POLONIA: La vittoria di Duda, tra voglia di cambiamento e incertezza nel futuro

Il trionfo di Andrzej Duda – leader di Diritto e Giustizia (PiS) – alle elezioni presidenziali in Polonia fa rumore. Alla vigilia era quanto mai inaspettato, anche se alle amministrative dello scorso anno il suo partito aveva fatto il pieno di voti. È ancora presto per fare previsioni ma in molti temono che ora la Polonia possa seguire le orme dell’Ungheria di Victor Orban, cavalcando un nazionalismo acceso dall’ampia platea degli euro-scettici.

La vittoria di Duda arriva dopo la riconferma dei conservatori di David Cameron nel Regno Unito e la sorpresa Podemos in Spagna. Tre contesti molto diversi ma con un avversario comune: la politica economica di Bruxelles, incapace di risolvere i problemi. Da questo punto di vista quello della Polonia è, però, un caso paradossale. Negli ultimi 25 anni il Paese ha vissuto una situazione economica molto diversa dai vicini dell’Europa dell’est. Una volta riassaporata la libertà, dopo la caduta del Muro, è stato tra i primi ad attuare una serie di riforme fondamentali grazie alla vittoria di Solidarnosc nel 1990. È sfuggito alla recessione del 2008. Il boom economico dell’ultimo decennio è sotto gli occhi di tutti, anche se negli ultimi anni la crescita è rallentata. Stando al rapporto Seda (Sustainable Economic Development Assesment), stilato dal Boston Consulting Group, la Polonia ha ormai raggiunto dei livelli di benessere molto elevati, scalzando addirittura la Gran Bretagna in alcuni settori come l’istruzione, mentre arranca nelle infrastrutture nonostante i 40 miliardi di euro investiti dall’UE.

Eppure, al di là di alcuni parametri lusinghieri, i polacchi hanno espresso una voglia di cambiamento che sembra esser figlia di alcune contraddizioni di fondo. La crescita economica ha migliorato il tenore di vita dei polacchi, ma ha anche creato una serie di aspettative difficili da realizzare in tempi brevi. La disoccupazione giovanile è al 24%, e negli ultimi dieci anni oltre due milioni di polacchi hanno lasciato il Paese. Una delle mete più gettonate la Gran Bretagna, e in particolare Londra, che offre opportunità lavorative e standard di vita nettamente migliori. I salari restano ancora troppo bassi, circa un terzo della media europea. L’ombra delle mazzette affligge il sistema sanitario nazionale. La corruzione è un fenomeno sociale ancora pesante: nella classifica stilata da Transparency International nel 2014, la Polonia occupa il 35esimo posto su 175 Paesi, anche se fa di gran lunga meglio dei suoi vicini. Lituania, Slovenia, Lettonia, Ungheria e Romania sono infatti qualche gradino più sotto.

I numeri, però, non spiegano tutto, soprattutto in una campagna elettorale che non ha riguardato solo l’economia. Molti analisti sostengono che Duda abbia cavalcato l’incertezza economica e giocato sui timori per il futuro rassicurando in modo abile le fasce più deboli. Si spiegano così le promesse relative all’incremento dei salari, lo stop all’aumento dell’età pensionabile a 67 anni e l’idea di fornire un contributo economico alle famiglie più numerose. D’altro canto, è stato anche capace di toccare alcuni nervi scoperti, dalle relazioni diplomatiche con Germania e Russia (il che dovrebbe comportare una presenza stabile di basi Nato in Polonia e un ruolo di primo piano nella vicenda ucraina) al legame profondo con la Chiesa polacca, da sempre su posizioni molto conservatrici. Non è un caso che Duda si sia schierato per il no all’aborto e alla fecondazione in vitrio, facendo incetta di voti non solo nelle province più povere e rurali ma anche tra i giovani. Se al cambio di presidenza seguirà uno di governo potrebbe essere a rischio l’eventuale entrata nella moneta unica, tema che era stato rimandato a dopo le elezioni.

Ecco perchè la partita decisiva si giocherà alle elezioni politiche di novembre. Un bel problema per il primo ministro, Ewa Kopacz, di Piattaforma Civica (PO), considerando il fatto che in questo caso il PiS appare favorito nei sondaggi. Si deciderà forse allora il destino della Polonia dei prossimi anni. Tra crescita economica e incertezza nel futuro.

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