Chi ha paura ancora dell’America? O peggio, chi rispetta ancora gli Stati Uniti? La vicenda di Ed Snowden ha messo di nuovo sotto gli occhi di tutti l’impotenza dell’attuale amministrazione americana nel dettare legge in campo internazionale. Quello che una volta era il Paese più temuto, rispettato, autorevole e ascoltato sia dai propri alleati che dai propri nemici, adesso sembra aver perso parecchio del suo smalto.
Il nuovo Assange
Edward Joseph Snowden è un cittadino statunitense di 30 anni che lavorava come tecnico informatico per la Booz Allen Hamilton, azienda di tecnologia informatica consulente della Nsa, la National Security Agency, ovvero una delle organizzazioni statunitensi che si occupano della sicurezza nazionale. Snowden si trovava in congedo temporaneo quando il 20 maggio scorso volò verso Hong Kong. Si trovava ancora nell’ex colonia britannica quando le prime informazioni sulla Nsa cominciarono a trapelare sui giornali. Da quel momento e per quasi la totalità di giugno, è stato coinvolto in una serie di rivelazioni che molti hanno definito come le più importanti della storia della Nsa.
Non è intenzione del presente articolo entrare nello specifico dell’analisi riguardante lo scandalo chiamato “Datagate”. Piuttosto si vuole sottolineare come da allora Snowden sia diventato il ricercato numero uno per gli Stati Uniti. Agli occhi del pubblico, invece, è diventato il nuovo Julian Assange, paladino della libertà di informazione nel mondo.
Estradizione
Il governo americano sta cercando in tutti i modi di ottenere l’estradizione di Snowden. Per Obama è soprattutto una questione di immagine e di deterrenza. È fortemente probabile infatti che l’ex funzionario non abbia agito da solo e faccia parte di una strategia più ampia (forse di lotta interna ai servizi statunitensi). Tutti i responsabili della fuga di notizie riservate saranno cercati con calma e sottotraccia, come si confà a una vera agenzia di intelligence. Tuttavia gli Stati Uniti non possono permettersi di lasciare impunito l’ex funzionario: rappresenterebbe un messaggio estremamente negativo e un colpo molto forte alla propria credibilità. Nel caso la passasse liscia, Snowden potrebbe trovare molti altri emulatori. E ciò non è in alcun modo ammissibile.
Partito da Hong Kong alla volta dell’Ecuador, a cui ha chiesto asilo politico (e che pare favorevole a concederglielo), l’ex tecnico informatico si trova adesso a Mosca, dove ha fatto scalo. Immediata è scattata la richiesta di Obama a Putin per far tornare a casa il cittadino statunitense.
Ma Putin non sembra sentirci da quell’orecchio, almeno per il momento. “La Russia non ha mai consegnato nessuno e non lo farà adesso. Se Snowden decide di andare in un luogo dove lo accettano può farlo quando vuole”, ha detto il presidente russo. Che però poi ha aggiunto: “Se resta, tuttavia, deve cessare di infliggere danni ai nostri partner americani, per quanto strane queste mia parole vi possano sembrare”.
Sembra infatti che Usa e Russia siano giunti a una specie di accordo. “I presidenti Obama e Putin hanno concordato di assegnare ai rispettivi servizi di intelligence, Fbi e Fsb, la composizione del caso”, hanno riferito alcune fonti russe.
Sarà. Ma in tutta questa vicenda sembra essere proprio Putin ad avere il coltello dalla parte del manico, visto che ha tra le mani un “tesoro” molto ambito dall’amministrazione americana e non ha alcuna intenzione di cederlo. “Ma tranquilli – rassicura – non farà più danni”. Almeno finché sarà su suolo russo. Perché Snowden potrebbe decidere da un momento all’altro di andare via.
Putin sta giocando un’abile partita a scacchi. E sta vincendo.
Debolezze a stelle e strisce
Gli Stati Uniti stanno procedendo alla progressiva ritirata dall’Afghanistan, che dovrebbe completarsi entro la fine del 2014. Ma dopo ormai quasi 12 anni di guerra, la situazione non sembra assolutamente orientata verso la pacificazione né la democrazia.
È probabile che il debolissimo governo retto da Hamid Karzai, una volta andati via del tutto gli americani, sia costretto (come già fa sottobanco e come facevano pure le truppe d’occupazione) a venire a patti coi talebani. La guerriglia sembra non cessare e l’alternativa sarebbe quella di continuare una battaglia che lascerebbe ancora il Paese nel caos. E che alla fine, molto probabilmente, vedrebbe vincitori i talebani, come d’altronde è sempre successo storicamente.
Anche l’Iraq sembra fregarsene degli ordini degli “alleati” americani. Nonostante i solleciti, infatti, il governo mediorientale continua a permettere i voli iraniani di rifornimento in soccorso di Damasco. Non solo, sembra che conceda perfino il proprio spazio aereo all’aviazione di Bashar al Assad per combattere i ribelli.
Ed arriviamo quindi alla Siria. La Russia, ancora una volta, la fa da padrone. Non solo impedisce apertamente un intervento diretto in favore dei ribelli, ma arma e rifornisce il governo di Assad.
In un recente incontro il primo ministro inglese David Cameron e Putin hanno parlato della situazione siriana. Un faccia a faccia che è stato descritto come piuttosto spigoloso. Al termine, i due non hanno trovato un accordo. Ma Cameron ha dichiarato: “Quello che emerge dalla nostra conversazione di oggi è che possiamo superare queste differenze se riconosciamo di condividere alcuni obiettivi fondamentali: mettere fine al conflitto, impedire alla Siria di frantumarsi, lasciare che il popolo siriano decida chi li deve governare, combattere e sconfiggere gli estremisti”.
Come dire tutto e nulla. La questione infatti si gioca sul riconoscere “chi”, in quello scenario, rappresenti l’estremista. Ma su questo il presidente russo è stato più che chiaro: “Non potete negare che non si ha veramente bisogno di appoggiare gente che non solo uccide i propri nemici, ma li fa a pezzi e mangia in pubblico i loro organi a favore di telecamera. Sono forse queste le persone che desiderate sostenere? Sono loro quelli che volete armare? Tutto questo ha molto poco a che fare con i valori umanitari proclamati in Europa da centinaia di anni”.
Putin si riferisce a un video in cui alcuni sedicenti ribelli compiono barbarie nei confronti di seguaci del regime, mangiandone perfino i corpi. A questi filmato, si è aggiunto ultimamente anche quello delle barbare decapitazioni di tre persone, accusate in un sommario processo di essere leali ad Assad.
L’Occidente rabbrividisce, Assad si rafforza. E la bilancia delle forze diplomatiche sullo scacchiere mondiale pende sempre meno a favore degli Stati Uniti.
Gli USA sono bolliti, stanno ancora in piedi solo grazie al furto continuato ai danni del resto del mondo che esercitano tramite il dollaro (finchè dura). Sono però molto abili ad utilizzare il “dividet et impera”, sono maestri nel seminare odio e zizzania tra i popoli e a trarne vantaggi. Ma anche questo è un giochetto che sta mostrando la corda, ormai il mondo ha capito che si può fare a meno dell’America.