ALBANIA: Ricollocati a Tirana i mujaheddin iraniani

Il 12 settembre scorso il Segretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry ha dichiarato che gli ultimi membri del controverso gruppo di resistenza iraniano Mojahedine-Khalq (MEK) – conosciuti in occidente come People’s Mujahedin of Iran (PMOI) – sono stati ricollocati con successo a Tirana. Ma chi sono i Mujaheddin del Popolo Iraniano? E perché si trovano a Tirana? A dispetto di ciò che ci si potrebbe aspettare dal frequente accostamento di termini quali mujaheddin, Islam, Balcani e Albania, non vi è alcun legame con l’ISIS o il fondamentalismo. Questa è un’altra storia.

Chi sono i Mujaheddin del Popolo Iraniano

L’organizzazione dei Mojahedin-e-Khalq nasce nel 1965 come organizzazione politico-rivoluzionaria degli studenti iraniani di Teheran e delle università europee. Il MEK si ispira sia al marxismo che all’Islam sciita, e nel 1979 partecipò alla rivoluzione iraniana con l’obiettivo di respingere l’imperialismo occidentale. Il gruppo entrò poi in conflitto con l’Ayatollah Khomeini. Dopo un fallito colpo di stato, il vertice dell’organizzazione si rifugiò a Parigi, mentre le sue milizie ripararono in Iraq sotto la protezione di Saddam Hussein, del quale divennero fedeli alleati.

Dopo la guerra in Iraq del 2003, il riavvicinamento tra Baghdad e Teheran e i continui incidenti con le milizie sciite ponevano una seria minaccia alla sicurezza dei mujaheddin iraniani in Iraq. Su pressione dell’ONU, gli Stati Uniti accolsero i membri del MEK presso la loro base di Camp Liberty e si impegnarono a trasferirli fuori dall’Iraq.

Nel 2012 il Segretario di Stato americano Hillary Clinton rimosse il MEK dalla lista delle organizzazioni terroristiche (di cui faceva parte dal 1997) ed un accordo venne raggiunto per il ricollocamento dei mujaheddin che si erano rifugiati a Camp Liberty. Le ottime relazioni che legano i Clinton e l’Albania sono state sicuramente un fattore decisivo.

Le controversie sul MEK

Nato negli anni ’60 come movimento rivoluzionario studentesco, il MEK ha sempre goduto di una certa simpatia presso la sinistra occidentale, attirata dalle sue istanze progressiste, come l’emancipazione sociale delle donne sciite. Miryam Rajavi, moglie del leader storico del MEK, Massoud Rajavi, e Presidente dell’organizzazione politica dei mujaheddin in occidente (il Consiglio Nazionale di Resistenza dell’Iran), ha avuto gioco facile nel proporsi come paladina dei diritti umani in Iran.

Nei campi militari iracheni, Human Rights Watch ed ex-membri del MEK hanno documentato però un’altra faccia del movimento. L’obbligo di divorzio e di abbandono dei figli, la segregazione per sessi all’interno del campo, il divieto di abbandonare il movimento e le confessioni collettive di pulsioni sessuali e emozioni che possano distogliere dalla lotta; rappresentano aspetti di un culto in cui tutto deve essere abbandonato in nome della riconquista dell’Iran.

I Mujaheddin del Popolo Iraniano in Albania

A settembre 2016 gli ultimi membri del MEK hanno raggiunto l’Albania dall’Iraq, mentre sembra che altri mujaheddin vi giungeranno da destinazioni temporanee. Sul numero esatto di mujaheddin che ospiterà l’Albania si fanno solo ipotesi, poiché gli estremi dell’accordo con gli USA rimangono segreti.

Finora non si è verificato alcun tipo d’incidente, anzi, diverse fonti riportano che alcuni mujaheddin stanno lasciando l’organizzazione per cominciare una vita normale in Albania. Nonostante ciò, la ricollocazione è stata festeggiata a Parigi da Miryam Rajavi come una grande vittoria sull’Iran. L’obiettivo dei Mujaheddin del Popolo Iraniano rimane il rovesciamento del regime teocratico e – ma solo di recente – l’introduzione di democrazia e diritti umani in Iran. Alle diverse rivendicazioni politico-territoriali presenti nei Balcani, si è così aggiunta la liberazione dell’Iran.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e PECOB, Università di Bologna.

Chi è Pierluca Merola

Nato a Roma, appassionato di Balcani e allargamento dell'UE, risiede a Bruxelles. Collabora con East Journal da Maggio 2016, per il quale narra di avvenimenti croati e balcanici. Parla correntemente inglese, francese e croato.

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