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MACEDONIA: Il parlamento approva, l’albanese è lingua ufficiale del paese

Lo scorso 14 marzo il parlamento della Macedonia ha approvato la nuova legge sull’uso delle lingue. Il testo, figlio dell’intesa tra il primo ministro Zoran Zaev e i partiti rappresentanti della comunità albanese, parte della coalizione di governo, eleva di fatto l’albanese a lingua ufficiale del paese, insieme al macedone. Nonostante il rifiuto del presidente della repubblica Gjeorge Ivanov di firmare la legge apra una crisi istituzionale tra governo e presidenza, gli albanesi possono esultare per il raggiungimento di un obiettivo a lungo inseguito, che punta a migliorare le relazioni tra le comunità all’interno del paese.

Il contenuto della legge

L’approvazione della legge era ormai attesa da tempo, essendo parte dell’accordo di coalizione tra i socialdemocratici di Zaev e i partiti della comunità albanese entrati nella compagine di governo. La legge, difatti, rappresenta un passo avanti consistente per quanto riguarda i diritti linguistici della comunità albanese, che costituisce, secondo il censimento del 2002, il 25% della popolazione della Macedonia. Alla lingua albanese erano state già garantite ampie tutele a seguito degli accordi di Ohrid del 2001, ma la messa in atto aveva mostrato diverse lacune.

Con il testo appena approvato, insieme al macedone, anche alla lingua parlata da almeno il 20% della popolazione (dunque, l’albanese) viene riconosciuto lo status di lingua ufficiale del paese. Prima di questa legge, tale status era valido solo nelle municipalità dove vivono gli albanesi, ma non a livello nazionale. La principale conseguenza di questo riconoscimento è l’obbligo per tutte le istituzioni statali di rapportarsi con i cittadini di etnia albanese nella loro lingua. Tale obbligo si riflette anche in parlamento, aprendo alla possibilità per i deputati di esprimersi in albanese. Un ispettorato sull’uso delle lingue si occuperà inoltre di monitorare l’applicazione della legge.

L’opposizione del presidente

La legge sull’uso delle lingue era stata già approvata dal parlamento a gennaio, ma era stata bloccata dal presidente della repubblica, proveniente dal partito conservatore oggi all’opposizione VMRO-DPMNE. Il secondo voto, quello di metà marzo, toglie però al presidente il potere di veto. L’annuncio di Ivanov di non voler comunque firmare la legge, dunque, viola la Costituzione e apre un ulteriore fronte di scontro con il governo a guida socialdemocratica, in carica da giugno 2017.

Le motivazioni presentate da Ivanov, secondo il quale la legge mina l’unità del paese favorendo una sola comunità, sono piuttosto deboli, e nascondono l’ultimo tentativo del partito che ha governato il paese nell’ultimo decennio di ostacolare l’esecutivo Zaev, come dimostrato dal tentativo dei deputati della VMRO, guidati dall’ex premier Nikola Gruevski, di togliere il microfono al presidente del parlamento per fermare il voto dell’aula. La stessa VMRO si è attivata per mobilitare i propri supporter in una serie di manifestazioni di piazza, nella speranza di mettere in difficoltà il governo.

Le prospettive future

Se il premier Zaev sarà in grado di respingere la forte reazione dell’opposizione e di superare lo scoglio dello scontro istituzionale con il presidente della repubblica, l’approvazione della legge può segnare un ulteriore rafforzamento dell’esecutivo, dato che consolida l’asse tra i socialdemocratici e i partiti della comunità albanese. Non a caso, lo stesso Zaev ha annunciato un rimpasto di governo nelle prossime settimane.

Il momento, d’altronde, è particolarmente delicato: la Macedonia è nel pieno dei negoziati con la Grecia per risolvere la ormai ventennale questione del nome. Se dopo aver migliorato i rapporti con la componente albanese della popolazione, il governo Zaev risolvesse la disputa con Atene, aprendo la strada verso l’adesione alla Nato e all’Unione europea, la Macedonia potrebbe davvero lasciarsi alle spalle i fantasmi del passato e guardare al futuro con ottimismo.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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