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CALCIO: Il ritiro di Nemanja Vidić, mai profeta in patria

Nemanja Vidić non è più un calciatore professionista. Ha annunciato il suo ritiro il 29 Gennaio, alcuni giorni dopo aver rescisso il contratto con l’Inter. Questa decisione non è venuta a ciel sereno: il difensore serbo, infatti, già dall’inizio della stagione aveva perso il contatto con il campo a causa degli infortuni che lo avevano colpito ripetutamente negli ultimi anni. Nella lettera ufficiale mandata al Manchester United, Vidić spiega che sono l’ernia e i problemi alla schiena che lo hanno accompagnato per tutta la carriera a costringerlo al ritiro.

Questa decisione arriva al termine di una carriera straordinaria, in cui ha vinto ogni trofeo possibile guidando la linea difensiva dei Red Devils. La coppia formata con Rio Ferdinand, infatti, è stata una delle migliori della sua generazione. La precisione dei suoi tackle e le grandissime doti atletiche sono state i punti di forza della carriera di Vidić. Tuttavia, la scelta di sir Alex Ferguson di dargli un ruolo centrale nel suo Manchester United non è dipesa esclusivamente da queste caratteristiche. La personalità e il carisma del centrale serbo gli hanno permesso di guadagnarsi la fascia di capitano in più di un’occasione. La prima di queste partite è stata nel 2010, in Turchia contro il Bursapor, a causa delle assenze simultanee di Gary Neville, Ryan Giggs e del suo compagno di reparto Rio Ferdinand. Mettere la fascia al braccio di Nemanja è stata una sorta di investitura: quando la classe del 1992 (anno in cui il Man Utd vinse la FA cup per squadre primavera schierando in campo Beckham, Butt, Giggs, Gary e Phil Neville, e Scholes) era ormai in parabola discendente, Ferguson si è affidato al centrale serbo per prolungare l’ondata di successi.

L’apice della sua carriera è universalmente riconosciuta nella finale di Champions League del 2008, vinta ai rigori contro il Chelsea. In questa occasione, Vidić è stato perfetto, giocando una delle sue migliori partite e contribuendo in modo decisivo alla vittoria della sua squadra. Nello stadio Lužniki di Mosca, che ospitava l’ultima performance di quella campagna europea, si è consumata anche la “vendetta” personale del centrale serbo nei confronti di Didier Drogba. Un mese prima, infatti, il centravanti ivoriano aveva ridotto il centrale serbo a maschera di sangue; in un anticipo tanto coraggioso da essere addirittura azzardato, Vidić aveva colpito perfettamente la palla con precisione chirurgica senza tenere conto del movimento che aveva ormai iniziato il giocatore del Chelsea. Il risultato è stata una ginocchiata in pieno volto e tanto sangue, a beneficio dei fotografi e dei giornalisti che già descrivevano Vidić come un difensore incurante del pericolo.

Ebbene, un mese dopo i due si sono ritrovati a giocarsi la finale di Champions: uno schiaffo dell’ivoriano al serbo gli è costata l’espulsione. Il Chelsea ha probabilmente pagato l’inferiorità numerica e la coppa ha preso la via di Manchester. Il video della “scaramuccia” tra i due si conclude con 4 giocatori blues che trattengono il serbo, pronto a vendicarsi dell’abuso fisico ricevuto. Alcuni anni dopo, Drogba ha definito Vidić uno dei suoi avversari più fieri e rispettati. La rivalità tra i due è stata spesso usata come termine di metafora per indicare quella tra il Manchester di Ferguson e il Chelsea di Mourinho che ha caratterizzato quegli anni.

Allo United sicuramente Vidić ha avuto i momenti migliori della sua carriera, vincendo 15 trofei in totale, tra 5 Premier e 1 Champions. Le performance in nazionale non sono state altrettanto soddisfacenti e hanno vissuto perlopiù di alti e bassi. La campagna di qualificazione al mondiale del 2006 ne è stata sicuramente l’apice. I quattro della linea difensiva composta insieme a Krstajić, Dragutinović e Gavrančić è passata alla storia come i Famous Four, avendo concesso soltanto una rete in tutto il torneo eliminatorio: record tuttora imbattuto. Una squalifica e un infortunio ai legamenti del ginocchio hanno impedito a Vidić di scendere in campo durante il mondiale tedesco in cui la Serbia ha giocato soltanto le partite del terribile girone formato con Olanda, Argentina e Costa d’Avorio.

L’addio alla nazionale serba è avvenuto tra le polemiche nel 2011. A motivare la decisione di lasciare gli impegni con la squadra del suo paese sono state le continue critiche ricevute da stampa e tifosi per il suo atteggiamento con la maglia del proprio paese, giudicato superficiale e subordinato agli impegni del proprio club. Queste accuse, ritenute gratuite e ingenerose, erano insopportabili per un uomo dal temperamento di Vidić, che ha preferito sottrarsi ai processi mediatici e dedicarsi alla sua squadra di club, a cui tanto aveva dato e altrettanto aveva ricevuto durante la sua carriera.

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Chi è Matteo Marchello

Nato a Lecce, vive a Londra. Scrive di calcio per Trappoladelfuorigioco.it ed East Journal.

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