Tsipras e la sfida delle periferie d’Europa

ROMA – “Le nostre lingue ci confondono ma in realtà parliamo la stessa lingua. La cosa che dobbiamo esprimere non è solo la nostra lingua ma la nostra rabbia per cambiare l’Europa.” Sono le parole di Alexis Tsipras in occasione dell’incontro al Teatro Valle di Roma in cui si definisce la futura azione politica della sinistra italiana in vista delle prossime elezioni europee. Il leader di Syriza, la coalizione della sinistra radicale greca, è il candidato alla Presidenza della Commissione Europea per SE (Partito della Sinistra Europea), formazione nata nel 2004 a Roma.

L’invito è giunto in seguito all’appello firmato da sei intellettuali italiani tra cui Barbara Spinelli, Luciano Gallino e Andrea Camilleri, in cui si propone un cambiamento radicale in campo europeo. L’obiettivo della lista, lanciata come “una terza via tra chi vuole distruggere l’Unione e chi vuole mantenerla così com’è”, è la partecipazione alle prossime elezioni europee previste tra il 22 e il 25 maggio.

Tsipras pone tre punti programmatici fondamentali in relazione alle problematiche comunitarie: riaprire i negoziati sui trattati europei e sul debito pubblico dei singoli paesi; riconversione della produzione industriale in favore di una maggiore compatibilità ambientale; riforma delle politiche sull’immigrazione.

“Dobbiamo rinegoziare il debito pubblico non solo della Grecia ma di tutta la periferia europea stretta nelle politiche di austerity”. La proposta di Tsipras è di aprire una conferenza comunitaria volta alla definizione di un “New Deal europeo” che consenta maggiori investimenti pubblici. La formazione di un bilancio comune europeo è una delle possibili armi che il leader greco avanza per ovviare alla diseguaglianza tra gli Stati membri. In caso contrario seguirà una “riorganizzazione violenta” del mondo del lavoro. “Due esempi molto negativi: la Fiat abbandona l’Italia, spostando la sua sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna. Mentre la Electrolux ha intenzione di ridurre gli stipendi del 50% in 4 fabbriche italiane per allineare i livelli delle sue attività produttive a quelli delle fabbriche in Polonia.”

Alla libertà di movimento delle aziende non corrisponde quella delle persone. Il leader greco rievoca le tragedie di Lampedusa e quella recente avvenuta sull’isola greca di Farmakonisi come un’urgenza umanitaria che coinvolge tutta l’Europa. Tsipras avanza una riforma radicale del quadro europeo dell’immigrazione in cui è prevista l’abrogazione delle norme Dublino II(secondo le quali il primo paese d’arrivo dei richiedenti asilo è competente a trattarne la richiesta, ndr).

La crisi economica ha portato alle politiche antieuropeiste e una nuova ondata di razzismo su cui si basa il consenso dei populismi di estrema destra. “Bisogna fermare l’aumento di formazioni neonaziste che appaiono in contrasto rispetto al potere ma nella sostanza non fanno che fomentare il rilancio dello stato-nazione che è un concetto superato. Oggi il campo d’azione della destra è l’Europa”. La formazione di “Ataka” in Bulgaria, di “Alba Dorata” in Grecia, de “La Nostra Slovacchia”, “Ordine e Giustizia” in Lituania sono solo alcuni esempi di come la destra alimenta il proprio consenso all’insegna dell’intolleranza etnica.

Il leader greco conclude il proprio intervento ai 400 presenti del Teatro Valle ricordando che “la soluzione non è la guerra fra popoli e governi ma tra la forza lavoro e le banche. La prima linea di questa guerra è localizzata nella periferia dell’Europa, su questo fronte abbiamo avuto tantissime vittime. La disoccupazione giovanile in Grecia è al 60%, 3 milioni di persone sono senza copertura sanitaria. La sorte delle nostre vite dipende dal risultato su questo fronte.”

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Un commento

  1. Purtroppo Tsipras vuole eliminare gli effetti senza eliminare la causa. La sua è senz’altro una propaganda rassicurante, ma purtroppo appare priva di alcuna aderenza alla realtà. La gestione dell’eurozona da parte sia della commissione europea che dei singoli stati è del tutto folle e demenziale, e prima ce ne rendiamo conto meglio è…

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