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MACEDONIA: Le responsabilità del governo per l’alluvione del 6 agosto

Il 6 agosto Skopje è stata colpita da una violenta alluvione, che ha provocato più di venti morti e innumerevoli danni. Molte persone si trovano attualmente senza casa o beni di prima necessità e la popolazione della capitale si è attivata immediatamente per aiutare i propri concittadini. Nonostante questo, nei giorni immediatamente successivi al disastro naturale, sono emerse le prove che questo disastro si poteva evitare. Mentre agenzie governative – anche di stampa – propagandano la visione che un evento climatico di tali dimensioni non fosse prevedibile e, quindi, evitabile. Come riporta infatti il Servizio Idrometeorologico macedone (HMS), in 5 ore sono caduti su una parte di Skopje 92,9 mm di acqua piovana. Un evento del genere, secondo l’HMS, accadrebbe con una percentuale dello 0,1%. Un evento quindi raro e imprevedibile.

Tuttavia, le responsabilità del governo non sono poche. L’esecutivo, attualmente presieduto da Emil Dimitrev ma per 10 anni ininterrottamente dal suo compagno di partito Nikola Gruevski, non si è adeguatamente impegnato nel mantenimento e nella costruzione delle infrastrutture necessarie per il corretto funzionamento del sistema fognario e degli argini dei torrenti e del fiume Vardar che attraversa la città. Come riporta il quotidiano Libertas, “le persone sono morte per la mancanza di infrastrutture adeguate”. Un report del settembre 2008 realizzato dal Comune di Skopje analizzava già allora come la città sarebbe stata a rischio idrogeologico. Al punto “Valutazione dei possibili rischi di pericolo da calamità naturali e altri disastri di Skopje”, il massimo rischio consisterebbe nei terremoti (come già accadde nel 1963, con la città quasi rasa al suolo) mentre al livello immediatamente inferiori vi sarebbero proprio “minaccia di inondazioni e la distruzione di dighe”. Nell’analisi del punto legato al rischio idrogeologico, l’intensità delle piogge è la prima discriminante legata al fenomeno.

Ad aggravare la posizione del governo vi è inoltre il progetto architettonico Skopje 2014. I fondi stanziati dall’esecutivo per questo progetto sono serviti per la costruzione di numerose statue e monumenti assolutamente non necessari, volti a creare un’identità nazionale posticcia. Un passo necessario per il governo che del nazionalismo fa il suo ideale portante. La spesa, che secondo numerose ricerche (e anche buonsenso) è stata assolutamente inutile, è arrivata a circa 800 milioni di euro. Seppur a posteriori è facile parlare, chi è stato a Skopje ha potuto vedere le gravi lacune che la città ha, non solo a livello idrogeologico. Non solo. Il governo ha deciso che alle famiglie alluvionate verranno donati 5.000€ per far fronte all’emergenza, andando a coprire una spesa pari a 110.000€ mentre proseguirà la costruzione della gabbia per le scimmie allo Zoo di Skopje, dal costo totale di 230.000€. Una spesa folle, in un momento di criticità come quello attuale.

Non potevano mancare, come quando accade un disastro naturale, fenomeni di sciacallaggio. Ma non quello comune, dove criminali approfittano dei disagi per rubare quanto più possono, ma quello politico. Il leader dell’opposizione socialdemocratica (SDSM) Zoran Zaev, saltato agli onori delle cronache politiche macedoni per essere uno dei protagonisti della crisi politica innescatasi nel 2014, si è fatto più volte riprendere dai suoi collaboratori mentre prestava aiuto – facendo attenzione a non sporcarsi dal fango – per poi caricare questi video sulla sua pagina personale di Facebook. Il gesto ha un valore assolutamente politico. Non è stato da meno Nikola Gruevski, che ha iniziato a fare un tour nelle zone più alluvionate per raccogliere il malcontento dei cittadini e cercare di mostrare l’attività del suo partito (e della sua persona) per risolvere le criticità connesse all’alluvione. Anche lui ha posato in numerose foto dove lo si vedeva aiutare la popolazione in difficoltà In un clima costante di campagna elettorale i due contendenti hanno sfruttato l’immagine che possono derivare dall’alluvione a scopi meramente politici.

La Macedonia ha svolto le ultime elezioni parlamentari e presidenziali nell’aprile del 2014. A seguito della consultazione elettorale, tuttavia, il partito socialdemocratico SDSM ha dichiarato che erano stati commessi dei brogli da parte del partito al governo dal 2006, la VMRO. Dopo il boicottaggio del Parlamento da parte degli eletti della SDSM, nel 2015 Zaev è entrato in possesso di trascrizioni di intercettazioni che dimostravano i brogli della VMRO e il controllo che questa esercitava su giornalisti, politici, magistratura e altri settori della società civile intercettando più di 20.000 cittadini. Da qui si è innescata la crisi politica che ha portato, grazie alla mediazione del Commissario europeo Hahn e del mediatore Vanhoutte, alla firma dell’Accordo di Pržino che prevedeva, tra i vari punti, elezioni anticipate e la costituzione di una Procura speciale indipendente (oggi gestita dal giudice Katica Janeva) che indagasse sullo scandalo intercettazioni. Accordi che si sono rivelati fine a se stessi. Le elezioni, inizialmente previste per aprile, sono state rimandate fino a data da destinarsi in quanto non si è rilevato che vi fossero gli standard democratici basilari affinché le elezioni si potessero considerare democratiche. Le liste elettorali, nonostante i controlli della Commissione elettorale di Stato macedone, sono ancora inquinate da elettori inesistenti e i media sono ancora troppo sotto il controllo dell’esecutivo e dell’ex primo ministro Nikola Gruevski.

 

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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