Luca Vasconi

INDIA: Bikaner e il Tempio dei Topi

Viaggio alla scoperta di Bikaner, la città del deserto del Rajasthan dove è diffuso il culto dei topi

Bikaner è una città situata nel Deserto di Thar, a nord-ovest del Rajasthan, nell’India del nord.

Seppur visitata da un buon numero di turisti, che per lo più vi soggiornano come base per le escursioni nel deserto, Bikaner non possiede attrattive al pari di altre perle turistiche della regione.

Non fa parte del classico tour del Rajasthan, la magica terra dei Maharaja che nella maggior parte dei casi prevede la capitale Jaipur, celebre per le sue pietre preziose e il magnifico “palazzo dalle mille finestre”, la città sacra di Pushkar, importante centro di pellegrinaggio induista conosciuta come la “piccola Varanasi”, Jaisalmer, la “città d’oro” del deserto, dal colore della pietra con cui è stata costruita che si accende al tramonto, la romantica Udaipur, con il suo fiabesco palazzo che si specchia nelle acque del lago Pichola e la pittoresca città blu di Jodhpur.

Il regno di Bikaner fu fondato nel XV secolo, quando Rao Bikaji, figlio del potente Marahaja di Jodphur, infuriato con il padre, decise di affrancarsi dal potente genitore e fondare il suo regno. Fu così che, nel 1488, fu fortificata la città di Bikaner.

La città è oggi conosciuta per il suo forte, per il Lalgarh Palace, un bellissimo palazzo in arenaria rossa fatto costruire dal Marahaja nel XX secolo, i suoi magnifici haveli, le abitazioni dei ricchi commercianti, la musica folk rinomata in tutto il mondo e il Camel Festival, che si tiene ogni gennaio nel piccolo villaggio di Ladera.

La più interessante, curiosa e stramba attrazione della zona si trova però ad una trentina di chilometri dalla città, nella cittadina di Deshnoke: il Karni Mata Temple, un famoso tempio indù eretto nel XV secolo e dedicato a Karni Mata, meglio conosciuto come “il Tempio dei Topi”.

Centinaia di miglia di persone giungono qui, da tutta l’India, per venerare i ventimila ratti che vi dimorano, scorrazzando in tutta libertà. I devoti offrono loro offerte, pregano e si prostrano alla vista di un raro e beneaugurante topo bianco. All’esterno del tempio sono state poste reti d’acciaio, per proteggere le “divin creature” dai piccioni, dai gatti e da altri pericolosi predatori.

La mistica Karni Mata, che faceva parte dell’importante casta degli charan, una casta di pastori e bardi guardiani e custodi della cultura, sarebbe vissuta nel XV secolo, sotto il regno del fondatore della città Rao Bikaji. Fu lei, secondo la leggenda, a predire a Bikaji un avvenire glorioso e una notorietà superiore a quella di suo padre.

Numerosi miti, come da buona tradizione indiana, circondano la nascita del tempio e spiegano i motivi della venerazione per i ratti: uno di essi, forse il più popolare, narra che a causa di una terribile epidemia di peste bubbonica migliaia di bambini perirono. Supplicata dai genitori disperati, Karni Mata fece un patto con il dio della morte, Yama, accordandosi per far sì che, per ogni offerta fatta a un topo, un bambino si sarebbe reincarnato in uno di questi roditori. Un’altra leggenda racconta di un bambino morto che Karni Mata condusse nel regno di Yama affinchè egli lo resuscitasse. Arrivarono troppo tardi e il bimbo si era già reincarnato in un topo bianco. Karni Mata, furiosa con Yama, decise che da quel momento in poi tutti i membri della sua casta, gli charan, avrebbero eluso il passaggio nel suo regno per essere giudicati e si sarebbero reincarnati direttamente in topi.

Vivaci mercati, polvere del deserto, tramonti infuocati, turbanti e sari colorati, capre, mucche sacre, cammelli, motorini sfreccianti, incessante via vai di carretti e riscio’, anziani con volti scavati da profonde rughe, fluenti barbe bianche, instancabili lavoratori, bambini che giocano in strada.

Benvenuti a Bikaner, la città del deserto dove chi venera un ratto non viene considerato mattoQui il reportage fotografico

Chi è Luca Vasconi

Nato a Torino il 24 marzo 1973, fotografo freelance dal 2012. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Torino, dopo alcuni anni di vita d’ufficio piuttosto deprimenti decide di mettersi in gioco e abbandonare lavoro. Negli anni successivi viaggerà per il mondo alla ricerca dell'umanità variopinta che lo compone.

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