Il 2010 in Repubblica Ceca

di Gabriele Merlini

Il duemiladieci sarà ricordato come un anno movimentato all’interno della breve storia ceca e, consequenzialmente, nell’intimo di coloro i quali abitano la zona; al contrario, da fuori si continuerà ad avere l’impressione di un luogo piuttosto statico e poco utile da mettere sotto il vetrino poiché incapace di fornire ai golosi media esteri il cibo che più preferiscono, la news con il botto, l’esagerato che si fa funzionale e vendibile, il colpo di scena ad effetto. La Repubblica Ceca non è la Madre Russia degli omicidi, dei liberticidi e del gas per ricattare, ma neanche l’Europa propriamente detta, la Germania e la Francia del mercato unico o l’Inghilterra dei veti, dei tagli e delle banche azzoppate (l’Italia -grazie al duro lavoro di equipe governative determinate- è riuscita a mantenere il comodo status di provincia dell’impero e niente parrebbe indicare un qualsiasi tipo di upgrade nei mesi a venire.) Eppure nel 2010 in Repubblica Ceca si sono accavallati un bel numero di eventi degni di nota, e forse alcuni con rilevanza maggiore rispetto a quanto riportato ultimamente da certi articoli a tema (tracce boemo/morave nella stampa del Belpaese: «in Repubblica Ceca manichini di poliziotte con minigonna per far rallentare il traffico» sul Corriere della Sera, per altro proprio durante i giorni nei quali a Praga il traffico si rallentava sul serio a causa di una grande manifestazione contro il decurtamento del dieci percento nei salari dei dipendenti pubblici.) Ok. Andiamo allo specifico.

Tanto per dirne una, nel 2010 in Repubblica Ceca è spuntato un nuovo governo: Petr Nečas ha sostituito a ruolo di premier il tecnico Jan Fischer il quale aveva sostituito Mirek Topolánek franato nel bel mezzo della presidenza dell’Unione Europea. L’esecutivo guidato da Nečas risulta essere una ammucchiata di centro-destra formata dal principale partito dello schieramento –l’Ods, Občanská demokratická strana– più il Věci veřejné e Top09. E proprio nel 2010 Věci veřejné e Top 09 sono maturati guadagnandosi le rispettive affermazioni come movimenti di successo, prendendo sempre più forma e consensi a seguito del 2009 nel quale entrambi sono stati concepiti; il primo –Věci veřejné, alla lettera «la cosa pubblica»- come emanazione del proprio leader, l’attuale ministro dell’interno Radek John (ex anchorman, ex scrittore, ex attivista) mentre il secondo nella forma di un progetto politico riconducibile al celebrato e inamovibile ministro degli esteri Karel Schwarzenberg, un contenitore moderato -nella accezione italiana del termine, che equivale a conservatore- capace di attirare numerosi elettori dell‘Ods, ma non solo. Si può affermare senza sbagliare troppo che il 2010 in Repubblica Ceca sia stato l’anno della ribalta di nuovi partiti e dell’appannamento di certi vecchi leader, su tutti l’ex segretario dei socialdemocratici ČSSD Jiří Paroubek, che fu anche premier dal 2005 al 2006. E si tratta di una curiosa situazione poiché, dopotutto, il ČSSD è risultato il partito più votato anche alla scorsa tornata sia politica che amministrativa; solo -in un sistema di coalizioni- nessuno è parso poi tanto propenso a coalizzarsi con loro.
Le dimissioni di Paroubek sembrano da leggersi nel contesto di un atto sostanzialmente obbligato ciononostante responsabile, nonché un paese capace di esprimere una classe politica fatta da gente in grado pure di dimettersi ogni tanto.

Nuovo segretario socialdemocratico è Bohuslav Sobotka, celebre tra l’altro per essere stato preso a cazzotti da uno spettatore «visibilmente ubriaco» (citazione) durante uno dei suoi più coinvolgenti comizi; segnale spiacevole ma pur sempre indicativo di quanto si tratti di politico capace di risvegliare all’interno dell’elettorato tangibili sentimenti di partecipazione attiva.
Il 2010 è stato poi l’anno di Obama e Medvedev riuniti nel Castello di Praga per la firma dello Start Due, il trattato che comporterebbe la riduzione degli arsenali atomici di Stati Uniti e Russia, solido al punto tale da reggere persino un paio di mesi prima di essere messo in discussione.
I tagli equamente divisi tra buste paga e servizi erogati dallo stato sono anch’essi targati 2010, come conseguenza della crisi economica del biennio 2008-2009 magari in fase calante ma ancora capace di far sgorgare lacrime e sangue su più livelli.

Viceversa, tra le faccende del 2010 rimaste in Repubblica Ceca assolutamente identiche al 2009 possiamo menzionare le metodologie del Capo dello Stato Václav Klaus nel rapportarsi con i più svariati organismi esteri (euroscetticismo mascherato da difesa dei valori locali contro sette occulte di cospiratori, negazione sistematica dell’esistenza del cambiamento climatico) e interni (un apprezzato equilibrismo) senza dimenticare la novella dello scudo difensivo statunitense da installare in Repubblica Ceca a difesa da attacchi iraniani -o nordcoreani o quello che vi pare- puntato contro il Cremlino. Tema che vede aggiornamenti quasi quotidiani ai quali tuttavia non corrispondono mai passi ufficiali e definitivi; la popolazione non vuole un impianto missilistico americano in territorio nazionale, la nuova amministrazione a Washington si direbbe avere altre priorità, Mosca vive la cosa come un guanto di sfida fatto schioccare sul proprio muso infreddolito, mentre esecutivo ceco -quale che sia- sta a guardare sottolineando un giorno buoni rapporti con la Russia e l’altro totale fedeltà all’alleato statunitense. Svolte epocali rimandate quindi al 2011. Forse.

Quindi in conclusione mi sia concesso il 2010 in Repubblica Ceca di colui che durante il 2010 ne ha scritto per questo sito: si è trattato di un 2010 fatto di mattine nevose (sebbene meno del previsto) e corvi a zampettare lungo Kamýcká; un 2010 di arrampicate sulla collina di Letná per vedere i campi in discesa divorati dalla nebbiolina primaverile, e colazioni lungo Karmelitská; un 2010 di partenze la notte dalla stazione di Florenc e arrivi all’aeroporto Ruzyně all’alba, nonchè un 2010 di secchiate di irritante realtà, dubbi e una certezza: politiche scricchiolanti o economie altalenanti, mai sarà scalfita la malinconica, umorale e spietata bellezza del cuore d’Europa, e consequenzialmente di chi -vivendolo o amandolo dalla distanza- contribuisce a mantenerlo pulsante e resistente agli urti.

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