Stadio Luzanky Brno Flickr Jaroslav A. Polák

CURVA EST #1: L’incredibile ricostruzione dello stadio Lužánky

Curva Est è la nostra selezione settimanale di articoli e letture a tema sportivo, centrati sull’est Europa, ma non solo. Un compendio di tutto quello che abbiamo ritenuto valga la pena di leggere, a cura della redazione sportiva di East Journal, tra storie, approfondimenti e curiosità.

Un inno d’amore per lo stadio Lužánky

Zbrojovksa Brno fans and the remarkable rebuilding of their Za Luzankami stadium
Nick Ames e Michal Petrák
The Guardian, 8 settembre 2015

Lo stadio Lužánky di Brno, casa dello Zbrojovka Brno, un tempo era lo stadio più grande della Cecoslovacchia. Caduto in disuso nel 2001, per anni non trovò mai nessuno che si volesse fare carico della sua ricostruzione. Fino al momento in cui il trentaseienne Petr Švancara, capitano del club, non ha deciso che avrebbe giocato la sua partita di addio su quel campo. Švancara è stato in grado di mobilitare il supporto di diversi fan e impegnarli nella pulizia dello stadio. Il sostegno è cresciuto oltre ogni aspettativa, tanto da portare alla riparazione di una gigantesca crepa nella struttura dello stadio. La partita di addio di Švancara si è svolta il 27 giugno, con 35.000 spettatori sugli spalti del Lužánky e migliaia di altri rimasti fuori dallo stadio. Švancara, che era in campo insieme al padre e al figlio, non ha saputo trattenere le lacrime: «Sono stato felice che le leggende dello Zbrojovka abbiano gradito la partita. Se lo sono meritati e volevo che potessero giocare di nuovo di fronte a un Lužánky pieno. E oggi, alcuni uomini anziani mi fermano per strada e mi dicono che li abbiamo commossi alle lacrime, anche se erano anni che non piangevano». Recentemente è stato annunciato un piano da 40 milioni di sterline per il restauro dello stadio, che verrà affittato all’associazione di supporter guidata da Švancara.

Da lampione a diamante, l’epopea del “self-made man” Džeko

Edin Džeko: self-made man
Emiliano Battazzi
L’Ultimo Uomo, 10 settembre 2015

Abbiamo parlato settimana scorsa della storia di Edin Džeko, attaccante della Roma cresciuto nella Sarajevo dell’assedio. In questo “ritratto di un centravanti che si è fatto da solo”, L’Ultimo Uomo ripercorre le principali tappe della carriera del Dijamant di Bosnia. Gli esordi con lo Željezničar, la squadra dei ferrovieri di Sarajevo, in una posizione diversa da quella ricoperta oggi, centrocampista offensivo, e il soprannome Kloc, “lampione”, dato a un giocatore alto e apparentemente poco dotato. A scovare il suo talento è l’allenatore ceco Jirí Plísek, che nei quattro mesi trascorsi allo Željezničar intuisce rende Džeko un “target striker” e lo porta con sé al Teplice per 30.000 €. I dirigenti dello Željezničar pensano di aver vinto la lotteria, così tanto per un giocatore che non sarebbe divenuto nessuno. Džeko esplode come punta centrale, dimostrando inoltre una forza di volontà fuori dal comune: lavora continuamente sui propri difetti. È così che Kloc diventerà un giocatore simbolo della nazionale bosniaca, che contribuirà a portare per la prima volta a una Coppa del Mondo, e un calciatore amato e popolare, grazie all’immagine “di uomo modesto ma vincente” e al fatto di essere il primo ambasciatore UNICEF della Bosnia-Erzegovina. Dal Teplice raggiunge il calcio che conta: Wolfsburg, poi il Manchester City dove non ha vita facile. Fino ad approdare a Roma grazie al contributo dell’amico e connazionale Miralem Pjanić.

Refugees welcome

In Germany, migrant aid is a team effort
James Montague
The New York Times, 9 settembre 2015

Sul New York Times, James Montague racconta come, in Germania ma non solo, il mondo del calcio stia affrontando l’attuale crisi migratoria europea. Se diversi club, tra cui Roma, Bayern Monaco, Real Madrid, PSG e Porto, hanno destinato somme a diverse organizzazioni attive nel supporto o nell’accoglienza dei richiedenti asilo, si è distinto per originalità il St.Pauli di Amburgo, club di dimensioni più modeste, ma divenuto oggetto di culto per la sua etica punk-rock e la sua coscienza sociale. Il club ha distribuito gratuitamente mille biglietti per un’amichevole contro il Borussia Dortmund tra i migranti arrivati recentemente nell’area di Amburgo. Un modo per far sentire i migranti supportati e per raccogliere fondi (45.000 € sono stati i proventi ottenuti dagli spettatori paganti e dalla raccolta fondi dedicata) per finanziare una nave che svolga operazioni di soccorso ai migranti nel Mediterraneo.

La curiosità

VIDEO

Spesso si usa dire che il tifo è il dodicesimo uomo in campo di una squadra. In Romania si è passati ai fatti con la campagna Eu Sunt 12, “Io sono il 12”, di supporto alla squadra nazionale impegnata nelle qualificazioni a Euro 2016, promossa da un’agenzia di marketing di Brașov con una suggestiva presentazione: «La Romania può non aver giocato spesso il calcio più bello e migliore, ma ha sempre giocato in 12, non in 11. Chi sono io? Sono la bandiera che sventola in tribuna quando tutti se ne sono andati». E per sottolineare quanto il pubblico sia veramente un uomo in campo, due ore prima della gara tra Romania e Grecia, i passanti che uscivano dalla stazione metro di Dristor sono stati accolti da una folla di tifosi, come se fosse l’entrata sul campo di gioco dal tunnel degli spogliatoi.

Photo: Jaroslav A. Polák (Flickr)

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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