POLONIA: Tusk si candida per il secondo mandato ma Varsavia si ribella

Donald Tusk ha annunciato di volersi candidare per un secondo mandato alla presidenza del Consiglio Europeo. In un summit a Malta tra i capi di stato e di governo degli stati membri il polacco, in carica dal 2014, ha dichiarato di voler continuare il lavoro iniziato ormai quasi 3 anni fa. La decisione definitiva sarà presa a Bruxelles tra il 9 e il 10 Marzo durante un altro summit dei leaders europei.

Una fonte vicina a Tusk conferma che esponenti di diversi gruppi politici europei sarebbero favorevoli ad un suo secondo mandato; favore che invece verrebbe a mancare proprio in patria. Jarosław Kaczyński, leader di Diritto e Giustizia (PiS), nonché uno degli uomini più influenti in Polonia, ha dichiarato in un’intervista per TVP 3 Białystok che la Polonia guidata dal suo partito non sosterrà la candidatura di Tusk: “Un politico che ci danneggia, per esempio con i 250.000 euro di multa per ogni rifugiato che non accettiamo e con molte altre azioni, sarebbe strano per noi da accettare”, e ancora: “È nell’interesse della Polonia superare la crisi, ma non è nell’interesse della Polonia che qualcuno come lui sia Presidente”.

I dissapori tra il Presidente del Consiglio Europeo e Kaczyński non sono comunque una novità; già in dicembre Tusk era intervenuto nella crisi politica polacca, chiedendo al partito di governo di rispettare lo stato di diritto, la costituzione, gli elettori e la democrazia. Questo è solo uno dei tanti episodi che mettono in luce la rivalità storica tra i due personaggi.Il governo di Diritto e Giustizia aveva già escluso il supporto a Tusk, e il suo leader più volte lo ha ritenuto, se non colpevole, almeno responsabile del disastro aereo di Smolensk del 2010 in cui perse la vita Lech Kaczyński, all’epoca presidente e fratello di Jaroslaw. Quest’ultimo, durante la visita a Varsavia di Angela Merkel avrebbe parlato di un potenziale mandato di arresto europeo emesso dalla Polonia nei confronti di Tusk per le sue responsabilità nel disastro aereo.

Neanche il Ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski ha risparmiato le sue critiche descrivendo Tusk come un “simbolo del male e della stupidità”.

Ma un non-appoggio da parte polacca potrebbe davvero minacciare il secondo mandato di Donald Tusk? Nonostante sia la prima volta che il paese di provenienza non supporti l’elezione di un proprio candidato, la Polonia non ha alcun potere di veto e anzi sembra che il resto degli stati membri, Germania più di tutti, veda di buon occhio una rielezione di Tusk alla presidenza del Consiglio; addetti ai lavori francesi hanno anche dichiarato che non ci sarebbe alternativa valida alla sua rielezione. Se così fosse non sarebbe difficile per il Donald europeo raggiungere la maggioranza qualificata necessaria per diventare Presidente del Consiglio.

È necessario anche considerare che, se da una parte le affermazioni di Kaczyński potrebbero essere dettate da scelte di politica interna, dall’altra potrebbero isolare la Polonia, non solo in ambito europeo ma anche all’interno del gruppo Visegrad. Difatti anche se non ci sono ancora posizioni ufficiali alcuni funzionari ungheresi hanno fatto sapere che il governo di Fidesz appoggerebbe un secondo mandato Tusk. Dello stesso parere sono i boemi: “vogliamo che Tusk venga rieletto” ha fatto sapere il Ministro degli Esteri da Praga. Anche gli slovacchi confermano questa tendenza.

Nel frattempo alcuni rumours, poi smentiti da un portavoce della Commissione, parlavano delle possibili dimissioni di Junker, che comunque non correrà per un secondo mandato e rimarrà in carica come previsto fino al 2019. Insomma in Europa si cerca di mantenere una certa continuità e coerenza, anche attraverso l’elezione di Antonio Tajani alla Presidenza del Parlamento Europeo e altro membro, come Tusk e Junker, del Partito Popolare Europeo, in vista degli accordi definitivi della Brexit, delle relazioni con gli Stati Uniti di Trump e delle imminenti elezioni in Francia e Germania. La Polonia invece continua a ribadire, in un modo o nell’altro, la sua insofferenza verso l’attuale situazione europea, anche rischiando un isolamento di sicuro poco vantaggioso.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e Pecob, Università di Bologna.

 

 

 

 

 

Chi è Giulia Stefano

Nata a Roma nel 1990, dopo una triennale in Relazioni Internazionali all'Università di Roma Tre con una tesi in Storia dell'Europa centro- orientale, si è iscritta al MIREES (Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe) presso l'Università di Bologna. Parla inglese, tedesco e sta studiando russo. Da giugno 2016 collabora con East Journal. Gli articoli di analisi scritti per East Journal sono co-pubblicati anche da PECOB, Università di Bologna.

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