto tra paese e paese, ma soprattutto tra classi sociali differenti: il medesimo studio rileva come più della metà della ricchezza del Vecchio Continente sia detenuta da meno del 10% degli europei e come l’1% abbia in mano addirittura il 27% del totale. Il grosso della concentrazione di ricchezza appartiene a Germania e Austria, dove l’1% dei super-ricchi possiede rispettivamente il 35% e il 40% della ricchezza totale, contro il 21% dell’Italia e il 15% di Gran Bretagna, Grecia e Olanda.

I dati fotografano una realtà ben nota a tutte le famiglie europee: i paesi del Mediterraneo sono quelli in cui la ricchezza è maggiormente scesa, mentre in quelli del nord Europa l’austerity, imposta soprattutto agli stati membri più deboli, ha giovato alle loro economie, acquisendo così sempre più potere all’interno del Consiglio europeo, tanto da poter tranquillamente sgridare i paesi in difficoltà quando non rispettano le direttive imposte e, allo stesso tempo, ignorare le richieste del Fondo monetario internazionale (Fmi), della Commissione europea e di economisti critici, di importare di più per sostenere i più deboli in Europa. È notizia di pochi giorni fa, infatti, che le importazioni, in Germania, sono decisamente  diminuite – meno 1,8% – a fronte di un export tedesco che ha raggiunto e di poco superato il valore simbolico, soglia psicologica, di 100 miliardi di euro in un solo mese, a luglio. I proventi dell’export, per l’esattezza, sono cresciuti dell’8,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

I numeri sono impressionanti e, spesso, offrono una visione più chiara della situazione, ma non stupiscono. Stupisce, invece, la speranza di molti leader europei che siano gli stessi paesi ricchi – Germania, Finlandia, etc. – a scegliere una politica diversa, più attenta al generale che al particolare: perché mai, infatti, i tedeschi dovrebbero cambiare rotta, quando questa politica sta loro fruttando ricchezze e vantaggi? Perché questo accada, sarà necessario che l’attuale indirizzo economico europeo cominci ad essere poco vantaggioso per gli stessi paesi del nord Europa. Ma ci vorrà molto tempo e non è nemmeno detto che ciò avvenga. Per il momento, quindi, l’austerity conviene e continuerà ad essere portata avanti dalla Germania. Con buona pace dei colleghi europei.

 

Chi è Flavio Boffi

27 anni, dottorando in Studi Politici a La Sapienza, laureato in Relazioni Internazionali all'Università degli Studi Roma Tre. Collaboro con East Journal da giugno 2014, dopo aver già scritto per The Post Internazionale e Limes.

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