SLOVACCHIA: NATO e Ucraina. Cosa ha deciso Bratislava?

Robert Fico (Smer) non vuole che la Nato costruisca una base militare in Slovacchia. Egli preferisce, se costretto, saggiare il parere dei cittadini slovacchi attraverso referendum. Questo è ciò che è venuto alla luce nell’intervista rilasciata dal primo ministro slovacco al quotidiano Nový čas.

Robert Fico ritiene che la terza ondata di sanzioni contro la Russia sia senza senso, poiché tutto ciò che l’UE finirà con l’ottenere sarà la ritorsione del gigante slavo. Che fare contro la Russia? Il premier slovacco non esita neppure un istante di fronte al suo intervistatore. Ripete: Rokovať, rokovať, rokovať. Negoziare, negoziare, negoziare.

In materia di sanzioni da comminare alla Russia, la Slovacchia si presenta come un’Europa in miniatura. La politica è un teatro pieno di sfumature e sul palco il presidente Kiska e il premier Fico si sono sfidati a braccio di ferro. Kiska afferma che le sanzioni contro la Russia non dovrebbero essere aumentate, poi cambia idea, e segue la linea UE, perdendo però in chiarezza. Fico, invece, si schiera totalmente contro le sanzioni, cercando nei limiti delle sue affermazioni di non inimicarsi Bruxelles.

Il primo ministro sostiene che quella che si sta combattendo sia una guerra tra Russia e USA, e afferma che è sbagliato voler trascinare in questo grande conflitto geopolitico un piccolo paese come la Slovacchia. Anche se sembra lontano dal desiderio di impegnarsi in prima linea, Fico però tiene all’idea di una pace in Ucraina. La stabilità in Ucraina è necessaria – dice il politico – perché è un paese di transito per le forniture di gas e petrolio. Ma più delle riduzioni delle forniture di gas, Fico teme un divieto putiniano per le importazioni di automobili. Le case automobilistiche locali ne risentirebbero, e se così fosse – dice Fico – l’economia sarebbe a rischio.

Soltanto pochi giorni fa il partito SDKÚ-DS chiedeva a Fico di rispettare la posizione UE contro l’aggressione della Federazione russa “che minaccia la pace nel mondo” – queste le parole dell’europarlamentare Štefanec durante la conferenza stampa del 27/8/2014. Lo stesso giorno, lo SDKÚ-DS si dichiarava inoltre preoccupato del comportamento del Primo Ministro, il quale sarebbe – sempre per Štefanec – “cinico e irresponsabile”, poiché l’uomo dello Smer “se a Bruxelles approva le sanzioni, una volta rimpatriato, le critica”.

Ma in Slovacchia non c’è un solo pomo della discordia e il dibattito va oltre la liceità o meno di ulteriori sanzioni. C’è infatti la questione delle spese militari da sostenere. Durante il vertice Nato tenuto in Galles, Kiska prometteva che entro il 2020 le spese per la Difesa slovacca raggiungeranno l’1,6 per cento del Pil (oggi ferme all’1,04%, mentre la Nato chiede almeno il 2%). Poco dopo Robert Fico affermava che invece non è previsto nessun aumento delle spese militari, o che comunque sarà adottato nei limiti del possibile. Anche in questo caso la SDKÚ-DS bacchetta Fico: “In meno di 48 ore dall’affermazione del Presidente, il primo ministro ha negato le sue parole. Questo non è un comportamento responsabile”, ha affermato Martin Fedor, ex ministro della Difesa.

Apparentemente, punto di convergenza per le controparti politiche arriverebbe sul tema della costruzione di basi militari Nato in territorio slovacco. Fico afferma di non volerne e aggiunge che sarebbe favorevole a indire un referendum qualora giungessero pressioni UE. Sulla stessa linea si tiene il presidente Kiska, che sempre durante il vertice Nato si era limitato a proporre all’Alleanza la creazione di una base logistica da insediare presso il distretto di Poprad, nella Slovacchia orientale. Tuttavia anche qui nascono le controversie e l’opinione pubblica si spacca. Per il partito OĽaNO la proposta di Kiska non potrà che causare un’ulteriore escalation di tensione all’interno del Paese. Helena Mezenská, membro OĽaNO, si appella ai cittadini affinché intraprendano un’azione comune per salvaguardare la pace e la neutralità della Slovacchia.

A pochi giorni dal vertice Nato che si sperava avrebbe lenito le divergenze, le forze politiche locali sembrano lontane dal sollevare una sola voce in materia di sicurezza regionale. Resta il fatto che la Slovacchia è una delle porte dell’Europa sul fronte orientale, e con una grave crisi ai confini nazionali, le controparti saranno costrette a raggiungere un accordo.

Chi è Alessandro Benegiamo

Nato a Lecce nel 1989, ha collaborato a East Journal dall'agosto 2014 all'aprile 2015, occupandosi di Repubblica Ceca e Slovacchia

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