ROMANIA: Ritratto di Corneliu Zelea Codreanu, l’idolo di vecchie e nuove destre

Corneliu Zelea Codreanu in abiti tradizionali

Il 30 novembre scorso ricorrevano gli 80 anni dall’assassinio di Corneliu Zelea Codreanu, fondatore e leader della famigerata “Legione dell’Arcangelo Michele“, movimento ortodossista e ultra-nazionalista fiorito nella Romania interbellica. Codreanu, ucciso barbaramente su ordine del sovrano romeno Carol II nel 1938, è una di quelle figure ambigue, affascinanti e dibattute, tipiche del Novecento europeo. Un uomo difficilmente paragonabile ad altri leader fascisti (o pseudo-tali), se non per l’uso di una retorica nazionalista e, a tratti, apertamente razzista. “Il Capitano”, come veniva chiamato dai suoi più fedeli adepti, conta ancora oggi innumerevoli fans sparpagliati per l’Europa. L’estrema destra italiana non ha mai nascosto di averlo accolto nel pantheon dei suoi idoli. Tuttavia, specialmente al di fuori della Romania, è giunta un’immagine distorta del leader della Legione, che non può essere pienamente compreso senza conoscere l’universo culturale delle campagne romene.

Origini non pure

Codreanu, nato in Moldavia, nel piccolo villaggio di Husi, nel 1899, esalta per tutta la vita la purezza romena priva di contaminazioni esterne. Il primo a non essere puro, tuttavia, è proprio lui. La madre è tedesca, mentre il padre Ion, seppur dichiarando una lontana origine moldava, si chiama Zelinski, ed è di origine galiziana. Ion e Corneliu cercano tutta la vita di dimostrare come i loro più antichi antenati siano originari di terre romene, ma non riescono mai a presentare prove incontrovertibili. Fin da ragazzino il futuro Capitano è travolto dal fervore patriottico. Ancora sedicenne, parte per il fronte transilvano come volontario, per aiutare l’esercito romeno in lotta contro gli imperi centrali. Non si ferma molto al fronte, sebbene la guerra lasci un segno profondo su di lui. Codreanu sarà solito abbandonarsi ad una retorica densa di metafore belliche; la guerra che ha in mente, tuttavia, non è quella combattuta in trincea, ma un conflitto molto più astratto e spirituale, che ancora oggi viene spesso frainteso.

Studente irrequieto

Terminata la guerra, il giovane Corneliu inizia gli studi giuridici a Iasi, dove entra in contatto con un vivace professore di economia noto in città per il suo violento antisemitismo: Alexandru C. Cuza. Cuza è forse la figura più importante nello sviluppo intellettuale e politico di Codreanu; da lui Corneliu assorbe una cultura politica apertamente xenofoba e razzista, venata da un fortissimo misticismo di matrice ortodossa. Come spesso accade, però, l’allievo supera il maestro: a metà degli anni ’20 i due entrano in collisione; Codreanu sta diventando troppo estremo persino per il vecchio Cuza, che vorrebbe incanalare le sue idee in un partito politico tradizionale e strutturato. Codreanu non accetta di essere irregimentato; per lui, il mondo politico di Bucarest, con i suoi intrighi, i suoi loschi affari, i suoi ambigui protagonisti, rappresenta uno dei mali che affligge la Romania. Obiettivo cardine del suo impegno politico è infatti curare il paese da una crisi morale senza precedenti, riscoprendo quelli che sono i valori tipicamente nazionali; la pura parsimonia contadina, e la religione ortodossa. Solo riscoprendosi contadina e cristiana la Romania può risorgere, sconfiggendo l’avarizia cittadina, fomentata da imprenditori ebrei senza scrupoli e da politici dediti esclusivamente al proprio tornaconto. Codreanu, che ha già alle spalle l’omicidio a sangue freddo del prefetto di Iasi, condonato da magistrati fin troppo tolleranti, è pronto a dar vita alla sua creatura.

La Guardia di Ferro

Definitivamente abbandonato Cuza, Codreanu fonda la “Guardia di Ferro“, conosciuta anche come “Legione dell’Arcangelo Michele”. La scelta di San Michele non è casuale; colui che sconfigge il demoniaco drago, simbolo del cristianesimo vincente contro le forze del male, metafora della Romania ortodossa che deve sconfiggere il drago giudaico. Gli ebrei sono infatti una preoccupazione costante di Codreanu, una vera e propria ossessione. Da questo punto di vista è perfettamente inserito nel suo tempo. Anche il suo antisemitismo, tuttavia, va caratterizzato e sfumato; non si colgono nei suoi scritti venature di tipo biologico che fonderebbero una sorta di gerarchie delle “razze”. Da questo punto di vista il suo antisemitismo è molto diverso da quello hitleriano. In Codreanu troviamo non solo la tipica diffidenza del contadino verso il mondo cittadino, che viene associato alla comunità ebraica, molto presente nei grandi centri; in lui è ancora estremamente radicata l’idea dell’ebreo come assassino di Cristo, un’immagine che le chiese ortodosse dell’epoca continuano a propinare. Il giudeo rappresenta quindi tutti i mali: è colui che con la sua sete di denaro impoverisce il povero contadino, e nello stesso tempo annacqua la purezza ortodossa romena, coadiuvato da una classe politica che, seppur romena, non conosce davvero la campagna e quindi la vera essenza della romenità. Obiettivo della Legione è quindi la lotta senza quartiere agli ebrei e al sistema politico; una lotta compiuta con ogni mezzo, in spregio ad ogni tipo di legalità, disposti anche al sacrificio personale. Codreanu martella i suoi giovani discepoli con un unico mantra: “agite, sacrificatevi, e prendetevi la responsabilità delle vostre azioni”. E per questo che i giovani legionari che nel dicembre 1933 uccidono il primo ministro romeno Ion Gheorghe Duca si costituiscono poche ore dopo. Il mandante dell’omicidio è ovviamente il Capitano, ma come spesso accade, anche all’interno della Guardia di Ferro qualcuno è più uguale degli altri, e gli unici a sacrificarsi per la causa e a finire in galera sono i due giovani assassini.

La nascita del mito

Alla nascita del mito di Codreanu contribuisce senza dubbio anche la sua fisicità; statura imponente, volto scavato cinematografico, capelli corvini e occhi azzurri, Corneliu è sicuramente il leader fascista più bello degli anni ’30. Con una capacità comunicativa degna dei migliori esperti odierni, centellina le sue apparizioni con incredibile maestria, ben consapevole che l’immaginazione non può far altro che alimentare il suo mito. Dopo mesi di assenza e ritiro è solito fare capolino nei villaggi, vestito in abiti bianchi tradizionali, in sella al suo cavallo, scatenando le manifestazioni di giubilo di contadini e contadine che in lui vedono una vera e propria guida spirituale. I suoi adepti ne parlano come di un uomo estremamente frugale e morigerato, privo di particolari vizi, dal carisma travolgente. Secondo alcuni racconti, sarebbe la moglie a impedirgli di offrire tutto il suo modesto patrimonio ai poveri braccianti. La stessa impressione riceve anche Indro Montanelli durante un suo viaggio in Romania alla fine degli anni ’30. Montanelli all’epoca è particolarmente sensibile al fascino dei leader ultra-nazionalisti e dobbiamo pertanto prenderlo con le pinze; in ogni caso, che corrisponda a verità o meno, Codreanu è abilissimo a veicolare un’immagine di sé vincente.  Bisogna pur sempre distinguere l’apparenza e la comunicazione dalla realpolitik, anche negli anni ’30. Pur mantenendo sempre fede alle sue idee di base, Codreanu dialoga con i leader degli altri partiti politici; celebre è la sua corrispondenza con Iuliu Maniu, leader del partito nazional-contadino. Nel 1937 il Capitano decide addirittura di partecipare alle elezioni, simbolo di quella democrazia liberale da lui tanto odiata. Ottiene 67 seggi, è un ruolo di rilievo nel panorama politico romeno. E’ proprio questo successo a decretare la sua fine.

La morte

C’è un uomo che, più di chiunque altro, non sopporta che il discorso nazionalista venga monopolizzato da Codreanu e declinato in senso antisemita e religioso: è il re Carol II. Il sovrano vorrebbe tornare ad essere il fulcro del mondo politico, rendendo la dinastia Hohenzollern simbolo unico della nazione. Anche lui è attratto da Mussolini e Hitler (forse più di Codreanu); in particolare, apprezza moltissimo l’esperimento corporativista italiano e non vede l’ora di metterlo in pratica. Cerca di “comprare” Codreanu, offrendogli prebende varie in cambio della leadership della Legione, ma riceve soltanto porte in faccia. Dopo il successo legionario alle elezioni del 1937, si convince che l’unico modo per realizzare il suo sogno di dominio assoluto sul paese è eliminare il rivale. Per questo, alla fine di novembre 1938, lo fa arrestare e uccidere, ordinando poi di gettare il suo corpo in una fossa comune. La morte violenta è forse il favore più grande che Carol II ha fatto a Codreanu; involontariamente il re gli ha regalato l’immortalità, privandolo dell’esame della guerra, quello che tutti gli altri leader fascisti hanno fallito.

I posteri

Codreanu fu un assassino, un antisemita, e “a suo modo” un fascista. Essere morto all’apice della sua parabola, un indubitabile fascino e un enorme carisma lo hanno trasformato in idolo delle nuove destre, che son solite sfoggiare le sue frasi e le sue foto. Come spesso accade, si tratta di un’appropriazione culturale totalmente inconsapevole; esaltare le frasi di un uomo che sognava un fantomatico riscatto del contadino diseredato, e un ritorno a un’ortodossia cristiana paganeggiante, trasformandole in simboli del virilismo sovranista di questi tempi, rende le nuove destre sempre più patetica macchietta, e non fa onore neanche al “povero”, si fa per dire, Codreanu.

Chi è Francesco Magno

Ha conseguito un dottorato di ricerca in storia dell'Europa orientale presso l'università di Trento. E' stato assegnista di ricerca presso la medesima università. Attualmente insegna storia dell'Europa orientale presso l'università di Messina. Si occupa principalmente di storia del sud-est europeo, con un focus specifico su Romania, Moldavia e Bulgaria.

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Un commento

  1. Girello Destrorsi

    “esaltare le frasi di un uomo che sognava un fantomatico riscatto del contadino diseredato, e un ritorno a un’ortodossia cristiana paganeggiante, trasformandole in simboli del virilismo sovranista di questi tempi, rende le nuove destre sempre più patetica macchietta, e non fa onore neanche al “povero”, si fa per dire, Codreanu”.

    Mi piacerebbe se l’autore spiegasse meglio questa affermazione. Cum Magno gaudio. Grazie

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