UCRAINA: Il Mar d’Azov oggetto di tensioni con Mosca. Un allargamento del conflitto all’orizzonte?

Da KIEV – Il Mar d’Azov è un prolugamento settentrionale del Mar Nero, collegato a quest’ultimo dal noto stretto di Kerč’ e circondato a nord dalla terraferma ucraina, a ovest dalla penisola di Crimea e a est dalla Russia. Una piccola rientranza pacifica, a prima vista, di cui si sente poco parlare, ma che ultimamente sembra essere il nuovo oggetto di tensioni dei due paesi che la attorniano. Trattandosi di questioni internazionali un po’ delicate date le circostanze, è meglio soppesare bene questo argomento di attrito fra Kiev e Mosca, senza giungere a conclusioni troppo affrettate.

Un campanello d’allarme?

Stando ai fatti narrati da alcuni media ucraini, l’ultima notizia rivela che la Russia sta rafforzando piano piano la propria presenza marina e costiera sul Mar d’Azov, in vista di un possibile futuro assedio nei confronti dell’Ucraina. La manovra che darebbe fondamento a questa affermazione è stata il recente spostamento di alcune navi appartenenti alla flotta russa dal Mar Caspio al Mar d’Azov: 6 motoscafi d’artiglieria (Šmel’), altre 6-7 piccole navi d’assalto (Serna), nonché due corvette missilistiche (Grad Svijažsk e Velikij Ustjug) armate di missili Kalibr, gli stessi utilizzati in territorio siriano nel 2015. Questa la stima dichiarata da Andrej Klimenko, caporedattore del sito BlackSeaNews, esperto di questioni relative alla Crimea e fondatore di “Majdan inostrannih del” (Maidan Affari Esteri).

Vasyl Bohdan, luogotenente generale in pensione ucraino, rincara la dose allarmistica affermando che il posizionamento attuale della marina russa sul Mar d’Azov dà effettivamente a Mosca la capacità di attaccare l’Ucraina dal mare e potenzialmente aprire un nuovo conflitto armato nella zona.

Secondo i russi, che tuttavia non si espongono a riguardo e ritengono di avere tutto il diritto di gestirsi questo spazio regolato dal famoso accordo bilaterale del 2003, questa misura è stata presa principalmente per proteggere il nuovissimo ponte sullo stretto di Kerč’, inaugurato lo scorso 16 maggio e oggetto papabile di una potenziale offensiva da parte di Kiev.

Tutto comincia con Nord

Questo tira e molla, in realtà, continua ormai da alcuni mesi e più precisamente da quando, lo scorso 25 marzo, una nave della guardia di frontiera ucraina ha sequestrato, nelle acque del Mar d’Azov presso il Golfo di Obytična, il peschereccio a bandiera russa Nord. Con un’accusa di violazione delle norme sul passaggio di frontiera ucraino, la nave e l’intero equipaggio di dieci persone sono stati portati nel porto ucraino di Berdjansk per un’ispezione accurata e per stabilire l’identità dei detenuti, aventi tutti passaporto russo emesso dalla città di Kerč’.

La Russia ha reagito a queste insinuazioni accusando le guardie di frontiera ucraine di comportarsi come dei “pirati somali” per aver bloccato un’innocua nave da pesca. Tuttavia, se i beni navali russi attraversano le acque territoriali ucraine liberamente, un’azione del genere equivarrebbe effettivamente a un’invasione militare dal mare perché, stando ai fatti, Mosca è ancora obbligata ad aderire alle restrizioni specificate nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), di cui abbiamo accennato anche qui, e che sostituisce legalmente qualsiasi accordo marittimo bilaterale. Secondo questa legge, gli stati costieri hanno il diritto di usufruire e controllare le rispettive acque territoriali fino a 12 miglia dalla loro costa, pertanto l’Ucraina ha pienamente il diritto di proteggere le sue e di intralciare i piani di Mosca se questi ultimi “violano la pace, il buon ordine o la sicurezza di uno stato costiero” (articolo 19 dell’UNCLOS).

Un accordo che non funziona più

Come abbiamo accennato, i territori del Mar Nero e del Mar d’Azov (stretto di Kerč’ compreso) sono regolati da un accordo siglato dai due paesi nel 2003. Questo accordo bilaterale classifica il Mar d’Azov come un mare appartenente ad entrambi gli stati, di conseguenza liberamente navigabile dalle navi mercantili e militari ucraine e russe. Allo stesso tempo, il documento citato include una chiara disposizione secondo cui il Mar d’Azov è delimitato da una linea di confine fra i due stati, concordata tra le parti. Una linea di confine invisibile a quanto pare, visto che non è mai stata determinata e che oggi tende ad essere identificata arbitrariamente con la linea del fronte, creando ulteriore confusione in tema di diritti e violazioni.

Secondo le parole del giornalista Andrej Klimenko, ai sensi dell’articolo 2 di questo “ridicolo” (come l’ha definito) accordo sia le navi militari con bandiera ucraina che con bandiera russa hanno ancora il diritto di circolare nelle acque del Mar d’Azov, nonostante l’occupazione della Crimea e il fatto che la Federazione russa abbia violato l’accordo e il diritto internazionale costruendo il ponte sullo stretto di Kerč’.

Il portavoce del servizio di frontiera statale dell’Ucraina Oleg Slobodjan, non si discosta dalle opinioni di Klimenko, affermando che il territorio è certamente di uso comune, tuttavia ci sono delle regole di buon ordine a cui la Russia non aderisce e si comporta nel Mar d’Azov in modo piuttosto audace. Slobodjan ha sottolineato che nel caso di tentativo da parte della Russia di un assalto sul territorio ai danni dell’Ucraina, le forze armate nazionali sono comunque pienamente pronte a respingere una possibile aggressione, contrariamente a quanto compreso dai media russi, i quali ritengono che gli ucraini avrebbero la peggio nel conflitto.

Questo spazio è mio

Il 18 maggio scorso Mosca ha rilasciato un avviso di navigazione (NAVAREA 0423/18, ripreso dal governo ucraino come avvertimento costiero PRIP 173) in cui dichiara la chiusura al traffico marittimo di una sezione del Mar d’Azov pari a 2000 chilometri quadrati, in quanto area dedicata all’addestramento della flotta navale russa. Secondo quanto descritto nel documento, l’area di addestramento si trova nella parte settentrionale del Mar d’Azov, in prossimità della costa dell’Ucraina, e in particolare si estende per diversi chilometri nelle acque territoriali ucraine.

L’annuncio ha inevitabilmente attirato l’attenzione della vicina Ucraina, la quale ha risposto chiudendo tre sezioni del Mar d’Azov dal 1° giugno al 1° settembre per la stessa ragione.

Provocazioni che, per ora, non vedono sbocchi (né positivi né negativi), ma che si rivelano solamente un punto di partenza per creare teorie complottiste sull’argomento.

Un nuovo conflitto all’orizzonte?

Andrei Klimenko è convinto che il comportamento della Russia nel Mar d’Azov abbia ormai raggiunto un livello critico e sia necessario rispondere in modo adeguato a questa aggressione: Mosca sta turbando le attività delle navi mercantili dirette ai porti ucraini, in particolare quelli di Berdjansk e Mariupol’ (che non se la passano molto bene), bloccando così una parte significativa delle esportazioni ucraine (tra cui grano e prodotti dell’industria metallurgica e mineraria). Altri media affermano che la Russia sta certamente pianificando un attacco militare di vasta scala in Ucraina, ma che aspetterà la fine dei mondiali di calcio per metterlo in atto.

L’intera faccenda non è chiara e tutte queste manovre portano solamente a supposizioni e pensieri inconcludenti che, speriamo, rimangano tali onde evitare un’ulteriore escalation del conflitto armato protagonista nei territori del Donbass.

 

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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6 commenti

  1. Cara Claudia,
    Grazie per l’accuratezza con cui hai riportato le principali notizie diffuse dai media ucraini.
    Permettimi di domandarti come mai hai scelto di riportare solo opinioni di influenti sostenitori del Maidan, le cui asserzioni risultano infondate e contraddette dai fatti in corso nelle regioni di confine di Donetsk e di Luhansk.
    Mi domando infatti come mai non vengano menzionate in alcun passaggio le consistenti mobilitazioni delle forze armate ucraine, l’acquisto dei missili anticarro americani, e la ripresa dei bombardamenti e dell’offensiva da parte dell’esercito ucraino, sostenuto da gruppi paramilitari di estrema destra, nel Donbas nelle scorse settimane.
    Risultano inoltre poco chiare le ragioni per cui Kiev abbia negato all’Onu di mandare un convoglio di sicurezza e deciso invece di formare un corpo speciale di polizia, che dovrebbe essere dispiegata anche nella regione di Odessa, (dove ricordiamo che agenti in divisa presero parte attiva alla strage della Casa dei Sindacati a Maggio del 2014).
    È poco chiaro infatti come mai un linguista decida di occuparsi di studi strategici. Non sono menzionate, nel tuo articolo, le innumerevoli e continue violazioni degli accordi di Minsk da parte della giunta oligarca che ha perpetuato il golpe del 2014 ed è a guida del complesso militare. In suddetta ‘analisi’, (ovvero un breve report dei titoli da tg ucraini), non è stato utilizzato alcuno strumento comparativo e i fatti sono stati completamente decontestualizzati; non è infatti citato il fondamentale ruolo di deterrenza che le forze filo-russe giocano nelle regioni separatiste.
    Sono diversi anni ormai che ogni estate e ogni inverno si chiama ‘al lupo al lupo’ e ci si aspetta, quasi si pretende, che la Russia invada finalmente l’Ucraina. Ad oggi tuttavia, gli unici a coltivare la radicalizzazione e perpetuare il conflitto armato sono il governo, l’esercito e l’apparato legislativo e mediatico dell’Ucraina.

    Grazie, buon lavoro.

    • Claudia Bettiol

      Gentile lettore,
      La ringrazio per l’attenzione e l’approfondita lettura.
      Come ben specificato nel paragrafo introduttivo, la notizia riportata è da soppesare bene e da prendere con le pinze, trattandosi di argomenti delicati dove la propaganda (ucraina o russa che sia in questo caso) sembra sempre avere la meglio. In questo articolo ho deciso di attenermi alle informazioni, riportando alcuni fatti che hanno tediato i maggiori media ucraini negli ultimi giorni (indubbiamente di parte), non trovando però un riscontro adeguato da parte di quelli russi, che hanno deciso di tacere a riguardo, sfasando in tal modo la bilancia.
      Le questioni attuali riguardanti la regione di Odessa, il conflitto del Donbass e le relative strategie militari o le continue violazioni degli accordi di Minsk non sono state qui approfondite (o menzionate, se preferisce), sebbene strettamente legate in termini di difesa e propaganda, in quanto ritengo necessitino più di una semplice menzione, uno studio approfondito direi, viste anche le complicazioni che comportano non solo tra filo-russi e filo-ucraini, ma a livello internazionale.
      Rispondendo, per finire, all’attesa di un’ulteriore invasione russa in territorio ucraino, mi trova in parte d’accordo. Una sorta di timore è naturalmente palpabile nel paese (in fondo, la guerra c’è veramente), tuttavia non giustifico assolutamente la radicalizzazione e l’intromissione propagandistica di governo, istituzioni o enti mediatici ucraini, e via dicendo, spesso esagerata e senza dubbio di parte, che alimenta questo insensato conflitto. Ma, allo stesso modo, non giustifico nemmeno l’ingerenza russa, mediatica o militare che sia.
      Claudia

      • Gentile Claudia,
        Grazie per la cordiale e dettagliata risposta. Condivido in pieno le sue posizioni riguardo le ingiustificate politiche attuate da entrambe le nazioni in questione che alimentano il conflitto. Le sono inoltre molto grato delle interessanti analisi e approfondimenti che spesso riporta sulle questioni identitarie, culturali, linguistiche e storiche dell’Ucraina. D’altronde, considero eccessivamente azzardato affrontare un tema come gli studi d’area, legati all’analisi strategica e del diritto internazionale, di una regione attualmente in aperto conflitto, senza gli strumenti necessari a interpretare e contestualizzare gli eventi recenti.
        L’articolo in questione è errato nell’elencare la manovra attuata dalla marina militare russa. Solo cinque navi appartenenti alla flotta del Mar Caspio sono state ridislocate nella formazione del Mar d’Azov. Tale formazione inoltre non rappresenta una vera e propria “flotta militare” (generalmente composte da almeno una porta-aerei) e si compone ora dall’insieme di elementi da Lei elencati accuratamente. Il potenziamento significativo è stato apportato dall’introduzione delle ‘corvette’ missilistiche dotate di missili Kalibr. In tal senso si può ora definire ‘flotilla’, come affermato da Andrej Klimenko. Tale manovra non è avvenuta in sordina, come Lei sostiene, in quanto sono avvenute aperte esercitazioni balistiche per testare il range, la precisione e la potenza di tali missili: un chiaro segnale rivolto alle forze ucraine che da mesi continuano i bombardamenti nel Donbas, (il ministero della difesa russa ha pubblicato i video delle esercitazioni).

        Tale manovra è stata attuata in seguito ai massivi spostamenti delle forze armate ucraine verso le regioni dell’est del paese avvenuti nelle ultime settimante. Tali spostamenti riguardano unità militari e para-militari di estrema destra mandate in sostegno dell’offensiva incominciata lo scorso marzo nelle zone rurali del Donbas. È gia in corso un conflitto armato di cui non si parla. Notiamo infatti come solo poco dopo la fine della prima partita del mondiale (Russia – Arabia Saudita), sono stati perpetuati pesanti bombardamenti da parte dell’artiglieria ucraina nelle zone rurali di Donetsk. Sono infatti queste le vicende significative su cui spesso si decide di “tacere a riguardo”, al contrario di ciò che Lei asserisce.
        Descrivere la situazione come “poco chiara e incerta” è naive. In Ucraina è in atto una vera propria radicalizzazione e militarizzazione di alcune regioni portata avanti da un’intensa campagna di arruolamenti e armamenti, da un fortissimo indrottinamento e da un revisionismo storico senza precedenti. È dovere di ogni analista riportare il quadro generale dell’oggetto in questione. Altrimenti può risultare fazioso, superficiale e incoerente.

        Definire infine la questione come un “tira-e-molla” diplomatico fra Russia e Ucraina, riportando l’incidente del peschereccio Nord, equivale a negare gli sforzi degli ultimi mesi delle organizzazioni internazionali, come Onu e Osce, nel contribuire attivamente al processo di pace. Il sequestro del peschereccio russo Nord non rappresenta “l’inizio” di niente ed è un fatto quasi del tutto irrilevante. L’acquisto di missili anti-carro Javelin, l’inclusione del battaglione Azov nella Guardia Nazionale, la disposizione di artiglieria pesante e carri-armati lungo i confini di Donetsk e Luhansk, le continue infiltrazioni di unità di sabotaggio e terrorismo ucraino in Crimea, la formazione di ordini speciali di polizia nelle regioni maggiormente russofone, l’introduzioni di nuove leggi legate alla memoria e alle tradizioni locali, et cetera et cetera; rappresentano invece elementi che possono rendere più nitida la situazione dal punto di vista della risoluzione dei conflitti. Parlare di “escalation di tensione” citando, per di più in forma errata, un singolo avvenimento di deterrenza strategica e concludere l’articolo con una preghiera di buon auspicio (dopo aver seminato la fobia dell’aggressione russa), non è professionale e non è ciò che ci si aspetta da alcun esperto o studioso del tema.

        Grazie ancora per la dedizione ai vostri preziosi contributi.
        Mario

      • I russi tacciono sempre alle provocazione filoeuropee e filocapitaliste dei filodemocratici filoladri. Tutti questi fili si accorgeranno ben presto dove si sono andati a cacciare. Salvo poi chiamare la Grande Madre Russia. E cmq non capisco cosa giustifica l’articolista che, guarda un pò, cammina sul filo.

    • @Mario: Niente, la redazione è filoeuropea, tutto qui. Con stima.-

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