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GEORGIA: Amnistia per i detenuti politici, il presidente sotto attacco

Something is rotten in the state of Denmark…
(Shakespeare)

Tutte le notizie più o meno significative che negli ultimi mesi provengono dalla Georgia, parlano della pressione a cui sono sottoposti i sostenitori del presidente Mikheil Saakashvili e della graduale riduzione delle prerogative del capo dello stato. Questa tendenza, a giudicare dalle ultime dichiarazioni del premier Bidzina Ivanishvili, l’oligarca leader del partito di maggioranza ”Kartuli otsnebi” (”Il sogno georgiano”) potrebbero anche arrivare alla piena estromissione di Saakashvili dalla vita politica del paese, e per giunta in tempi abbastanza rapidi. Intanto in Georgia è entrata in vigore la legge di aministia più ampia nella storia del paese. Questa legge era stata approvata dal parlamento nel dicembre 2012 e successivamente firmata dal presidente del parlamento David Usupashvili dopo che si era rifiutato di farlo il capo dello stato, Saakashvili.

Fra i beneficiari dell’amnistia vi sono 190 persone riconosciute dal parlamento in novembre-dicembre 2012 come detenuti politici. Queste persone sono state liberate in massa dalle varie prigioni, nel giro di due ore, il 13 gennaio 2013. Le televisioni locali hanno mostrato scene di liberazione di coloro che erano stati arrestati nel 2005-2011 per aver partecipato attivamente a varie manifestazioni dell’opposizione. In base alla legge nei prossimi due mesi, dopo le procedure previste dalle regole in vigore, sranno liberati circa 3.000 detenuti condannati per reati lievi o colposi e per diversi reati di carattere economico. L’assoluta maggioranza dei carcerati, se non verranno messi in libertà, godranno di una riduzione di pena.

Il 27 dicembre dell’anno scorso Saakashvili pose il veto proprio a quella parte della legge che riguarda l’amnistia ai detenuti politici. Egli definì ”sbagliata l’inclusione nell’elenco dei prigionieri politici di alcune persone condannate per spionaggio a favore della Federazione Russa e di alcuni militari condannati nel 2009 per aver tentato di rovesciare il potere statale”. Tuttavia ”Il Sogno georgiano” definì queste dichiarazioni di Saakashvili ”un tentativo di giustificare gli arresti illegali e le persecuzioni per motivi politici”. Il 28 dicembre il parlamento, per la prima volta nella storia della Georgia non tenne conto di un veto opposto dal presidente.

Il giorno precedente, il 27 dicembre , in un’intervista alla compagnia televisiva Imedi (”Speranza”) il premier georgiano aveva ammesso di aver personalmente provocato, per così dire, ”a bella posta”, l’arresto di alcuni funzionari dell’amministrazione di Saakashvili. ”Per guarire una malattia di solito in principio la si acutizza e poi, quando essa si manifesta in pieno si incomincia a curarla”: questa la curiosa ricetta proclamata da Ivanishvili. A detta dello stesso premier, nessuno del ”Sogno georgiano” sapeva che ”il suo leader provocasse apposta dei processi”. Il premier ha poi fatto il seguente ragionamento: ”Io a ragion veduta non mi sono mai immischiato in quello che funzionari e burocrati facevano nella prassi quotidiana. Non ho mai dato indicazioni agli organi preposti all’ordine pubblico su come dovessero operare, anche se avrei potuto bloccare quegli arresti che suscitavano particolare allarme negli europei e negli americani, oltre che nella maggior parte della popolazione georgiana. Il mio scopo era di smascherare sia di fronte ai partner stranieri che alla Georgia stessa il sistema criminale creato da Saakashvili, per essere in grado più tardi di strappare il paese a questo sistema”. Contemporaneamente ”volevo ‘curare’ lo stesso Saakashvili”, ha concluso il primo ministro.

Comunque le ”rivelazioni” sul passato del miliardario georgiano, da un momento all’altro divenuto il più popolare leader del paese, non sono così interessanti come i suoi piani per il futuro. Attualmente in Georgia si sente dire sempre più spesso che i cambiamenti politici sono da aspettarsi in aprile quando si compiranno sei mesi dal momento in cui si è insediato il nuovo parlamento e il presidente, secondo la Costituzione in vigore, avrà il diritto di sciogliere l’assemblea legislativa e di indire nuove elezioni.

Chi è Giovanni Bensi

Nato a Piacenza nel 1938, giornalista, ha studiato lingua e letteratura russa all'Università "Ca' Foscari" di Venezia e all'Università "Lomonosov" di Mosca. Dal 1964 è redattore del quotidiano "L'Italia" e collaboratore di diverse pubblicazioni. Dal 1972 è redattore e poi commentatore capo della redazione in lingua russa della radio americana "Radio Free Europe/Radio Liberty" prima a Monaco di Baviera e poi a Praga. Dal 1991 è corrispondente per la Russia e la CSI del quotidiano "Avvenire" di Milano. Collabora con il quotidiano russo "Nezavisimaja gazeta”. Autore di: "Le religioni dell’Azerbaigian”, "Allah contro Gorbaciov”, "L’Afghanistan in lotta”, "La Cecenia e la polveriera del Caucaso”. E' un esperto di questioni religiose, soprattutto dell'Islam nei territori dell'ex URSS.

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