Luca Vasconi

MAROCCO: Viaggio nel paese che ha detto no alla Coppa d'Africa

Il Marocco è balzato negli ultimi giorni agli onori della cronaca per il suo rifiuto di ospitare la Coppa d’Africa 2015 a causa del rischio contagio da virus Ebola.

Le autorità marocchine, preoccupate degli sviluppi dell’epidemia che in Africa occidentale sta flagellando la Sierra Leone, la Liberia e la Guinea, hanno giudicato troppo rischioso ospitare sul proprio territorio l’importante manifestazione.

La Fifa ha deciso di far disputare in ogni caso la Coppa e la Caf (la Confederazione del calcio africano che ad essa risponde) ha estromesso, per punizione, la rappresentativa maghrebina dalla competizione.

A poche settimane dall’inizio del torneo, in programma dal 17 gennaio al’8 febbraio 2015, si è deciso che la manifestazione si terrà in Guinea Equatoriale, la cui nazionale rientrerà in gioco (dopo esser stata esclusa per aver schierato un giocatore squalificato) in quanto paese ospitante. In soli due mesi il piccolo paese centro africano dovrà predisporre l’organizzazione, con tutti i problemi logistici che un evento di tal portata comporta.

Il Marocco è vittima o colpevole? Il dibattito infuria sui media africani.

Non tutti vedono il paese maghrebino vittima di una ingiustizia. I quotidiani algerini in maniera sibillina stanno ipotizzando che il forfait del Marocco sia stata una astuta mossa: Ebola sarebbe stato usato come perfetto alibi per non sfigurare data la pochezza tecnica della squadra marocchina, ottantottesima nel ranking mondiale, i ritardi e le difficoltà economiche che il paese stava incontrando nell’organizzazione della manifestazione.

A difesa del Marocco c’è la richiesta, inoltrata a inizio novembre, di far slittare la Coppa d’Africa tra sei mesi o un anno, in attesa di comprendere meglio l’evolversi dell’epidemia di Ebola.

La risposta della Caf, su ordine della Fifa, è stata irremovibile: la Coppa d’Africa si giocherà, senza il Marocco, in Guinea Equatoriale, nonostante l’allarme Ebola sia reale e l’Oms (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) stimi che siano ancora numerose le nazioni africane che rischiano di esser coinvolte in un’epidemia che ha già mietuto migliaia di vittime.

In un continente con problematiche enormi il calcio rappresenta una straordinaria valvola di sfogo, il bacino di fan è immenso, enormi le potenzialità commerciali. La Fifa lo sa e non rinuncia al suo bussiness, quasi mai pulito e sincero come la passione di milioni di ragazzini che, dal Marocco al Sud Africa, imitano a piedi scalzi, giocando con palloni di fortuna, le gesta di Lionel Messi, Cristiano Ronaldo e degli idoli africani Yaya Tourè e Didier Drogba

A dispetto dell’Ebola, delle enormi problematiche economiche,sociali e politiche, mentre centinaia di migliaia di migranti cercano ogni anno di lasciare l’Africa nella speranza di un futuro migliore, il pallone continuerà a rotolare e a regalare sogni nel Continente nero: The Show Must Go On!

Proprio il Marocco si trova su una delle principali rotte migratorie: dalle sue coste migliaia di disperati provenienti dall’Africa sub-sahariana tentano di raggiungere l’Europa.

Più di diecimila persone dall’inizio di quest’anno hanno tentato di entrare in Spagna da Ceuta e Melilla, le piccole enclave spagnole sulla costa mediterranea del Marocco; altre migliaia cercano ogni anno di raggiungere, attraverso altre rotte migratorie tra i due paesi, le Canarie o le Baleari.

La decisione del governo marocchino di dire no alla Coppa d’Africa, giusta o sbagliata che sia, è probabilmente volta anche a proteggere un’importante voce dell’economia del paese, il turismo.
E’ vero che la perdita di un evento a risonanza mondiale come la Coppa d’Africa rappresenta un grave danno dal punto di vista economico e dell’immagine per il paese, ma è altrettanto vero che decidere di esporsi al rischio dell’Ebola avrebbe potuto avere conseguenze catastrofiche (oltreché ovviamente per la popolazione marocchina) per il settore turistico, che deve già oggi fronteggiare un calo di presenze dovuto ad una, per ora assolutamente ingiustificata, psicosi da Ebola da parte di molti viaggiatori occidentali che negli ultimi anni avevano eletto il Marocco come una delle mete di vacanza principali a livello mondiale.

Nell’inverno del 2011 visitai la splendido paese di Mohamed VI, il sovrano in carica dal 1999, recente vittima di un curioso incidente diplomatico nell’agosto scorso quando, navigando con la sua imbarcazione nelle vicinanze di Ceuta, fu incredibilmente scambiato per uno scafista dagli agenti della Guardia Civil spagnola.

Dalla Spagna giunsi in traghetto a Tangeri, affascinante città di frontiera dove ancora oggi si percepisce lo spirito dei poeti e degli scrittori della Beat Generation che negli anni ‘50 animavano i suoi caffè; visitai la meravigliosa Chefchaouen, una gemma blu incastonata tra i monti del Rif, paradiso del’hashish e della marijuana, da secoli coltivata e fumata dai berberi; mi persi nelle strette vie della Medina della capitale Rabat e delle altre pittoresche città imperiali di Marrakesh, Fes e Meknes; mi recai a Casablanca sulle orme di Humphrey Bogart; godetti del sole, della brezza e delle incantevoli atmosfere di Essaouira, regno incontrastato dei gabbiani, dove è impossibile non soccombere e farsi sedurre dalla potenza e dall’energia dell’oceano Atlantico; il mio lento ed emozionante viaggio,sempre a contatto con la popolazione locale, termino’ a Zagora, dove mi lasciai avvolgere dagli immensi spazi, dal silenzio e dalla magia del deserto.

Benvenuti in Maroccoqui il reportage fotografico

Chi è Luca Vasconi

Nato a Torino il 24 marzo 1973, fotografo freelance dal 2012. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Torino, dopo alcuni anni di vita d’ufficio piuttosto deprimenti decide di mettersi in gioco e abbandonare lavoro. Negli anni successivi viaggerà per il mondo alla ricerca dell'umanità variopinta che lo compone.

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