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UNGHERIA: Energia, Budapest non può fare a meno della Russia?

La questione energetica continentale sembra di nuovo essere al centro di tensioni e dissidi, dopo l’archiviazione del gasdotto South Stream. Il progetto, fortemente sponsorizzato da Mosca (e infine cancellato per volontà sempre di Mosca), avrebbe connesso direttamente la Russia con l’Unione Europea eliminando ogni paese extra-europeo dal transito delle proprie pipeline, annoverava tra l’altro fra i promotori anche l’italiana ENI, oltre a Gazprom, EDF e Wintershall.

Pochi giorni fa, in un incontro congiunto, i ministri degli esteri ungherese e serbo, Peter Szijarto e Ivica Dacic, hanno espresso perplessità e preoccupazione in merito alle alternative infrastrutturali che dovranno sostituire il già citato progetto South Stream. Nel dettaglio, i due ministri hanno specificato che l’Unione Europea (che già da tempo ha invitato i paesi membri a diversificare le proprie fonti di approvigionamento in modo da limitare la dipendenza energetica) ha la responsabilità di garantire alle regioni interessate dalla cancellazione della costruzione del gasdotto la piena sicurezza energetica.

Il ministro serbo Dacic ha specificato che «i cittadini di Ungheria e Serbia hanno gli stessi pieni diritti di ottenere il gas come i cittadini della Germania e dell’Europa del Nord»; più a fondo, invece, il ministro ungherese Szijarto, il quale ha affermato che, dal momento che l’Unione Europea non ha mai appoggiato il progetto per trasportare gas naturale dalla Russia alla Bulgaria, alla Serbia, all’Ungheria e attraverso ancora altri Paesi, Bruxelles ha ora il dovere «di sostenere altri progetti in grado di aumentare la sicurezza energetica in Europa Centrale e in Europa dell’Est».

Cosa vuol dire sicurezza energetica

L’energia, all’interno del contesto economico e difensivo di uno Stato, ha un ruolo certamente di primissimo piano, da cui il concetto di “sicurezza energetica”, spesso tradotto con «la disponibilità di energia a prezzi ragionevoli».

Si tratta di una definizione che pone in gioco due ulteriori elementi: l’affidabilità del flusso in ingresso di materie prime (e il conseguente pieno funzionamento delle infrastrutture adibite alla gestione di tale flusso) e la garanzia che i prezzi di queste materie prime non subiscano variazioni improvvise o spropositate nel tempo, con il rischio di porre in crisi le economie coinvolte in questo scambio.

Non c’è alternativa alla Russia per la sicurezza energetica dell’Ungheria, secondo Orban

In assenza di South Stream, dunque, quale futuro per la sicurezza energetica ungherese? La risposta arriva direttamente dalla bocca di Szijarto, il quale ha recentemente affermato che, in assenza di piani alternativi, «Budapest non può permettersi di non negoziare con la Russia sulle forniture di gas russo» e che, proprio a seguito della cancellazione del progetto, «l’unico modo per garantire la sicurezza energetica nazionale è trattare con la Russia».

Un legame, quello fra Ungheria e Russia, che in campo energetico ha già avuto modo di realizzarsi con l’accordo, firmato nel dicembre 2014, per la costruzione di due reattori da 1.200 megawatt che amplieranno l’unica centrale nucleare ungherese, quella di Paks; un accordo, questo, contro le cui modalità di approvazione è insorta l’opposizione che ha denunciato come un patto di tale portata, con «tanti soldi in ballo e ricadute profonde per il Paese», sia stato di fatto «firmato in segreto senza interpellare i cittadini ungheresi».

Szijarto, a evidenziare il grado di dipendenza energetica che lega Budapest a Mosca, ha poi sottolineato come l’85% del gas naturale consumato annualmente in Ungheria sia di provenienza russa. Un’affermazione che, in larga misura, anticipa i temi di discussione dell’incontro fra il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán e il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, previsto a Budapest per martedì 17 febbraio; in agenda, anche lo stato delle relazioni bilaterali politiche ed economiche tra Russia e Ungheria, la sicurezza energetica nella valle danubiana, il conflitto in Ucraina e le relative sanzioni UE verso Mosca.

Non a caso, in relazione a quest’ultimo punto, Szijarto ha sottolineato come le sanzioni europee e le contro-sanzioni introdotte da Mosca abbiano ostacolato gli scambi economici fra la UE e la Russia e abbiano condotto, in Ungheria, ad un calo del 13% nelle esportazioni verso la Russia, con perdite complessive calcolabili nell’ordine di decine di milioni di euro.

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