RUBRICA: Occidenti
Ma quale Unione Europea, quali Stati Uniti d’Europa! La verità è che l’Europa è più divisa che mai, oggi più che nell’Ottocento. Se non altro 150 anni fa un’ondata di irredentismo ha portato a unirsi politicamente popoli che avevano una base identitaria comune, guardando più le convergenze che le differenze. Adesso non più.
Ogni eccezione, ogni piccola rivendicazione culturale può essere la scusa per reclamare l’autonomia. E gli esempi sono sotto gli occhi di tutti.
Regno “Unito”
La Scozia si prepara a un referendum storico che nell’autunno del 2014 potrebbe portare all’indipendenza dalla Gran Bretagna. Per il momento i sondaggi mostrano una vittoria del “no” alla separazione, ma non c’è dubbio che in questi due anni (mai vista una campagna elettorale tanto lunga) scozzesi e unionisti si daranno battaglia – speriamo solo verbale – per uscire vincenti dalle urne.
Anche in Irlanda del Nord, per restare in area britannica, si assiste a un riemergere di antiche violenze fra lealisti e cattolici. Negli ultimi tre o quattro anni sono stati sempre più frequenti gli scontri fra chi vuole restare con la Regina e chi invece vuole ricongiungersi con i fratelli irlandesi. Fino ad arrivare alle autobombe e ai morti.
Belgio e Spagna
Devo continuare? Perché il Belgio sta lentamente e pacificamente marciando verso la divisione fra fiamminghi e valloni. Ad Anversa, dopo 80 anni di gestione socialista, alle ultime amministrative l’indipendentista fiammingo Bart De Wever (il “Leone delle Fiandre”) ha vinto con il 37,5 per cento dei voti. Un bel trampolino di lancio in vista delle legislative del 2014.
E poi c’è la Catalogna. La Spagna, proprio adesso che i Paesi Baschi sembrano essersi chetati dopo anni di richieste di autonomia (anche a suon di attentati dell’Eta), deve affrontare le mire di Artur Mas i Gavarró, il presidente catalano che, per distogliere l’attenzione dai problemi economici (dicono i maligni), soffia sul vento della secessione. Sarà come sarà, ma intanto è riuscito a mettere d’accordo destri e sinistri e a farli andare tutti in piazza a manifestare.
Kosovo: pericoloso precedente
Ma quale Unione Europea, quali Stati Uniti d’Europa! Il nostro continente sta attraversando un’ondata eccezionale di micronazionalismi. E la colpa in fondo è anche degli stessi governi europei, che hanno creato un importantissimo precedente storico.
Il 17 febbraio 2008 il Kosovo si è autoproclamato indipendente dalla Serbia. E già dal giorno dopo il gotha europeo ha subito riconosciuto valida la secessione: parliamo di Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Belgio, Irlanda, Olanda e molti altri. Non è assolutamente poi un caso che gli unici Stati contrari sono quelli che devono lottare contro richieste interne di maggiore autonomia come Spagna, Grecia e Cipro.
Come potrebbe opporsi un domani l’Italia a un’autoproclamazione di indipendenza da parte dei sardi? E se i baschi francesi volessero ricongiungersi con quelli spagnoli?
Il futuro nelle differenze
Vedremo. Certo è che l’Europa non pare proprio andare nella direzione dell’unità politica. Per carità, nessuno qui nega che i popoli europei abbiano una profonda radice comune e una storia convergente. Ma l’impressione che si ha al momento è che “questa” Europa non funzioni. E che forse la soluzione di tutto starebbe proprio nel valorizzare le differenze e nel difendere le peculiarità nazionali e regionali. Solo così allora si riuscirebbe a far convivere in pace popoli che hanno tanto in comune, ma anche storie millenarie diverse alle spalle.
Ma davvero secondo la tutela delle diversità culturali/linguistiche/religose (etniche?) è un problema che deve stare in cima all’agenda politica per i cittadini dell’Europa? Immagini che sarebbe meglio avere maggiori divisioni per poter affrontare i problemi comuni? Senza unità politica, come facciamo a portare la democrazia al livello decisorio europeo?
A me pare piuttosto che la creazione di uno stato federale (europeo) sia l’unico vero progetto politico sensato per realizzare il motto dell’UE “uniti nelle diversità”.
I micronazionalismi non sono altro che sentimenti portati avanti dalle forze populiste (vedi la Lega in Italia), e guai se tornassimo ad un passato di tanti statrelli europei: lo storia ci dice che sarebbe l’inizio di una nuova perenne conflittualità tra gli europei.
Stefano
più vi dividete meno conflitti avrete. Lo dicevano dell’Alto Adige. Infatti:
“L’ultimo piccolo episodio, in consiglio comunale a Bolzano. Un consigliere presenta una relazione scritta nella sua madrelingua. C’è la traduzione simultanea, quindi il contenuto della relazione viene reso accessibile anche agli appartenenti dell’altra lingua, ma si preferisce abbandonare l’aula per protesta. La lettura etnica (anzi dell’offesa etnica) era più importante del dibattito sul Virgolo che era l’oggetto della relazione.
E così quando parliamo di Monumento. Quando finalmente eravamo arrivati al punto di aver scelto la via della storicizzazione e si stava spegnendo la polemica etnica intorno al monumento, puntualmente c’era, e purtroppo erano voci dalla mia stessa maggioranza, chi ha dovuto riaccendere il fuoco tirando fuori “piazza della pace”. Come se si dovesse soggiacere a una profezia malefica! Idem per l’Unità d’Italia. E va sempre peggio! Pensate che in altri luoghi questioni come la settimana corta o il trasloco di una scuola sarebbero finite col diventare questioni etniche? Non credo. Credo invece che noi scegliamo attivamente la via della contrapposizione etnica, semplicemente perché dà sicurezza. un terreno già battuto molte volte, una scena recitata così spesso che ci costa meno fatica di altre scelte. […]. Invece dovremmo, tutti noialtri che vogliamo il dialogo e la convivenza, sfruttare questo momento di debolezza della Volkspartei e uscire dalle orme battute del conflitto etnico. Percepiamo tutti il senso di stanchezza e di svuotamento con cui viene combattuto, spesso strumentalmente o anche solo per vecchia abitudine ed assenza di alternative. Sono ormai più di vent’anni che in Europa e nel mondo cadono i muri. Solo noi sembra che vogliamo fortemente restare aggrappati al nostro, protetti e avvolti dalla sua ombra scura. Questa mia è un’esortazione accorata; e anche una paura. L’esortazione a passare dal conflitto al confronto: litighiamo sulle cose, su quelle piccole di casa nostra come su quelle più grandi, che stanno cambiando il mondo; ma, bitte, sulle cose. La paura è che se non lo facciamo, se continueremo a guardarci da un lato all’altro del nostro muretto locale, la storia (la Storia) verrà a presentarci il conto, e noi non sapremo far altro che chiederne la traduzione…..”
Brigitte Foppa, “Italiani e tedeschi, basta litigare come in famiglia”, Alto Adige, 9 febbraio 2012
Secondo me il futuro dell’Europa sta in un rafforzamento del livello politico regionale e di quello europeo.
Il singolo stato europeo conta ben poco, quindi un’ “europa federale” è fondamentale, ma il livello locale ha bisogno di esistere, anche solo per agire e intervenire su aree profondamente diverse.
In sostanza, a mio avviso bisognerebbe dividere le competenze che oggi ancora sono dello stato nazionale tra un “sopra” (UE) e un “sotto” (regioni) … magari ridefinendo le regioni in qualcosa di un po’ più grande del Molise…
Quindi un’Unione europea composta da Scozia, Inghilterra, Catalogna, Paesi baschi, Fiandre, Nord Italia, centro italia, Alsace-Lorraine…e via dicendo.
brava Daniela pensavo a una riflessione simile proprio ieri: da quando è caduto il muro di Berlino una retorica unionista europeista si è fatta sempre più popolare ma siamo sicuri che non esistano più muri dentro l’Europa e dentro quei paesi che la ambiscono e confinano? guardiamo ai muri di Nicosia, Gaza, Mostar, Mitrovica…siamo tutt altro che uniti
sono contenta che tu sia d’accordo, ma intendi con me o con l’articolo? perchè io della foto del pezzo non so proprio nulla … 😀
cmq non ho capito molto che c’entra Gaza con l’Europa…e gli altri muri non sono nell’Ue… (a parte Nicosia, grosso errore dell’Ue).
tra l altro, sapresti dirmi dove hai trovato questa foto?
c’è scritto in basso: eurominority.eu
io invece non sono affatto d’accordo, ma ho bisogno di più tempo per esprimermi
(in breve: l’Europa aiuta sì il regionalismo – ma fino ad un certo punto. Bisogna essere uno stato per essere membro UE, c’è una soglia fondamentale che le regioni non possono oltrepassare. E non credo nemmeno che eccessivo regionalismo sia un bene.)
troppo regionalismo rischia di potenziare troppo il livello federale, a causa dello scarso peso delle piccole regioni. E poi per quanto non sia concettualmente contrario, mi sembra inverosimile svuotare completamente gli Stati delle loro prerogative; e forse neppure desiderabile, poiché ci sono diversi temi che vanno affrontati a livello nazionale.
comunque non bisogna inventarsi niente. La soluzione si chiama sussidiarietà: le competenze sono attribuite al livello più basso, eccezion fatta per i problemi che possono essere affrontati meglio dai livelli più alti.
“ Il “Sogno Europeo” immaginato nel secondo dopoguerra, ossia una Comunità pienamente integrata nelle rispettive diversità dove sviluppo sostenibile, progresso sociale, responsabilità collettiva, Stato sociale avrebbero dovuto costituire il futuro collante dei popoli, sembra ad oggi – purtroppo – una straordinaria visione onirica di ordine politico filosofico. Niente più.
La realtà ci parla di un enorme “mercato libero” che ha praticamente neutralizzato i parlamenti nazionali, guidato da tecnici e burocrati che non rispondono hai cittadini, ma ad altri poteri.
L’Europa non è una zona valutaria ottimale, in quanto in tutti questi anni non sono state varate politiche che andassero a sanare deficit strutturali di sussidiarietà.
Azioni che provvedessero a riequilibrare le disparità tra le diverse economie dei paesi convolti: ad oggi, rimangono disattesi alcuni dei presupposti fondamentali che avrebbero consentito un’armonizzazione dell’area Euro, tale da rendere adeguata la scelta di dar vita ad una divisa comune: mobilità del mercato del lavoro, flessibilità salariale, flessibilità dei prezzi, convergenza dei tassi di inflazione, integrazione fiscale e sistema di trasferimenti di capitali pubblici dai paesi in surplus ai paesi in deficit, adeguamento delle tutele e dei sistemi di welfare, possibilità di svalutazione esterna. Senza considerare l’ostacolo rappresentato dalle elevate differenze culturali, linguistiche, scolastiche.
Il principio di sussidiarietà tanto enunciato nel Trattato di Maastrich è rimasto soltanto un nobile preambolo. Sud e Nord. Debolezze e fragilità, utilitarismo e solidità.
Chi oggi chiede “più Europa”, non lo fa certo per dare corpo ed anima alla spinta ideale di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Willy Brandt…
I popoli dei Piigs – (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) circa 130 milioni di persone – devono al più presto fare pressione sui propri governi perché ritrovino la sovranità monetaria.”
Nel 2003, i popoli di Francia e Olanda bocciarono con il referendum il testo della Carta Costituzionale europea calato dai palazzi di Bruxelles: prontamente fu sostituito dal Trattato di Lisbona che in quanto “Trattato”, non aveva nessun obbligo di essere sottoposto ad alcun referendum popolare per la sua entrata in vigore (anno 2009).
Un super Stato a cui abbiamo già ceduto sovranità politica, più forte delle nostre Costituzioni nazionali, governato da persone non elette direttamente da nessun cittadino: Consiglio Europeo, Commissione Europea e Consiglio dei Ministri Ue…
A voi hanno forse chiesto almeno un parere?
Gli interessi sovranazionali sono enormi: i grandi gruppi finanziari e multinazionali, le oligarchie continentali, la Germania, non accetteranno mai una Unione Europea ricostruita dal basso, a moneta sovrana.
Ciò che viviamo adesso è la diretta conseguenza di aver aderito a questa Unione Europea così concepita. Non è in discussione la bontà degli alti ideali europei, già ampiamente traditi, ma la democrazia, il progresso sociale, il benessere diffuso, faticosamente conquistati dopo secoli di lotte intestine, conflitti mondiali, lotte sociali ed impegno civile. L’Europa dei popoli si può costruire anche con paesi sovrani.”
http://www.metissiena.org/index.php?option=com_content&view=article&id=112&Itemid=165
augh
(PS: non abbiamo “aderito” all’Unione Europa. L’abbiamo fondata. Se oggi l’UE è così, è anche – un po’ – colpa nostra e di chi abbiamo democraticamente votato nel frattempo)
Ma perché scrivete articoli se siete più ignoranti delle pigne? Ma come si fa a mettere il Belgio in un articolo in chiave anti europea? Significa essere tonti, ignoranti e non aver letto un solo articolo che sia uno che parli del partito fiammingo.
Perché se solo ci avresti provato a leggerlo, avresti scoperto che il partito che vuole rendere le fiandre autonome non si sogna in NESSUN modo di mettere in dubbio l’Unione Europea. Anzi, sono fortemente a favore di un territorio autonomo assolutamente incluso nell’Unione. Ti dirò di più, NESSUN belga si sogna di fare discorsi di questo tenore, essendo cresciuti nel BENELUX si sentono fortemente parte di qualcosa di più del loro singolo stato e fortemente europei.
Un articolo di questo genere è degno di una Padania o di un Libero, non di un sito che pretende di parlare di politica e cultura EUROPEA.
Mimmo da Bruxelles
Caro Mimmo
in genere non rispondiamo a siffatte osservazioni, ma è solo per rispondere pigna con pigna. Poiché l’articolo, a saperlo leggere, parla di come il percorso d’unità europea si assocci a una progressiva disgregazione degli stati nazionali. Non si parla di antieuropeismo. Si parla di come l’unità continentale sia contraddetta dalle spintre disgregatrici interne. Non c’è scritto da nessuna parte che il partito di De Wever (o che i fiamminghi in generale) siano contro l’Unione Europea. Poi come spesso accade, ognuno legge quel che vuole leggere dall’alto dei propri pregiudizi…
Matteo
Vorrei precisare che da come ho letto in vari articoli i 2 partiti secessionisti per la Catalogna e la Scozia sono tutt altro che antieuropeisti.
Artur Mas del partito “Convergència i Unió” ha detto che in caso di una secessione della Catalogna dalla Spagna non ci sarebbe la necessitá di un Ministero degli Esteri visto che essa vorrebbe che dipendesse ,in questo, totalmente da Bruxelles.
Lo Scottish National Party invece prevede in caso di una separazione da Londra di addottare immediatamente l euro.
Il giornalista parla anche di Cipro scrivendo che esso deve “lottare contro richieste interne di maggiore autonomia”. Per quanto ne so io Cipro Nord e stata sotto occupazione turca dal 1974 al 1983 ed ora è sotto uno stato “vassallo” della Turchia. A parte ció non so niente di movimenti autonomisti o secessionisti nell isola di Cipro.
Concludo rispondendo a Fanu,
lei dice “Invece dovremmo, tutti noialtri che vogliamo il dialogo e la convivenza, sfruttare questo momento di debolezza della Volkspartei e uscire dalle orme battute del conflitto etnico”. La SVP in questo momento attua una politica di piena solidarieta tra italiani e tedeschi ora che quest ultimi non vengono piu calpestati nei loro diritti da noi italiani. Inoltre viene votata da tanti italiani oramai.
Io sono un italiano del Südtirol e quella terra è sempre stata terra tedesca fino alla conquista italiana. Non c ´è alcun motivo di affermare l italianità di una regione che di italiano ha soltanto la colonizzazione voluta da Mussolini prima e la massiccia immigrazione avvenuta nel secondo dopoguerra (tra cui la mia famiglia) dopo.
In questo articolo si sostiene che i separatismi non vanno contro la formazione di un supestato europeo
http://www.hescaton.com/wordpress/leuropa-dei-secessionismi/