ECONOMIA: Germania in stagnazione, Francia in recessione. La crisi arriva nel cuore d'Europa

Quando si dice mal comune mezzo gaudio, non si dice sempre il vero. Poiché ben poco c’è da gioire nell’apprendere che il Pil di Francia e Germania, nel primo trimestre 2013, è a livelli di crescita nulli. In Germania la crescita è dello 0,1%, inferiore alle attese (si pensava a uno 0,3%): si tratta comunque di dati poco confortanti per la “locomotiva d’Europa” che già nell’ultimo trimestre 2012 aveva segnato appena uno 0,7% di crescita. E’ dal 2009, anno d’inizio della crisi, che l’economia tedesca non marcia così male. Certo, Berlino ha le spalle coperte: un solido sistema finanziario, una solida economia, una disoccupazione relativamente bassa la mettono al riparo dal rischio recessione (si parla di recessione dopo due trimestri con il segno meno) ma non da quello stagnazione.

Se Atene piange, Sparta non ride: la Francia si è svegliata stamane in recessione in calo dello 0,2%: l’ingresso in recessione della Francia “non è una sorpresa” secondo il ministro dell’Economia francese Pierre Moscovici. Come non è una sorpresa il settimo trimestre di recessione dell’Italia.

La crisi è dunque arrivata anche a Parigi e Berlino, e fose questo convincerà i due paesi a cercare soluzioni condivise per uscire dalla crisi, magari modificando i trattati europei. La crisi in corso è ormai tutta europea: negli Stati Uniti la ripresa prosegue e persino la Gran Bretagna è in crescita malgrado i tremendi tagli al welfare state degli ultimi mesi: la disoccupazione è in calo e la fine del tunnel non sembra lontana. Un segnale per l’eurocrazia franco-tedesca? Forse è giunto il tempo di cambiare passo? In Grecia l’agenzia britannica Fitch vede segni di ripresa e modifica il rating al rialzo: da tripla C a B meno. Magra consolazione per un paese distrutto dalle misure di austerità che, a ben vedere, stanno facendo male anche al resto d’Europa.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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Un commento

  1. La “grande ripresa” americana è drogata dai giganteschi incentivi pubblici messi in campo da Obama.
    Il Debito Pubblico Federale americano ammonta al 107,09% del PIL, non tanto lontano dall’attuale 120% italiano.
    Il deficit/PIL americano viaggi attorno al 6,5%, un valore in miglioramento rispetto al 9% del dopo crisi 2008 ma comunque sempre a livello di Grecia e Portogallo. Anche l’Inghilterra non è messa cosi bene, non credo che a Londra si veda davvero la fine del tunnel. I messi peggio siamo noi, ma ci salviamo con alcuni punti di forza non da poco, primo il fatto che quasi tutti gli italiani sono proprietari della propria casa. Le misure di austerità bisognava prenderle prima, adesso sono una cura che fa morire il malato.

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