UCRAINA: L’ipocrisia europea e la foglia di fico degli accordi di Minsk

Nell’ultimo periodo si discute sempre più frequentemente riguardo all’opportunità di modificare gli accordi di Minsk, che sancirono il tentativo diplomatico di congelare temporaneamente il conflitto nel Donbass, giunto ad un’ intensità non più accettabile per le popolazioni residenti e per l’opinione pubblica occidentale. L’intenzione di ridiscutere gli accordi, risponde in realtà al desiderio di Francia, Germania e Italia di ristabilire normali rapporti commerciali con la Russia, ed eliminare o ridurre l’embargo esistente, che causa agli esportatori dei tre paesi cospicue perdite.

Questo desiderio non corrisponde però ad alcun progresso pacifico nella regione, con la guerra che negli ultimi due mesi ha riacquistato al contrario un’intensità preoccupante, con frequentissimi tiri di mortaio, che producono ogni giorno nuove vittime.

Gli accordi di Minsk hanno rappresentato un classico espediente diplomatico, che ha permesso all’Europa di placare i propri sensi di colpa, e alla Russia di consolidare l’avanzata posta in essere, con milizie irregolari, nel Donbass, includendo allo scadere degli accordi la conquista sanguinosa di un fondamentale scalo ferroviario. Questi accordi, continuamente e regolarmente violati sino alla recente recrudescenza del conflitto, hanno dimostrato la totale incomprensione, da parte dell’Europa, sia della situazione, sia dell’interlocutore che si trovavano di fronte al tavolo negoziale.

Gli strateghi europei non hanno compreso che in alcun modo la Russia permetterà lo slittamento dell’Ucraina verso l’Unione Europea. Per la Russia, l’Ucraina è cosa propria, parte di una koiné indivisibile, per la quale è pronta anche a combattere (come sta peraltro già facendo, con tecniche di guerra non convenzionale).  L’Europa si illude di poter gestire un progressivo ingresso dell’Ucraina nella propria orbita, e nello stesso tempo crede di poter proseguire nei consueti affari con la Russia: raramente miopia ed avidià’ si sono unite con tale pericolosa incoscienza.

La Russia non è disposta a rinunciare alla propria influenza dominante sull’Ucraina: le logiche di Yalta sono perfettamente in vigore dal punto di vista russo,  e la perdita della propria influenza sui Paesi Baltici, e sugli ex membri del Patto di Varsavia, è tuttora vissuta come un vulnus L’appartenenza dell’Ucraina alla sfera russa è ritenuta non negoziabile.

La situazione sul campo, non potrebbe poi essere peggiore: oltre all’incorporazione armata della Crimea, di cui non si parla nemmeno più tra i pavidi negoziatori europei, considerata l’ineluttabilità strategica della conquista russa, peraltro fra le più gravi lesioni al diritto internazionale dopo il 1945, nelle province di Donetsk e Lugansk si sta consolidando una nomenklatura militar-mafiosa che si impadronisce progressivamente di beni economici e immobiliari con il consenso di Mosca (trasferendo anche interi complessi industriali in territorio russo). L’economia vive ormai con la moneta russa, e interi convogli ferroviari carichi di banconote provenienti dalla Russia permettono ai dipendenti pubblici di sopravvivere. Ipotizzare un ritorno all’Ucraina di questi territori, nonostante la fiducia nel negoziato tuttora esistente nel governo ucraino, appare abbastanza utopistico.

Dal canto suo, il potere russo, oltre ad un’intensa manipolazione mediatica dell’opinione pubblica, ormai in corso da anni con metodi sofisticati, sta rafforzando con successo valori unificanti quali la tradizione, la religione, la Grande guerra patriottica, il mito dell’Unione Sovietica, il mito della virilità, ed i tradizionali timori di accerchiamento, da parte dell’occidente corrotto e decadente.

Questi valori sono ormai incomprensibili ed arcaici per gli europei, ma del tutto vivi e vigenti in Russia, e perfettamente funzionali al rafforzamento del potere attuale. E’ bene che l’Europa si renda conto in fretta della realtà, e comprenda bene le intenzioni della controparte. Credere agli accordi di Minsk ha rappresentato un’ipocrisia interessata: credere di poter riprendere a fare i propri affari senza accontentare Vladimir Putin è una patetica illusione. Gli ucraini continueranno nel frattempo a morire. E a Mosca ci si potrà sempre chiedere, ad alta voce: quante divisioni ha l’Europa?

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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