CALCIO: Steaua contro Steaua. Giochi di potere sulla pelle del calcio romeno

Un braccio di ferro che continua da mesi e che sta mettendo in ginocchio il più grande club romeno, lo Steaua Bucarest. Il controverso proprietario del club, Gigi Becali, e il ministero della Difesa stanno combattendo una guerra legale sulla proprietà del nome e dei simboli dell’ex squadra dell’esercito. Da gennaio dell’anno scorso, la società di Gigi Becali è diffidata dall’utilizzare i simboli della squadra e persino il nome Steaua: la squadra che ha vinto all’ultima giornata il campionato 2014/15 aveva un logo differente rispetto a quello con cui aveva iniziato il campionato. Al posto del nome, solo un anonimo acronimo: FCSB.

La guerra tra il ministero della Difesa, rappresentato dal giurista Florin Talpan, e la proprietà della squadra si è inasprita ulteriormente alla fine di quest’estate: l’esercito ha dichiarato l’intenzione di iscrivere una squadra di nome Steaua alla quarta divisione del campionato romeno, mentre Becali ha minacciato di vendere la squadra e cercare un altro club da gestire – nominando il Petrolul Ploieşti. Nel frattempo la squadra si è fatta eliminare al secondo turno preliminare di Champions dal Partizan Belgrado ed è uscita definitivamente dalle coppe europee perdendo lo spareggio per l’Europa League contro i norvegesi del Rosenborg.

Lo Steaua è la squadra di maggior successo del campionato romeno, con 26 scudetti e 22 coppe nazionali in palmares. Nel 1986 è divenuta la prima squadra di oltrecortina a vincere una Coppa dei Campioni, trionfando nella finale di Siviglia ai rigori grazie alle parate del leggendario portiere Helmuth Duckadam. Ai tempi la squadra era presieduta da Valentin, figlio del dittatore Nicolae Ceauşescu, e faceva capo all’esercito, che ne ha mantenuto la proprietà anche dopo la caduta del regime comunista.

Gigi Becali è un figlio della privatizzazione post-comunista. Già nel 1998 l’esercito, impossibilitato a continuare a investire soldi nella sezione calcistica del club, aveva affidato lo Steaua a un gruppo di investitori privati, accordando il permesso di utilizzare stemma e nome. Nel 2003 fu la volta di Viorel Păunescu: la sua presidenza costò l’indebitamento alla squadra. A Gigi Becali, un imprenditore immobiliare poi riciclatosi come deputato per il partito liberale, venne offerto un posto nella dirigenza del club, nella speranza che investisse sulla squadra. L’anno successivo Becali, personaggio controverso e famoso soprattutto per le sue boutade a uso telecamera, comprò la quota di maggioranza del club, che negli anni a seguire divise tra familiari e amici, concentrando il 93% del capitale nelle mani dei nipoti Constantin e Vasile Geambazi, ma mantenendone di fatto il controllo.

Nel maggio 2013 Becali viene arrestato e condannato per aver istigato degli ufficiali del ministero della Difesa all’abuso della loro posizione. Sotto accusa uno scambio di terreni nell’area di Voluntari, poco fuori Bucarest, avvenuto nel 1999 tra Becali e l’esercito. Lo scambio avvenne a condizioni fortemente sfavorevoli per l’esercito, mentre Becali ottenne grazie alla crescita dei prezzi immobiliari un guadagno stimato attorno ai tre milioni di dollari. Assieme a lui vengono condannati un ex capo di Stato Maggiore e un ex ministro della Difesa, accusati di corruzione e abuso d’ufficio. In carcere, nei mesi precedenti, sono finiti anche il general manager Mihai Stoica, accusato di frode e riciclaggio di denaro, e il capo ultrà Gheorghe Mustata, sospettato di tentato omicidio.

Becali dichiara: “Lo Steaua sarà mio fino alla fine” e continua a dirigere la squadra da dietro le sbarre del carcere di Poarta Albă. Proprio durante la sua incarcerazione, terminata prematuramente nell’aprile 2015, si consuma il colpo di scena: il 3 dicembre 2014 la Corte Suprema di Romania decreta che la registrazione dello Steaua a titolo di Becali è stata fatta secondo una procedura non corretta ed è pertanto illegale. Pochi giorni dopo, quando lo Steaua scende in campo contro il CSMS Iaşi, ogni riferimento al nome e al logo della squadra vengono fatti sparire: il nome Steaua e il logo vengono rimossi o coperti con il nastro adesivo, il maxischermo dichiara “Padroni di casa”, lo speaker può riferirsi alla squadra solo come a “i campioni di Romania”. La storia della squadra “senza un nome” viene raccontata anche in un mini-documentario di Copa90 intitolato Steaua Bucharest, the team with no name.

La sentenza è l’ultimo atto di una battaglia legale iniziata nel 2011, quando Becali aveva protestato per l’affitto di 40.000 sterline a partita che corrispondeva all’esercito per giocare nello stadio Ghencea, quartier generale storico dello Steaua, oggi in disfacimento. Come ha scritto Emanuel Roşu sul Guardian, “le intenzioni di Becali non includono la possibilità di ricomprare quel che dichiara di possedere già”. Nel frattempo il supporto per il club è colato a picco e la battaglia per la proprietà dell’identità dello Steaua e della sua storia stanno minacciando la sopravvivenza di quella stessa identità e quella stessa storia.

Photo: Sebastian Sbornaz

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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