La commissione giustizia della Saeima lettone ha esaminato di recente in ultima lettura gli emendamenti alla normativa vigente, che chiedono di punire penalmente, fino alla reclusione, chi nega l’invasione, l’aggressione e l’occupazione da parte della Germania nazista prima e dell’Urss poi ai danni della Lettonia, che ha privato il paese baltico della libertà e dell’indipendenza dal 1940 al 1991.
Il ministro degli esteri lettone Edgars Rinkēvičs ha inviato una lettera ai membri della commissione giustizia del parlamento lettone per sottolineare il rischio che l’approvazione di questi emendamenti possano configurare una violazione della carta costituzionale lettone e anche dell’articolo 10 della Convezione europea sui diritti dell’uomo.
Secondo Rinkēvičs la formulazione degli articoli con cui si propone di emendare la legge non sono chiari e possono rappresentare un’incostituzionale limite alla libertà d’espressione e di parola: “La parola libertà include anche il diritto di esprimere non solo quelle opinioni che sono ritenute accettabili dalla società, ma anche quelle che offendono, scioccano e causano preoccupazione. Sulla base della dottrina giuridica, le uniche opinioni che la libertà di parola non difende, sono le dichiarazioni che spingono alla violenza, che negano l’olocausto e incitano all’odio per motivi etnici o di razza” sottolinea il ministro degli esteri lettone nella sua lettera alla commissione giustizia della Saeima.
Rinkēvičs ammette la possibilità che la libertà di opinione in un paese possa avere delle restrizioni dunque, sulla base della giurisdizione, ma queste restrizioni devono essere circostanziate e basate su requisiti precisi, che ne legittimino l’esistenza. Devono avere cioè un obiettivo legittimo e devono essere proporzionate allo scopo che si prefiggono.
In particolare il ministro degli esteri ritiene che la formulazione degli emendamenti non sia abbastanza chiara e si possa prestare ad equivoci: parole come “giustificazione”, “apologia d’aggressione”, “interrogatorio violento”, “interrogatorio coercitivo”, possano essere termini che non permettano una precisa identificazione dei casi di reato punibili.
Rinkēvičš valuta poco chiari anche gli scopi legittimi che si vogliono perseguire con la restrizione della libertà di parola individuata negli emendamenti all’esame del parlamento, e che in ogni caso la restrizione della libertà e le pene previste sono sproporzionate rispetto allo scopo da perseguire.
Nei giorni scorsi il ministero degli esteri russo aveva duramente criticato la possibilità che il parlamento lettone dia il via libera agli emendamenti di legge per rendere punibile penalmente la negazione dell’aggressione e dell’occupazione sovietica della Lettonia.
Oerfettamente d’accordo col ministro degli Esteri, ma va sottolineata l’arroganza dei Russi.