GEORGIA: Record di donne in parlamento, e intanto si pensa a quote di genere

Ventiquattro deputate siederanno al Parlamento georgiano, eletto lo scorso ottobre. È il numero più alto di donne parlamentari mai registrato nel paese: secondo i dati, le donne costituiscono il 16% della nuova assemblea. Stranamente, è stato proprio il partito vincente Sogno Georgiano ad avere la più bassa percentuale di donne in lista (11,6%). Altri partiti, come il Movimento Democratico e l’Alleanza dei Patrioti, erano invece presieduti da donne e presentavano una più alta presenza femminile nelle proprie liste. Rispetto alla legislatura precedente, il numero di donne in Parlamento è aumentato del 5%.

Presenti, ma non abbastanza

Dati incoraggianti, ma ancora lontani dall’obiettivo stabilito dalle Nazioni Unite, secondo cui solo una massa critica minima del 30% dei seggi permetterebbe alla popolazione femminile di avere un impatto concreto in ambito politico. In Georgia, a livello regionale o locale, la percentuale di donne a ricoprire cariche politiche è ancora molto bassa (11%): per esempio, non ci sono donne sindaco. Per questo motivo è stata chiesta l’applicazione di misure speciali volte a garantire una maggiore presenza femminile in politica. Dal 2013, una legge prevede che i partiti che presentano almeno tre donne per ogni dieci candidati in lista possano chiedere il 30% in più di finanziamenti.

Gli attivisti sostengono però l’introduzione di misure obbligatorie, tra cui le cosiddette quote di genere. Come spiega Baia Pataraia, leader del collettivo Georgian Women’s Movement, con le quote il secondo posto in ogni lista di partito sarebbe attribuito ad un candidato di sesso femminile, facendo sì che almeno il 25% dei seggi (sebbene solo tra quelli assegnati attraverso il sistema proporzionale) spetti alle donne. Secondo i sondaggi, il 68% dei georgiani sarebbe favorevole a questo sistema. Eppure la proposta di legge sulle quote di genere, che era stata presentata in Parlamento all’inizio dell’estate, non è stata ancora approvata.

Quote di genere: un esempio da imitare?

Le quote di genere sono una realtà in paesi come l’Armenia, l’Uzbekistan o il Kirghizistan. In quest’ultimo, una legge del 2007 stabilisce che un candidato su quattro debba essere donna. Da una parte, ciò ha permesso alle donne di occupare il 25,5% dei seggi in Parlamento e di aprire il dibattito su temi come i matrimoni forzati, una pratica che coinvolge ogni anno migliaia di ragazze.

Dall’altra, buona parte delle donne elette col sistema delle quote tende a dimettersi subito dopo le elezioni e ad essere sostituita da uomini. Sembra inoltre che le donne occupino raramente ministeri importanti come quelli relativi alla giustizia, alla difesa o alla politica estera, rimanendo relegate ad ambiti di minore influenza come l’educazione o la salute.

Al di là della legislazione, una battaglia quotidiana

Da sole, le quote di genere non bastano. In Georgia, le donne non possiedono i mezzi economici necessari per dedicarsi alla vita politica, o per finanziare una campagna elettorale. La visione della famiglia tradizionale e la rigida distinzione dei ruoli di genere presenti nella società georgiana vogliono inoltre che la politica non sia cosa da donne: chi sceglie la carriera politica rischia anche di perdere il sostegno della propria famiglia e della propria cerchia sociale.

Infine, come dimostrano le manifestazioni recentemente tenutesi a Tbilisi in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ci sono altri problemi allarmanti ai quali le donne georgiane devono far fronte quotidianamente. Nonostante la Georgia abbia garantito alle donne il diritto di voto con un significativo anticipo rispetto ad altre democrazie europee ed eletto le sue prime 5 parlamentari donne già nel 1919, la strada verso la piena parità dei sessi nelle istituzioni politiche sembra ancora in salita.

Foto: Reuters

Chi è Laura Luciani

Nata a Civitanova Marche, è dottoranda in scienze politiche presso la Ghent University (Belgio), con una ricerca sulle politiche dell'Unione europea per la promozione dei diritti umani e il sostegno alla società civile nel Caucaso meridionale. Oltre a questi temi, si interessa di spazio post-sovietico in generale, di femminismo e questioni di genere, e a volte di politiche linguistiche. E' stata co-autrice del programma "Kiosk" di Radio Beckwith.

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