SLOVENIA: Il governo Janša appeso ad un filo. Lubiana verso la tecnocrazia?

Dopo la crisi economica, la Slovenia sembra cadere anche nella crisi politica. Il governo conservatore di Janez Janša è appeso ad un filo, dopo la scadenza, sabato, dell’ultimatum da parte dei suoi alleati della Lista Virant, mentre mercoledì 23 gennaio i sindacati hanno indetto un nuovo sciopero generale contro le politiche di austerità del governo.

Janez Janša, uscito inaspettatamente vincitore dalle elezioni legislative e presidenziali del 2012, sembra destinato a cedere il passo con l’avvio del nuovo anno. Il politico conservatore era riuscito un anno fa ad impedire di andare al governo al partito di maggioranza relativa, Slovenia Positiva del sindaco di Lubiana Zoran Jankovic, attraverso un’operazione “di palazzo” e il sostegno del Partito Pensionati e della Lista Civica di Gregor Virant. Quindi, da premier, si era assicurato l’elezione dell’ex socialdemocratico Borut Pahor come capo di stato, alle spese di quel Danilo Türk che gli aveva causato già diversi grattacapi in passato.

Ma la sua buona stella sembra ora essersi offuscata. In primis, la politica di austerità condotta in continuità con i precedenti governi gli ha alienato sempre più le simpatie di una popolazione che sconta gli effetti della crisi economica. Inoltre, come scrive il giornalista e diplomatico Franco Juri, il processo di privatizzazioni à la slovena dell’ultimo decennio, interessato a mantenere le imprese privatizzate in mano a capitali nazionali, ha condotto a speculazioni, svendite e corruzione: “agli occhi dell’opinione pubblica la politica, e con essa la stessa democrazia parlamentare, viene così percepita sempre di più come un’infrastruttura al servizio della corruzione e del clientelismo. Da ciò la valanga antipolitica degli ultimi mesi che sta portando in piazza migliaia di sloveni arrabbiati.”

Un sentimento di antipolitica che aveva fatto la sua prima vittima nella figura del sindaco di Maribor Franc Krangler, dimessosi dopo proteste di piazza che sono arrivate al confronto violento con la polizia, nate da un affare di telepass sulle superstrade e arrivate a coalizzare il “popolo” contro la “classe politica corrotta”. Un sentimento sempre più forte nell’elettorato sloveno, e acuito dal rapporto della Commissione anticorruzione, appena reso pubblico (e contro cui Janša ha annunciato ricorso), secondo cui tanto il partito di Janša quanto quello di Jankovic si sarebbero macchiati di una gestione non sempre trasparente dei fondi pubblici, come scrive Stefano Lusa. Alla manifestazione di venerdì 11 gennaio, come riportato da Marina Szikora, lo storico Jože Pirjevec ha dichiarato che la Slovenia si e’ trasformata in “una palude di corruzione“.

La strada d’uscita dalla crisi politica non è chiara. La coalizione di centrodestra potrebbe presentare una sfiducia costruttiva ed inaugurare un nuovo governo, nelle mani dell’ex presidente dei popolari, Radovan Žerjav, o di una figura più tecnocratica quali l’economista Peter Kraljić o il costituzionalista Miro Cerar, come scrive Mauro Manzin sul Piccolo di Trieste. E’ tuttavia improbabile che i democratici di Janša si presterebbero ad un tale esito. In tal caso, la nuova maggioranza dovrebbe includere la lista Slovenia Positiva di Jankovic. Oppure Janša potrebbe tentare la prova di forza chiedendo la fiducia in parlamento, fedele alla sua dichiarazione secondo cui «le chiacchiere dei piccoli partiti sulle elezioni anticipate sono solo un soffio nel nulla». Infine c’è la possibilità di elezioni anticipate, benché l’ambasciatore americano a Lubiana, Joseph Mussomeli, le abbia definite assolutamente inutili, ricevendo un nuovo rimprovero dall’associazione degli ex diplomatici sloveni per il suo atteggiamento troppo invasivo negli affari interni del paese.

Le questioni economiche restano indissolubilmente legate a quelle della governance democratica: anche se il debito pubblico sloveno è solo al 44,4% del PIL, la metà della media dell’eurozona, il deficit è al 6,4%, la disoccupazione è al 9,2% e il PIL si è ridotto di più dell’8% negli ultimi 3 anni. Il debito pubblico sloveno viaggia ormai su tassi di rifinanziamento del 5%. “Le aziende slovene sono tra la più indebitate d’Europa e hanno bisogno di capitali freschi per superare il momento difficile, che però potrebbe mancare se il periodo di incertezza si prolungherà”, ha dichiarato l’economista Matej Lahovnik, già ministro socialdemocratico. Il presidente Borut Pahor ha ribadito in un’intervista al Financial Times che ”nonostante tutto, il Paese non avra’ bisogno di aiuti e garanzie dall’Ue”.

Il mese scorso, la corte costituzionale slovena ha impedito, in quanto incostituzionali, la tenuta di tre referendum popolari sulla proposta del governo di istituire una bad bank e un fondo sovrano che avrebbero dovuto farsi carico con fondi pubblici del risanamento del sistema bancario sloveno. La decisione della Corte è, secondo il filosofo neomarxista Slavoj Žižek, “un sintomo della tendenza globale alla limitazione della democrazia. L’idea è che, in una situazione economica complessa quale quella di oggi, la maggioranza del popolo non sia qualificata a decidere”.

Infine, al nuovo governo sloveno, qualunque esso sia, rimangono meno di sei mesi per chiudere il contenzioso con la Croazia riguardo ai debiti della Nova Ljubljanska Banka e ratificare il trattato d’adesione del 28° stato membro dell’Unione Europea entro il primo luglio 2013. Lubiana è già stata avvisata dalla presidenza irlandese del consiglio UE che questioni bilaterali non possono fare deragliare un processo tanto complesso, e un fallimento in questo potrebbe costare caro alla reputazione della Slovenia in Europa.

Foto: Čevljarski most, Ljubljana. FranzPisa da Flickr

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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5 commenti

  1. salve , fino oggi pensavo che la Slovenia fa parte degli paesi centroeuropei ( ex impero Austroungarico) , ma giornalisti Italiani mi stano convicendo che mi sbaglio , o forse si sbagliano loro ??????????

    • Caro lettore,
      ogni definizione è una scelta. Alcuni (tra cui il governo sloveno per tutti gli anni ’90 e 2000) includono la Slovenia tra i paesi centroeuropei, gli stessi dell’allargamento del 2004. Altri ne sottolineano il carattere comunque balcanico e la comune esperienza di un breve secolo jugoslavo. Altri ancora si basano sui pochi chilometri di costa adriatica per definirlo un paese mediterraneo (c’è pure un’università con tale nome, a Capodistria). Ognuna di queste definizioni ha un fondo di verità, e non è incompatibile con le altre. Ogni scelta specifica racchiude una motivazione politica: spesso, quella di distinguersi dagli altri stati successori della Jugoslavia; l’importante è che sia una scelta e un uso consapevole dei termini. Di conto mio, la Slovenia può continuare ad essere un paese mitteleuropeo, balcanico, e mediterraneo insieme. Non vedo nulla di male in tali appartenenze multiple e anzi dubito di chi pretende scelte di campo.
      Un caro saluto, spero continuerà a leggerci,
      Davide

  2. Questa e sua opinione , sbagliata ! Si Informi un po meglio !

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