MEDIO ORIENTE: Il terrorismo colpisce i paesi islamici, Iraq in testa

È da poco uscito il report del 2014 sul terrorismo globale, a cura dell’Institute for Economic and Peace, che raccoglie e analizza i dati sugli attentati terroristici avvenuti in tutto il mondo. In testa paesi più colpiti rimangono stabili l’Iraq, l’Afghanistan e il Pakistan; la Siria è al sesto posto, lo Yemen all’ottavo mentre Egitto, Libano e Libia si piazzano rispettivamente al tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo posto. Sette paesi su quindici sono quindi paesi del Medio Oriente, riconfermando così la gravità e la drammaticità della presenza terrorista in quei territori. I dati raccolti si riferiscono ovviamente all’anno precedente, cioè al 2013, ma riflettono tendenze in corso già almeno dal 2011 e riconfermate anche per il 2014.

L’Iraq la situazione irachena è pesantemente peggiorata dal 2012, a dimostrazione che forse qualcosa, nel processo di ricostruzione dello Stato e della Nazione, non sta andando nel verso giusto. In un anno, dal 2012 al 2013, gli attentati sono aumentati del 162 per cento, lasciando sul terreno quasi cinquemila morti e quindicimila feriti. La maggior parte degli attentati rivendicati sono attribuiti a gruppi che afferiscono all’ISIS, come Ansar al-Islam, o che invece si sono uniti ad Al-Qa’ida, come al-Nusrah. Ma, forse ancora più inquietante, la maggior parte degli attentati rimane non rivendicata, a dimostrazione che c’è un clima di violenza generalizzata e diffusa nel Paese.

L’Afghanistan – anche in questo caso si registra un aumento degli attacchi terroristici rispetto all’anno precedente, ma solo del 10 per cento. A colpire in Afghanistan sono soprattutto i Talebani, che si rendono responsabili del 75 per cento delle morti per terrorismo. Vengono colpiti soprattutto membri delle forze armate regolari afghane, da poco costituite ed addestrate dalle forze internazionali che erano presenti nel Paese. Diversamente dall’Iraq, dove ad essere colpite sono le città principali, Baghdad, Mosul, Baqubah, Kirkuk, in Afghanistan sono stati colpiti oltre cento agglomerati urbani.

La Siria non si registrano attacchi terroristici precedenti alla guerra civile che è scoppiata nel 2011, ma già due anni dopo si parla di mille morti in attacchi suicidi. Non ci sono ancora dati completi per il 2014, ovviamente, ma si prevede un peggioramento rispetto all’anno prima. Il conteggio degli attacchi terroristici appare particolarmente difficile perché in un contesto di guerra civile è quasi impossibile distinguere le vittime della guerra stricto sensu da quelle di attacchi terroristici, senza contare che vengono a sovrapporsi milizie che usano di tanto in tanto attacchi terroristi come metodo di guerra, da gruppi terroristici veri e propri. In ultimo, va ricordato come milizie e gruppi armati abbiano la tendenza endogena a frammentarsi in gruppi sempre più piccoli, e come quindi risulti difficile capire chi si sia reso colpevole di cosa; i gruppi terroristici più grandi rimangono quelli dell’ISIS, il Fronte al-Nusra, l’Esercito Siriano Libero e una coalizione sciita Hizballah-al-Quds-Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Nel 2013 almeno 16 giornalisti europei sono stati rapiti e nel 2014 si ricordano i tristemente noti nomi di James Foley, Steven Sotloff, David Heines, Alan Henning, Peter Kassig, uccisi dall’ISIS.

Lo Yemen In Yemen esiste un radicato gruppo terroristico di al-Qai’da, AQPA (al-Qai’da nella Penisola Arabica), che usa e rivendica gli attentati come metodo di lotta, e un gruppo di ribelli sciiti, al-Huthiyyun, che ha iniziato le sue proteste contro il governo di Abd Rabbuh Mansur Hadi in modo pacifico, ma che ha alzato il tiro fino ad occupare la capitale Sana’a, e ha costretto le autorità a segnare un accordo di governo condiviso. Pochi giorni fa gli Emirati Arabi Uniti hanno inserito il gruppo Houthi nella lista dei gruppi terroristici attivi; bisognerebbe però indagare quanto il gruppo usi effettivamente metodi terroristici di lotta, e quanto invece questa decisione non rifletta motivazioni politiche, innanzitutto perché è un gruppo che si pone contro il governo e lo stato yemenita, un paese geograficamente vicino agli Emirati stessi, e in seconda analisi perché è un gruppo che rivendica la sua identità sciita, anti-americana e anti-sionista, mentre gli Emirati sono a maggioranza sunnita e tradizionalmente amici dell’Occidente. A minare la stabilità del paese però sono soprattutto le lotte intestine tra esponenti di al’Qai’da, del partito sunnita Islah e esponenti Houthi che sono all’ordine del giorno, con uccisioni e attacchi nei villaggi.

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