TENNIS: Le tre racchette che stanno riportando la Romania in alto

La Romania ha un motivo in più per celebrare la festa nazionale, che ogni 1 dicembre ricorda l’unificazione dello stato. Dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1918 le regioni storiche della Bessarabia, della Bucovina e della Transilvania si sono unite al piccolo Regno di Romania: si chiude così il lungo processo dell’unità dei romeni. Un processo che dal 1991, dopo la rivoluzione anticomunista e la caduta del regime totalitario di Ceaușescu, è diventato festa nazionale, celebrata con la tradizionale parata a Bucarest e una serie di mostre, concerti, proiezioni e ricevimenti nelle varie missioni diplomatiche.

Alla celebrazione di quest’anno si accompagna l’orgoglio per un traguardo sportivo difficile da prevedere, il trionfo al Masters di tennis, il torneo cui partecipano gli otto migliori giocatori e le otto migliori coppie della stagione, di Horia Tecău, che ha conquistato il titolo in doppio, in coppia con Rojer, senza perdere un set. In finale, dall’altra parte della rete, ha trovato l’amico-nemico Florin Mergea, con l’indiano Bopanna. Il successo, di forte valenza simbolica, arriva a quarant’anni dal quarto e ultimo titolo in singolare di Ilie Năstase, che a Stoccolma nel 1975 rovinò la festa a Björn Borg e alla televisione svedese (la finale durò solo un’ora e mezza). Da allora, nessun rumeno si era mai più imposto al Masters.

È la rivincita di Tecău, una delle più grandi promesse, non del tutto realizzata, del tennis romeno, che da junior faceva sognare con Mergea. A 14 anni, giocano per la prima volta in doppio agli Europei di San Remo, e vincono. Nel 2002, arrivano in finale agli Australian Open junior e trionfano a Wimbledon per due anni di fila, nel 2002 e nel 2003, quando Mergea conquista il titolo anche in singolare, come solo Pat Cash e Roger Federer erano riusciti a fare. Nel 2003, visti gli infortuni di Andrei Pavel e Gabriel TrifuTecău e Mergea debuttano in doppio in Coppa Davis e portano a casa uno dei tre punti che permettono alla Romania di battere l’Ecuador, in un tie storico con tutti gli incontri finiti al quinto set. Non giocheranno più nella competizione a squadre fino al 2007, fino alla memorabile vittoria contro la Francia. Cominciano a fare coppia stabilmente anche sul circuito, fino all’aprile 2008. Poi, a Roma, Tecău gli dice che si iscrive al torneo con Yves Allegro: giocherà poi con una serie di parner più esperti, da Pavel a Lindstedt, a Rojer.

Mergea, invece, che da bambino sognava di diventare pilota di Formula 1, ma non si è opposto al programma già pensato per lui dai genitori, soffre di più per la fatica di emergere. I poster in camera che l’hanno accompagnato negli anni, con la scritta “Sarò il numero 1”, “Voglio essere il migliore”, generano solo paura di perdere. Perde anni preziosi, perché gira per il mondo senza un coach, senza un team, e rifiuta diverse offerte da agenzie straniere di management. Da junior batteva futuri campioni come Murray e Tsonga, ma si porta dietro buchi mai del tutto colmati nelle strategie di gioco e nella meccanica dei gesti. Non entra mai in top-100 in singolare, pensa anche di lasciare il tennis e, grazie soprattutto a sua moglie, “si accontenta” di una seconda carriera di successo in doppio.

È una storia di formazione e di ispirazione per una nazione che dopo gli anni di ȚiriacNăstase ha vissuto un oblio tennistico lungo, nutrito dalla mancanza di strutture e di coach preparati a guidare la transizione tecnica e psicologica dei ragazzi per avviarli al professionismo. Una nazione che negli ultimi due anni si è di nuovo entusiasmata per il biennio d’oro di Simona Halep, prima rumena a battere una numero 1 del mondo (Serena Williams al Masters dell’anno scorso), capace di salire in classifica dove nessun’altra connazionale era mai arrivata, nemmeno Virginia Ruzici, campionessa al Roland Garros 1978 e ora sua manager.

Cresciuta con più racchette che bambole, con grandi sogni e piedi ben piantati a terra, con la mamma casalinga e il padre proprietario di un caseificio a Costanza, ha sentito le difficoltà delle aspettative quest’anno, si è sentita in dovere di vincere per confermare la finale del Roland Garros. Era lontana a febbraio, a Indian Wells, quando suo cugino si è suicidato senza lasciare nemmeno un biglietto d’addio, travolto secondo Agentia.org dai debiti di gioco. Più forte della paura, porta in campo sempre e ovunque l’attaccamento molto forte alla bandiera e al suo popolo. Ha bisogno di sentire il calore di chi la segue da sempre. E di dare una risposta alla domanda che la insegue da tempo: quanto manca per il primo Slam, per una nuova festa nazionale?

Foto: Horia Tecau (Facebook)

Chi è Alessandro Mastroluca

Alessandro Mastroluca scrive di sport da dieci anni. Collabora con Fanpage.it, Spazio Tennis e tennis.it. Segue per l'agenzia Edipress l'inserto settimanale sulla Serie B del Corriere dello Sport. È telecronista per Supertennis e autore di La valigia dello sport (Effepi), Il successo è un viaggio. Arthur Ashe, simbolo di libertà (Castelvecchi) e Denis Bergamini. Una storia sbagliata (Castelvecchi).

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