LETTERARIA: “Jugoslavia, terra mia” di Goran Vojnović

Nato nel 1980, Goran Vojnović è una figura intellettuale affascinante nel panorama sloveno contemporaneo. È sia scrittore che regista e porta la sua firma il primo romanzo sloveno sugli scontri bellici nella Jugoslavia degli anni Novanta: Jugoslavia, terra mia (Forum editrice, traduzione di Patrizia Raveggi, euro 19,50).

Il suo primo romanzo Cefuri raus! Feccia del sud via da qui (Forum editrice, 2015) è uscito nel 2008 in Slovenia guadagnandosi subito successo e molti premi; da esso Vojnović stesso ha anche tratto in seguito un film omonimo e rappresentazioni teatrali. I seguenti due romanzi Jugoslavia, terra mia e Figa (Il fico, ancora non tradotto in italiano), pubblicati nel 2012 e 2016, hanno ricevuto il premio Kresnik come migliori romanzi pubblicati in Slovenia.

Jugoslavia, terra mia è la storia della ricerca di un padre, apparentemente scomparso in guerra nel 1992. Vladan, a distanza di anni, è oggi quasi trentenne e decide di cercare in internet informazioni su di lui. Così dopo sedici anni scopre di essere figlio di un criminale di guerra, un segreto di famiglia sempre taciuto. Intraprende così una ossessiva ricerca del genitore attraverso lo spazio ex-jugoslavo: ne esce un romanzo incalzante e tragico, ma con anche svolte ironiche.

È un libro sul senso di colpa e sulla responsabilità, sulla banalità del male: “Come avrei agito e reagito io al posto di mio padre?”, questa la domanda di fondo, ha affermato lo scrittore durante la presentazione del libro al festival Pordenonelegge lo scorso 20 settembre. “Da bambino non comprendevo quella guerra e questo libro è la mia personale ricerca di risposte”.

Goran Vojnović aveva 11 anni allo scoppio della guerra, racconta al pubblico. “Allora il mio mondo si ridusse, si restrinse; prima la musica, il cinema, la lingua, i viaggi comprendevano tutto il territorio jugoslavo e lo univano. Dopo la guerra il problema era venire a patti con la mia identità jugoslava, cosa farmene del mio bilinguismo, ad esempio, e decidere soprattutto cosa si era, se sloveno, croato, serbo. È questo che ho voluto mettere nel libro”. Il titolo evocativo ne conferma l’afflato.

Nato a Ljubljana, nelle sue radici si mescolano Pola, la Bosnia e addirittura la Galizia ucraino-polacca, da cui proveniva il bisnonno. “Sono il primo in famiglia nato e cresciuto nello stesso luogo; in generale è impossibile comunque essere sloveni al 100%”. Sulla stessa linea Vojnović continua: “l’Europa tutta ha sempre visto un costante flusso di gente in movimento; la cosa meno europea è il muro che vorrebbe bloccare le migrazioni”.

Cosa ne pensa in merito alla Jugonostalgia in Slovenia?, gli abbiamo chiesto. “In Slovenia i giovani non sono affatto nostalgici, sono distaccati e disinteressati, pensano solo ad andare all’estero. La Jugonostalgia fa presa nelle zone povere della Bosnia e della Serbia, dove manca un sistema di welfare e di protezione sociale e dove in generale non credono in una futura entrata del loro paese nell’UE”.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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