Chiesa ortodossa d’Ucraina: equilibri precari

Questo articolo è frutto di una collaborazione con Osservatorio Balcani e Caucaso

Da KIEV – Solo pochi mesi fa gli ucraini festeggiavano l’indipendenza religiosa dal Patriarcato di Mosca con la conquista del rinomato tomos e con la nascita della nuova Chiesa ortodossa autocefala d’Ucraina. Oggi, tuttavia, le divergenze di opinione createsi tra gli ecclesiastici che ne occupano i vertici stanno già spingendo a parlare di un’ulteriore divisione interna. Nuovi particolarismi che vanno a detrimento di ogni flebile respiro di senso ecumenico.

I vertici della Chiesa ortodossa d’Ucraina si sono riuniti lo scorso 24 maggio nel primo Santo Sinodo con l’obiettivo di risolvere le recenti discordie tra lo storico patriarca Filaret Denisenko della Chiesa del Patriarcato di Kiev ed Epifanyj Dumenko, il giovane arcivescovo a capo della nuova Chiesa autocefala. Dopo mesi di silenzio, Filaret ha espresso pubblicamente la sua delusione nei confronti del suo ex braccio destro e le sue preoccupazioni per l’influenza che Costantinopoli a suo avviso eserciterebbe sulla nuova Chiesa ucraina e i suoi dubbi sul tomos.

Premesse e promesse non mantenute

La crisi sembra essere partita in occasione del primo turno delle presidenziali del 31 marzo scorso, quando è diventato chiaro che Petro Porošenko non sarebbe stato rieletto per un secondo mandato e che pertanto le speranze di Filaret di mantenere il potere ecclesiastico effettivo sulla Chiesa ucraina – pattuito verbalmente con l’ex-presidente – non si sarebbero realizzate.

Filaret Denisenko, che ha 90 anni, è una figura controversa, dall’approccio molto conservatore e alquanto critico nei confronti dell’attuale leadership ucraina, sia in campo religioso che politico. L’ex Primate dei tempi sovietici, che per primo aveva operato una secessione (unilaterale) dal Patriarcato di Mosca nel 1992 formando la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev, si lamenta oggi della scarsa considerazione del giovane Epifanyj nei suoi confronti. Inoltre, le prese di posizione di quest’ultimo, secondo l’anziano Filaret, non rispecchierebbero affatto le volontà e gli accordi taciti iniziali tra loro.

Denisenko ha ribadito pubblicamente che è merito suo se il giovane quarantenne ha ottenuto questa carica e si è detto anche deluso dalle promesse dell’ex presidente ucraino Petro Porošenko, il quale gli aveva a suo dire garantito un ruolo cruciale nella nuova Chiesa autocefala. Denisenko ha spiegato che si erano accordati sul fatto che ufficialmente Epifanyj sarebbe stato nominato capo e referente per le relazioni della neonata Chiesa ucraina con il resto del mondo ortodosso mentre lui avrebbe continuato a curare gli affari interni, restando dietro le quinte ma mantenendo il potere ecclesiastico principale e la carica ufficiosa di metropolita di tutte le Chiese ucraine. “Si è trattato di un accordo verbale, perché mi fidavo di Epifanyj e del presidente. Ma mi hanno tradito. Sono io, come patriarca, a dover governare la Chiesa ucraina sul territorio dell’Ucraina”, ha dichiarato Filaret pubblicamente lo scorso ​​15 maggio.

Nonostante la perplessità espresse da parte di alcuni vescovi ed ecclesiastici vicini allo storico patriarca – e diffidenti verso Epifanyj – a dicembre Filaret assecondò la decisione delle autorità: avrebbe rinunciato allo status formale di capo della nuova Chiesa ortodossa d’Ucraina, pur restandone di fatto il leader. Tuttavia, il recente cambio di potere, che ha visto il comico Volodymyr Zelenskyj sconfiggere Petro Porošenko al secondo turno e diventare presidente lo scorso 21 aprile, ha infranto i progetti di Filaret.

Il sinodo appoggia Epifanyj

Epifanyj è un giovane metropolita carismatico, che gode di una buona cerchia di sostenitori. “Il Sinodo ha dimostrato che, d’ora in avanti, le attività della Chiesa ortodossa d’Ucraina saranno guidate dalle Sacre Scritture e dallo statuto approvato il 15 dicembre tra le mura della Cattedrale di Santa Sofia di Kiev”, ha dichiarato Epifanyj. Statuto che ha, di fatto, sciolto il Patriarcato di Kiev. La nuova Chiesa ortodossa d’Ucraina autocefala è stata, infatti, istituita dal concilio di unificazione con il sostegno del patriarca ecumenico Bartolomeo e dell’ex presidente Petro Porošenko fondendo le due chiese scismatiche e non canoniche d’Ucraina: la Chiesa ortodossa autocefala ucraina e la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev (diretta da Filaret). Legalmente, quindi, entrambe hanno smesso di esistere per crearne una unica, di cui naturalmente non fa parte la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca (guidata dal patriarca Onufrij), precedentemente considerata l’unica canonica in Ucraina e che tuttora non riconosce la nuova entità autocefala.

D’altra parte, lo stesso Filaret ha continuato imperterrito a dichiararsi patriarca emerito di Kiev e a mettere in discussione i contenuti del tomos. L’arcivescovo, oltre a preoccuparsi da un lato della presunta ingerenza da parte del Patriarcato di Costantinopoli e dall’altro a credere che ci siano forze pro-russe a influenzare le decisioni di Epifanyj, ha aperto una polemica su tre punti del tomos, punti che egli ritiene di vitale importanza per garantire l’indipendenza alla nuova Chiesa.

Il primo riguarda la denominazione della nuova istituzione indipendente: “Chiesa ortodossa d’Ucraina”, e non “Chiesa ucraina ortodossa”, come accade invece per le altre Chiese ortodosse autocefale (rumena, bulgara, russa, ecc.). Tale titolo infatti inferisce secondo Filaret che tutti i credenti ucraini dell’emigrazione – residenti in Europa, America settentrionale e latina, Australia – non vengano inclusi nella nuova Chiesa autocefala risultando quindi afferenti al Patriarcato di Costantinopoli.

Il secondo punto parla, invece, del “crisma” (l’olio aromatico appositamente consacrato e usato nel sacramento della Cresima), che il capo di una Chiesa autocefala ha il diritto di preparare. Il compito, per ora, rimane tuttavia in seno al Patriarcato di Costantinopoli, istituzione centrale che avrà anche la responsabilità – come precisato nell’ultimo punto sollevato da Filaret – di risolvere gli eventuali conflitti interni alla Chiesa autocefala. La Chiesa ortodossa d’Ucraina, si domanda quindi Filaret, sarebbe ora indipendente da Mosca ma subordinata a Costantinopoli?

Il tomos – o thermos – secondo Zelenskyj

Se Petro Porošenko ha praticamente concentrato la sua campagna elettorale sull’indipendenza religiosa – indubbiamente per contrastare le autorità di Mosca – ottenendo con Bartolomeo la tanto sognata autocefalia, Volodymyr Zelenskyj non si è sbilanciato in merito. Con un profilo più laico del suo predecessore, il neo-presidente ha liquidato velocemente la conquista del tomos parlando, con l’ironia che gli compete, di thermos. È ritornato sulla questione a pochi giorni dalle elezioni, scusandosi pubblicamente per la battuta e addebitando il successo raggiunto non al suo predecessore, ma a Filaret, il “patriarca di Kiev”, il quale ha lottato per la Chiesa ucraina per oltre 25 anni, ben prima che Petro Porošenko diventasse presidente.

Ad oggi, le posizioni di Zelenskyj in materia rimangono ambigue e indefinite. Nonostante abbia incontrato sia Filaret che Epifanyj alla vigilia del secondo turno elettorale (presenti entrambi insieme al patriarca Onufrij all’inaugurazione del 20 maggio scorso), il neo-eletto non sembra volersi intromettere negli affari della Chiesa e preferisce – almeno per ora – non prendere parte alle dispute.

Alla prima riunione del Sinodo, la Chiesa ortodossa d’Ucraina ha espresso pieno sostegno al nuovo primate Epifanyj, ora ufficialmente metropolita di Kiev e dell’Ucraina.

I membri presenti hanno ribadito lo scioglimento del Patriarcato di Kiev e hanno augurato il miglior futuro alla nuova Chiesa e al suo leader. L’unico membro ad astenersi è stato naturalmente Filaret che, tuttavia, dopo settimane di malcontenti e dichiarazioni contraddittorie, sembra aver suo malgrado accettato la decisione unanime e si è finalmente congratulato con Epifanyj. Ma le acque sono veramente calme?

Immagine: Cerimonia religiosa a Kiev – © vodograj/Shutterstock

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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